Avv. Paolo Nesta


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PARERE DEONTOLOGICO ESPRESSO NELL’ADUNANZA DEL 29.09.2011

 

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CONDOTTA DA TENERE OVE IL CLIENTE, AVVERTITO DELLA RINUNCIA AL MANDATO, NON INCARICHI UN NUOVO DIFENSORE

 

- L’Avv., in data 19 settembre 2011, riferisce di avere prestato la sua attività forense in favore di una Società in un giudizio di primo grado, concluso con sentenza favorevole per la sua assistita ma, successivamente, appellata da controparte.

Il medesimo Avvocato precisa che, per motivi personali, ha dovuto rinunciare al mandato conferito e che, dopo avere adempiuto alle incombenze derivanti dai doveri di lealtà e correttezza (art. 6) di fedeltà (art. 7) di diligenza (art. 8), ha comunicato, infine, alla Società, a mezzo raccomandata a/r (regolarmente ricevuta), che non poteva rappresentarla nel giudizio di appello, sollecitando la nomina di un nuovo difensore e rendendosi disponibile a restituire tutta la documentazione in suo possesso.

L’Avv. Luca Antonini chiede un parere in materia deontologica circa la condotta da tenere ove il cliente, avvertito della rinuncia al mandato, non incarichi un nuovo difensore.

Il Consiglio

- Udito il Consigliere Avv. Livia Rossi, quale Coordinatore della Commissione Deontologica,

Osserva:

- la regola deontologica dell’art. 47 “Rinuncia al mandato” prevede che “l’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato; il I canone complementare stabilisce che ‘In caso di rinuncia, l’avvocato deve dare alla parte assistita un preavviso adeguato alle circostanze e deve informarla di quanto è necessario fare per non pregiudicare la difesa’; il II canone complementare dispone che ‘qualora la parte assistita non provveda, in tempi ragionevoli, alla nomina di un altro difensore nel rispetto degli obblighi di legge, l’avvocato non è responsabile per la mancata successiva assistenza, pur essendo tenuto a informare la parte delle comunicazioni che dovessero pervenirgli’; detta disposizione ammette, nel III canone complementare, che ‘in caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la rinuncia al mandato con lettera raccomandata alla parte assistita all’indirizzo anagrafico e all’ultimo domicilio conosciuto. Con l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia effettivamente ricevuto tale comunicazione”;

ritiene

- che l’avvocato rinunciante al mandato professionale dovrà rispettare la normativa sopra rappresentata, nonchè le disposizioni di cui all’art. 2237, commi II e III c.c. “Recesso”. Adempiute tali formalità, l’avvocato non ha più alcun obbligo nè alcuna responsabilità disciplinare, atteso che non può sussistere un dovere di difesa laddove la parte non sia interessata all’uopo. Infatti, quanto stabilito dall’art. 85 c.p.c. “Revoca e rinuncia alla procura” si riferisce agli effetti processuali esterni e, cioè, sin quando il precedente difensore e procuratore non sia stato regolarmente sostituito, la sua rinuncia o revoca non producono effetto nel giudizio nei riguardi della controparte. Analoga disposizione è contemplata, altresì, nell’art. 107 c.p.p. “Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore”, co. 3: “La rinuncia non ha effetto finchè la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell’art. 108”. E’ ovvio, quindi, considerare che la ragione delle norme processuali risiede nell’esigenza di evitare la vacatio dello jus postulandi pregiudizievole per la regolarità del processo.

 

 

 

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