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Il vecchio amministratore chiede il pagamento degli arretrati: il suo successore può stare in giudizio senza autorizzazione assembleare-di Alessandro Gallucci-

 

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La sempre attuale materia della legittimazione attiva e passiva dell’amministratore di condominio si arricchisce di una nuova pronuncia che servirà, come le altre, a delineare meglio l’oggetto delle competenze dirette del mandatario. Ci spieghiamo meglio: è noto che l’amministratore rappresenti la compagine nelle cause che la riguardano. Si parla di legale rappresentanza. Ciò che è meno chiaro è il limite della legittimazione a stare in giudizio senza preventiva autorizzazione assembleare. O meglio: se per le ipotesi in cui è il condominio a dover agire contro qualcuno sorgono pochi problemi (l’art. 1131 c.c. dice chiaramente che la legittimazione è limitata ai poteri di cui al precedente art. 1130 c.c.), è per i casi di chiamata in giudizio che la situazione è tutt’altro che certa. Ciò in quanto il secondo comma dell’art. 1131 c.c. non specifica i limiti della legittimazione. Da qui un’infinita querelle: legittimazione senza limiti o limitazioni come per i casi di legittimazione attiva? E in quest’ultimo caso, che è poi quello che ha prevalso, seppur non nettamente, in giurisprudenza (cfr. Cass. SS.UU. n. 18331/10) che cosa accade se il mandatario agisce senza il consenso assembleare? Sulla vicenda è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite in modo incisivo, o per meglio dire creativo, chiarendo che " l'amministratore di condominio , in base al disposto dell'art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione" (Cass. SS.UU. 6 agosto 2010 n. 18331). Una soluzione che, ai fini pratici, dev’essere considerata giusta. Si pensi alla sentenza di primo grado notificata al fine di accorciare i tempi d’impugnazione. L’amministratore, molto spesso, non ha il tempo nell’ordine di:

 

a) Convocare l’assemblea;

b) Attendere le sue decisione;

c) Dare mandato ad un legale per proporre l’appello.

 

Con questa decisione egli potrà agevolmente far proporre appello, scampando dalla scure di eventuali decadenze, per poi ottenere (o meno la ratifica) del suo operato. La critica a questa impostazione è rappresentata dal fatto che in molti, a giusta ragione, hanno evidenziato come l’iter descritto dalla Cassazione non abbia rispondenza in alcuna norma. I giudici, insomma, avrebbero creato di sana pianta un modus operandi. Al di là di queste considerazioni è da capire quali siano le materie soggette, o non, a questo procedimento. Sicuramente non lo è l’azione a difesa del condominio susseguente la citazione in giudizio della compagine effettuata dal precedente amministratore per vedersi riconosciuti dei crediti. Di questo avviso il Tribunale di Busto Arsizio che con una sentenza del 25 ottobre 2011 ha specificato, in conformità ad altri precedenti di merito, che non sussiste il “ difetto di legittimazione a resistere in giudizio ad opera dell'amministratore pro tempore, non espressamente autorizzato mediante delibera assembleare, posto che la resistenza in giudizio del condominio che sia convenuto per il pagamento delle spettanze del precedente amministratore rientra nei poteri lato sensu conservativi dell'amministratore in carica ex artt. 1130 e 1131 c.c. che, conseguentemente, non necessita di espressa autorizzazione assembleare al fine di procedere alla costituzione”.

 

 

 

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