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Ritardato rilascio dell'immobile e danni,onere della prova: Cassazione III civile del 14.06.2011, n. 12962-Civile.it

 

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Abstract: In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di cui all’art. 1591, seconda parte, c.c. che ha natura contrattuale, deve essere concretamente provato dal locatore fonte: Cassazione

 

               

               

 

I

 

In fatto e in diritto

 

 

 

1. Caio e Tizio impugnano per cassazione, sulla base di quattro motivi, la sentenza della Corte d’appello di Catania, depositata il 9.06.2008, che, per quanto qui rileva ed a modifica di quanto disposto in primo grado;

 

a. ha escluso che la Alfa conduttrice fosse responsabile dei danni da infiltrazione di acque meteoriche dalla copertura dello stabile, perché neanche i locatori avevano contestato che, in base al contratto, essi avevano mantenuto l’uso del lastrico solare e terrazze (con conseguente indisponibilità da parte della conduttrice) e perché, in ogni caso, il mantenimento in buono stato di detta copertura non rientra negli oneri di manutenzione del conduttore;

 

b. non poteva ascriversi alla ritardata disponibilità dei locali il mancato lucro del canone di Euro 4.200 per l’intera durata del nuovo contratto stipulato con il V.; decorso il tempo necessario per recuperare l’effettiva disponibilità dell’immobile, i locatori bene hanno potuto goderne nel modo loro più congeniale, stipulando nuova locazione, sicché non poteva sostenersi, in mancanza di specifica prova che l’ulteriore (eventuale) mancato uso locativo dello stesso discenda dall’ inadempimento della conduttrice; per altro verso la stessa prosecuzione del contratto col V. fino alla sua naturale scadenza rappresentava solo un possibilità non un evento certo su cui potesse fondarsi la pretesa dell’equivalente dei canoni per tutti i sei anni di quel contratto;

 

c. ha riconosciuto la spettanza alla conduttrice della restituzione della cauzione, la cui dazione reale risultava per tabulas dall’ originario contratto del 1989; non emergendo aliunde né la restituzione del suo importo, né la fondatezza della contestazione della sua dazione, non potendo questa farsi discendere dal successivo unilaterale sollecito dei locatori al pagamento della relativa somma, né dalla mancata menzione del suo importo in un elenco di paqamenti redatto oltre un anno dopo la stipula del contratto, in seno ad una delibera del Comitato di gestione dell’Alfa, dato che i pagamenti in corso di rapporto locativo vanno distinti dalla dazione di una somma per la costituzione di una garanzia cauzionale, peraltro contestuale alla stipula del contratto. La conduttrice non ha svolto attività difensiva.

 

 

2.1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione degli artt. 1587, comma primo, n. 1, e 1590, comma primo, per non avere la Corte d’appello riconosciuto loro il diritto ad ottenere dal conduttore il risarcimento dei danni ingenti da infiltrazione di acque meteoriche, per non avere lo stesso conduttore adempiuto a quei doveri generali di normale diligenza nell’uso della cosa locata.

 

 

2.1.2. Il motivo - ed i relativi quesiti di diritto non colgono nel segno. La censura, infatti, non tiene conto dell’effettiva ratio decidendi. La Corte territoriale ha escluso, in diritto, che della manutenzione del solaio di copertura fosse onerato il conduttore (conformemente a Cass. 14305/05), secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani, l’obbligo di manutenzione ordinaria o straordinaria, quando non si tratta di opere di piccola manutenzione, grava sul locatore ed ha anche escluso, in fatto, che il locatore avesse la disponibilità di detto solaio, avendone i locatori mantenuto l’uso, così escludendo in radice che, nella specie, potesse assumere rilievo la questione dell’ onere incombente sul conduttore in ordine alle piccole manutenzioni. Queste ragioni della decisione non risultano scalfite dalla pur articolata censura. Né può essere fondatamente invocato l’obbligo della diligenza del buon padre di famiglia, perché, oltre a non essere sorto in fatto - per quanto innanzi osservato - alcun obbligo di custodia del solaio di copertura a carico del conduttore, si deve ribadire che l’obbligo del conduttore di prendere in consegna la cosa e di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato dal contratto e l’obbligo di rispondere della perdita e del deterioramento della cosa avvenuti nel corso della locazione consentono al locatore di agire nel corso del rapporto per ottenere il rispetto di una conduzione diligente del bene locato, ma non possono legittimare un’ azione dopo la riconsegna dell’immobile per ottenere la condanna del conduttore al risarcimento del danno corrispondente alla spesa necessaria per ripristinare le migliori condizioni di manutenzione dell’immobile nel corso della locazione (Cass. n. 10562/07) -

 

2.2.1. Con il secondo e terzo motivo, entrambi deducenti violazione dell’art. 1591 c.c., i ricorrenti lamentano il mancato risarcimento lucro cessante, oltre il tempo necessario al ripristino dei locali e per tutta la durata della perduta nuova locazione, avendo i locatori fornito prova specifica di aver perduto quella specifica occasione contrattuale per colpa del conduttore(secondo motivo) ed avendo fornito la prova di aver visto sfumare, per l’inadempimento del conduttore, un’occasione contrattuale fruttifera, unica ed irripetibile e di essersi adoperati - a seguito della sua perdita - per procurarsene una simile, senza ottenere alcun risultato e nonostante i comprovati ricorsi al mercato pubblicitario.

 

 

2.2.2. I due motivi, che vanno trattati congiuntamente in quanto costituiscono profili distinti della medesima censura, debbono essere accolti. E’ costante l’indirizzo interpretativo di questa SC (Cass. n. 7670/93), secondo cui, in tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di cui all’art. 1591, seconda parte, c.c. che ha natura contrattuale, deve essere concretamente provato dal locatore, per cui il mero fatto del ritardo può legittimare soltanto una condanna generica al risarcimento, richiedendosi per contro, in sede di liquidazione, la specifica prova dell’esistenza del danno medesimo, in rapporto alle condizioni dell’immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di nuova sua utilizzazione, nonché all’esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo, dalle quali emerga il verificarsi dì un’effettiva lesione del patrimonio (Cass. n. 292/02 e 23720/08) . Costituisce, del resto, affermazione risalente e pacifica in via generale, che la prova del maggior danno non sorge automaticamente, sulla base del valore locativo presumibilmente ricavabile dalla astratta configurabilità di ipotesi di locazione o vendita del bene (ex plurimis Cass. n. 4968/97 Cass. 993/2002); ma richiede la specifica dimostrazione di un’effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato, nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente od in altre analoghe situazioni pregiudizievoli (Cass. n. 2525/06, 13653/06, 20829/06); 20829/06), con la precisazione che l’onere di detta prova è a carico del locatore, tenuto a dar conto dell’esistenza di ben determinate proposte di locazione o d’acquisto e di concreti propositi di utilizzazione (Cass. n. 6359/95; 1133/99; 4564/2000; 993/02; 9545/2002; 14753/05; 7499/07) . Orbene, nel caso di specie il giudice di secondo grado non si è esattamente uniformato alle suddette regole di diritto e non ha ritenuto di dovere fare riferimento alla perdita della concreta occasione di nuova locazione che un terzo aveva concretamente dato ai locatori, non ha considerato che proprio il ritardato rilascio dall’ immobile aveva indotto il nuovo conduttore a risolvere il rapporto di locazione ad uso commerciale, così determinando il pregiudizio dei locatori (certamente rapportabile all’esistenza ed alla durata del contratto stipulato con il terzo); -

 

2.3.1. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano insufficienza e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto spettante la restituzione del deposito cauzionale, senza considerare la mancanza nella contabilità della Alfa di qualsiasi prova sulla sua effettiva corresponsione, che avrebbe dovuto risultare da apposita delibera del Comitato di Gestione, previo parere della Commissione provinciale di controllo e la cui mancata corresponsione risulterebbe affermata dall’Ente nella delibera 2240 del 17. 11 .1990.

 

 

2.3.2. Anche questa censura non coglie nel segno, atteso che i ricorrenti, lungi dal prospettare vizi logici o giuridici posti in essere dai giudici del merito e rilevanti sotto il profilo di cui all art. 360 c.p.c., n 5, si limitano - contra leqem e cercando di superare quelli che sono i ristretti limiti del giudizio di legittimità, il quale, contrariamente a quanto reputa la difesa di parte ricorrente non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale sottoporre a un nuovo vaglio tutte le risultanze di causa - a sollecitare una nuova lettura delle prove raccolte in causa. E’ palese l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame. Come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, il giudice di appello ha proceduto ad una completa e puntuale valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti ed ha verificato che, a fronte del chiaro tenore letterale dell’originario contratto, non emergeva aliunde nè la restituzione dell’importo del deposito cauzionale, né la fondatezza della contestazione della sua dazione, non potendo questa farsi discendere dal successivo unilaterale sollecito dei locatori al pagamento della relativa somma, né dalla mancata menzione del suo importo in un elenco di pagamenti redatto oltre un anno dopo la stipula del contratto, in seno ad una delibera del Comitato di gestione dell’Alfa, dato che i pagamenti in corso di rapporto locativo vanno distinti dalla dazione di una somma per la costituzione di una garanzia cauzionale, peraltro contestuale alla stipula del contratto.

 

 

2.3.3. Per tanto, confermando orientamenti di questa S.C., deve affermarsi che il motivo si risolve in un’inammissibile richiesta di nuova valutazione di fatti ormai definitivamente accertati in sede di merito, dato che la parte ricorrente, lungi dal prospettare alcun vizio rilevante della sentenza gravata sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5 c.pc., e delineando solo genericamente la violazione di norme sulla valutazione dei mezzi di prova si limita ad invocare una diversa lettura delle risultanze probatorie e dei fatti, come accertati, ricostruiti ed interpretati dalla corte di merito. Nelle parti in cui prospettano vizi di motivazione, le censure non tengono conto, quanto alla valutazione dalle prove adottata dal giudice di merito, che il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04) - Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova. (Cass. n.6064/08; nonché Cass. n. 26886/08 e in motivazione)

 

3. Pertanto, respinti il primo ed il quarto motivo e accolti il secondo ed il terzo, la sentenza impugnata va cassata in parte qua con rinvio alla medesima Corto d’Appello in diversa composizione, che procederà a nuovo esame attenendosi al principio di diritto secondo cui “il maggior danno di cui all’art. 1591 c.c. integrato allorché sussiste la specifica dimostrazione di un’effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato - in considerazione, come nell’ipotesi, di contratto stipulato con un terzo - (oppure nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente) od in altre analoghe situazioni pregiudizievoli”; provvederà, inoltre, in ordine alle spese anche del presente giudizio.

 

 

P.Q.M.

 

 

Accoglie il secondo ed il terzo motivo, respinti gli altri. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.

 

 

Depositata in Cancelleria il 14.06.2011

 

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