Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Aria. Emissioni odorigene e mancata previsione di limiti o di metodi di misura-T.A.R. Veneto Sez. III n. 741 del 3 maggio 2011-Lexambiente.it

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

Aria. Emissioni odorigene e mancata previsione di limiti o di metodi di misura

 

Per le emissioni odorigene in base alla normativa vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, perché manca allo stato la possibilità tecnica di elaborare indicatori sufficientemente validi dal punto di vista tecnico - scientifico. Per tali ragioni è possibile riferirsi alle migliori tecniche disponibili che l'art. 2, punto 7, del DPR 24 maggio 1988, n. 203, definisce come "sistema tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente, semprechè l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi". L’applicazione del criterio comporta che devono essere adottate tutte le tecniche e le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio degli impianti più efficaci al fine di migliorare la sostenibilità ambientale dell’attività produttiva, e al fine di ottenere le massime performance ambientali esigibili, tenendo conto delle specifiche caratteristiche degli impianti e delle potenzialità economiche aziendali.

 

N. 00741/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01328/2004 REG.RIC.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

 

(Sezione Seconda)

 

 

ha pronunciato la presente

 

 

SENTENZA

 

 

sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2004, proposto da:

Davos Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Piccione e Francesco Curato, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;

 

 

contro

 

 

Provincia di Treviso, in persona del Presidente pro tempore, non costituitosi in giudizio;

 

per l'annullamento

 

del decreto della Provincia di Treviso n. 138/2004 prot. n. 5817/2004 del 10 febbraio 2004 notificato il 18 febbraio 2004, nella parte in cui ha imposto limiti e prescrizioni alle emissioni in atmosfera derivanti dal ciclo produttivo come da relazione tecnica allegata e facente parte del provvedimento.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

 

La Società ricorrente espone di avere due stabilimenti situati nei comuni di Cornuda e Crocetta del Montello nei quali produce gomma impiegata nel settore delle calzature.

 

Nello stabilimento di Cornuda realizza un prodotto intermedio costituito da fogli di gomma artificiale non ancora vulcanizzata.

 

Nel secondo stabilimento di Crocetta di Montello svolge le successive fasi di vulcanizzazione (nella quale le lastre di gomma vengono riscaldate in presse) finitura (nella quale le lastre vengono finite mediante spaccatura e raspatura per portarle allo spessore finale) e verniciatura (che comprende anche un fase di essiccatura).

 

La ditta con istanza presentata il 12 settembre 1994 ha chiesto un’autorizzazione per le emissioni in atmosfera, ai sensi dell’art. 15 del DPR 24 maggio 1988, n. 203, in ragione delle modifiche apportate all’impianto produttivo.

 

La Provincia con decreto n. 138/2004 prot. n. 5817/2004 del 10 febbraio 2004, dopo aver acquisito il parere del Comune, le valutazioni dell’Arpav e il parere della commissione tecnica provinciale ambiente, ha autorizzato le modifiche dando nel contempo alcune prescrizioni in base alle quali, entro 60 giorni, la ditta avrebbe dovuto provvedere ad inoltrare un progetto per accorpare le emissioni convogliate e quelle diffuse tramite torrini ad un unico punto di emissione con scarico ad una quota dal suolo non inferiore a dieci metri, presentando altresì un progetto per adottare la migliore tecnica disponibile in termini di prodotto o di abbattimento per il raggiungimento dei valori limite di emissione definiti nell’allegato II, punto 8, della direttiva 1999/13/CE, dettando infine specifici limiti alle emissioni provenienti dalle operazioni di verniciatura.

 

Tale prescrizioni sono impugnate con il ricorso in epigrafe per le seguenti censure:

 

I) carenza ed incongruità dell’istruttoria, errata e falsa rappresentazione della situazione di fatto e difetto di motivazione illogicità e violazione del principio di adeguatezza, nonché violazione dell’art. 2 del DPR 25 luglio 1991 relativamente alle prescrizioni che impongono, per il reparto di vulcanizzazione, l’accorpamento delle emissioni ad un unico punto;

 

II) carenza di istruttoria, contraddittorietà, violazione del DM 12 luglio 1990 e del DM 26 febbraio 2004, n. 44, relativamente alle prescrizioni che, per il reparto verniciatura, hanno imposto la predisposizione di un progetto per l’adozione della migliore tecnica disponibile in termini di prodotto o di abbattimento per il raggiungimento dei valori limite di emissione definiti nell’allegato II punto 8, della direttiva 1999/13/CE.

 

La Provincia di Treviso non si è costituita in giudizio.

 

Nella memoria depositata in prossimità della pubblica udienza la Società ricorrente ha precisato che nelle more della definizione del giudizio il reparto verniciatura è stato trasferito dal 2006 presso un nuovo impianto produttivo sito in Cavaso del Tomba.

 

Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

 

DIRITTO

 

 

1. Il ricorso, dando atto che è venuto meno l’interesse alla definizione nel merito relativamente alle censure di cui al secondo motivo che riguarda il reparto verniciatura, è infondato e deve essere respinto.

 

1.1 Per quanto concerne le prescrizioni che riguardano il reparto vulcanizzazione l’Arpav, esclusa la presenza di composti comportanti un elevato rischio per la popolazione, ha dettato una serie di misure per attenuare l’effetto di disturbo dovuto all’odore penetrante dei composti liberati dal processo produttivo.

 

Sul punto va premesso che per le emissioni odorigene in base alla normativa vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, perché manca allo stato la possibilità tecnica di elaborare indicatori sufficientemente validi dal punto di vista tecnico - scientifico.

 

Per tali ragioni è possibile riferirsi alle migliori tecniche disponibili che l'art. 2, punto 7, del DPR 24 maggio 1988, n. 203, definisce come "sistema tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente, semprechè l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi".

 

L’applicazione del criterio comporta che devono essere adottate tutte le tecniche e le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio degli impianti più efficaci al fine di migliorare la sostenibilità ambientale dell’attività produttiva, e al fine di ottenere le massime performance ambientali esigibili, tenendo conto delle specifiche caratteristiche degli impianti e delle potenzialità economiche aziendali.

 

1.2 Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta sotto diversi profili l’illegittimità delle prescrizioni impartite per il reparto vulcanizzazione.

 

In primo luogo afferma che la prescrizione di canalizzare tutte la emissioni in un unico punto di scarico e di svolgere altri interventi per impedire la fuorisuscita dei fumi da porte e finestre sarebbe frutto di un’istruttoria carente, perché non sono state effettuate indagini sulla presenza di odori molesti all’esterno dello stabilimento e nelle zone ad esso adiacenti, e perché la presenza di odori, anche ove rilevata, è in ogni caso di difficile valutazione in termini di intensità, persistenza e lesività.

 

La doglianza deve essere respinta.

 

Dalla documentazione versata in atti (cfr. doc. 6 allegato al ricorso) risulta che l’Arpav ha svolto un’approfondita indagine nello stabilimento sulle emissioni in atmosfera con campionamenti e prelievi di volumi d’aria per verificare eventuali rischi sulla salute dei cittadini, dalla quale è emerso che il processo di vulcanizzazione genera una miscela di sostanze aerodisperse caratterizzate da un odore caratteristico che pervade tutto l’edificio che ospita la linea, che gli impianti di aspirazione presenti per le presse hanno il solo scopo di limitare l’esposizione degli addetti ai fumi, anziché di ridurre la propagazione all’esterno delle emissioni, e che le presse non sono incapsulate, cosicché lo stabilimento non risulta chiuso ermeticamente.

 

E’ da questi elementi che l’Arpav trae il convincimento che le emissioni diffuse attraverso le finestre di aerazione e le porte hanno una certa rilevanza, risalendo da un fatto noto (la presenza di forti odori all’interno dello stabilimento non isolato dall’esterno) ad un fatto non noto (la diffusione degli odori all’esterno).

 

La parte ricorrente non contesta né la presenza di un forte odore di gomma all’interno dello stabilimento, né gli accertamenti svolti dall’Arpav circa le carenze di isolamento rispetto all’ambiente esterno (cfr. pag. 7 del ricorso), ma si limita a lamentare la mancata valutazione dell’intensità di odori penetranti nelle zone adiacenti.

 

In tale contesto la censura deve essere respinta perché la denunciata carenza di istruttoria è formulata in modo generico, non tiene conto che i fatti possono essere provati, anche se non si fondano su elementi di prova diretti, ricorrendo a presunzioni, e che le conclusioni cui perviene l’Arpav risultano, secondo l’id quod plerumque accidit, prive di vizi logici.

 

2. Con un’ulteriore censura la parte ricorrente lamenta che l’ottemperanza all’ordine impartito comporterebbe la realizzazione di opere complesse e costose senza una congrua valutazione dei benefici raggiungibili.

 

Anche questa censura deve essere respinta perché le soluzioni da adottare per ovviare alle problematiche riscontrate non si riferiscono ad elementi predeterminati, e rientrano invece nell’ambito dell’attività discrezionale dell’amministrazione, e la parte ricorrente, al di là di generiche doglianze, non allega elementi idonei a fornire nemmeno un principio di prova circa la sussistenza di travisamenti o illogicità atte a porre in dubbio l’attendibilità delle valutazioni svolte dall’Arpav o la non sostenibilità economica degli interventi che consistono nella realizzazione di tubazioni per la concentrazione delle emissioni in un unico punto.

 

3. Con un’ultima censura la parte ricorrente ritiene violato il DPR 25 luglio 1991 in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, perché tale norma esenta dalla necessità di ottenere l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera gli sfiati e i ricambi d’aria adibiti esclusivamente alla sicurezza degli ambienti di lavoro, mentre il provvedimento impugnato impone la presentazione di un progetto che comprenda l’accorpamento anche delle emissioni provenienti dai torrini utilizzati a questo scopo.

 

La doglianza deve essere respinta perché, come sopra osservato, nella procedura attivata l’Amministrazione è legittimata ad individuare tutte le misure che, sul piano tecnico, siano funzionali ad isolare lo stabilimento dall’esterno, tra le quali rientra anche quella che riguarda i torrini, e in ogni caso l’ordine impartito non ha carattere definitivo, posto che ha ad oggetto la sola presentazione di un progetto e le parti, in contraddittorio, ben possono apportare gli eventuali correttivi che si rivelino necessari.

 

In definitiva pertanto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse relativamente al secondo motivo, che riguarda il reparto verniciatura, e respinto per il resto.

 

La mancata costituzione nella controversia dell’Amministrazione esenta dal dover pronunciare sulle spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte improcedibile, e in parte lo respinge, nel senso precisato in motivazione.

 

Nulla spese.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Elvio Antonelli, Consigliere

Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/05/2011

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici