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SALVARE L'ITALIA PER SALVARE L'EUROPA di Paolo Manasse e Giulio Trigilia  

 

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L'analisi sugli spread dei Cds dei debiti sovrani europei suggerisce che i mercati non fanno distinzioni sul rischio dei titoli dei diversi paesi europei, che l'Italia sta diventando la principale fonte di contagio e che perciò i titoli di altri stati europei non offrono grandi opportunità di diversificazione. Se la tendenza dovesse continuare e la crisi italiana non trovasse una soluzione, sarebbe compromessa la stabilità finanziaria dell'intera zona dell'euro. Quello che gli italiani sapranno fare per l'Italia, nel bene o nel male, lo faranno anche per l'Europa.

Sin dall'inizio della crisi finanziaria in Europa, molti economisti hanno paventato lo scenario catastrofico che si sta svolgendo ora nell'Unione Europea: un effetto domino, che partendo da Grecia, Irlanda, Portogallo, porta al collasso anche Spagna e Italia (i Piigs, come sono conosciuti). Eppure la maggior parte degli osservatori ha sbagliato l'ordine dei paesi: la crisi è arrivata in Italia prima che in Spagna.

I PROBLEMI DELL'ITALIA

La ragione è di natura politica: il primo ministro spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, rendendosi conto di aver perso l'appoggio politico necessario per le riforme difficili, ha annunciato lo scorso aprile che non si sarebbe ricandidato alle nuove elezioni. Silvio Berlusconi, di fronte a simili sfide economiche, ha invece cercato mantenere il suo posto. Persa la battaglia, si è dimesso solo sabato scorso, dopo aver lasciato incancrenire la crisi economica italiana per mesi. In definitiva, i mercati finanziari e lo spettro di un default lo hanno detronizzato.
Abbiamo documentato su www.lavoce.info che gli attuali problemi italiani sono in gran parte di origine domestica, "fatti in casa", e non sono il risultato di "contagio" dalla Grecia o della "speculazione". Sono i deboli fondamentali economici, debito alto e crescita bassa, ancor più che la mancanza di credibilità di Berlusconi, a esserne la chiave. È per questo che i mercati finanziari, dopo un breve brindisi, non hanno mostrato euforia quando il presidente Napolitano ha chiesto a Mario Monti di formare un nuovo governo. Lo spread dei Btp è ancora a 500 punti e il Tesoro italiano ha appena venduto tre miliardi di obbligazioni a cinque anni al rendimento record, dai tempi dell'euro, del 6,29 per cento, quasi un punto percentuale in più rispetto al mese di ottobre. Il compito di Monti sarà formidabile: far approvare dolorose riforme a un Parlamento recalcitrante e riottoso.
Dopo un periodo di "decoupling" del rischio sovrano, con mercati sempre più in grado di discriminare tra i diversi paesi europei, siamo ora tornati all'era dell’"euro-rischio". In altre parole, i mercati finanziari riflettono nei prezzi la nozione che un crollo italiano, per il volume enorme di debito (1900 miliardi) e la sua larga diffusione tra le istituzioni finanziarie (circa il 44 per cento del debito è detenuto da non residenti), porterebbe alla fine dell'euro e non lascerebbe indenne nessuno. Offriamo tre elementi di evidenza a sostegno di questa tesi.

EURO RISCHIO 

Poniamoci la seguente domanda: quanto è importante il "rischio aggregato" dell’euro zona per spiegare i rischi specifici dei diversi stati sovrani? La figura 1 mostra il "rischio euro-zona (Rez)".

Figura 1

 

Figura 1


L'indice è calcolato come la quota della varianza degli spread giornalieri dei Cds (i premi assicurativi contro il default) dei paesi euro che è spiegata dalla loro prima "componente principale", una specie di fattore comune di rischio europeo. (1) È stato calcolato ripetutamente per campioni di 200 osservazioni giornaliere, dal 2010 fino ad oggi. Nel culmine della crisi greca, all'inizio del 2010, il Rez spiegava oltre l'80 per cento della varianza totale dei rischi nazionali, ma in seguito si era ridotto progressivamente fino al 55 per cento circa. Tuttavia, la tendenza si è invertita proprio nel mese di agosto 2011, quando nel culmine della crisi politica italiana, il nostro spread si è impennato (vedi figura 2). Oggi il Rischio euro-zona è tornato alla casella iniziale: ancora una volta i mercati sono stanno mettendo nello stesso cesto i titoli dei paesi europei.

Figura 2

 

Figura 2

Fonte: Datastream


CORRELAZIONI DEI PAESI MEMBRI CON IL REZ

Ci chiediamo ora quale peso abbiano i rischi sovrani dei singoli paesi nel rischio europeo. La figura 3 mostra i cosiddetti "factor loadings" (i pesi) dei singoli spread sovrani nel Rez. I pesi rispondono alla domanda: quanto è grande la correlazione tra il Rez e i diversi rischi specifici dei paesi? Se ad esempio il Rez fosse interamente determinato dal rischio-Grecia, il peso della Grecia sarebbe uguale a uno e quello di tutti gli altri sarebbe zero. 

Figura 3

 

Figura 3

Fonte: elaborazioni degli autori sui dati Data Stream


La figura 3 permette di osservare che in primo luogo, dal maggio 2011, la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda, destinatari dei prestiti di salvataggio Unione Europea-Fmi, si "disaccoppiano" dagli altri paesi, Francia Germania e Italia. La caduta del loro peso suggerisce che questi paesi stavano diventando via via meno influenti sul Rez: il rischio di contagio sistemico era dunque in calo. Oggi non è più così. Da agosto 2011, i paesi sotto terapia intensiva fanno uno spettacolare ritorno. E poiché gli spread di questi paesi non sono migliorati, questo significa che i paesi "più sicuri" sono peggiorati, come dimostra il progressivo aumento del peso dell'Italia nel Rez.

 

CORRELAZIONI TRA ITALIA E ALTRI PAESI DELL'EURO

L’ultima evidenza empirica è data dall'andamento delle correlazioni bilaterali tra spread Cds dell'Italia e quelli degli altri paesi dell’euro (figura 4). Le correlazioni con l'Irlanda, Spagna, Germania e Grecia hanno iniziato a scendere dal mese di ottobre 2010, ma da gennaio 2011, si sono riavvicinate all'unità (l'Irlanda fa eccezione). Ad oggi sembra che il mercato valuti che il rischio Italia non sia diversificabile investendo in altri paesi della zona euro.

Figura 4

 

Figura 4

Fonte: elaborazioni degli autori sui dati Data Stream


La nostra analisi sugli spread dei Cds dei debiti sovrani europei suggerisce che i mercati, come nel passato, stanno "mettendo nello stesso cesto" di rischio i titoli dei diversi paesi europei, che l'Italia sta diventando la principale fonte di contagio e che per questa ragione i titoli degli altri sovrani europei offrono scarse opportunità di diversificazione del rischio. Se questa tendenza dovesse continuare e la crisi italiana non trovasse una soluzione, non sarebbe in gioco solo il rating di Francia e Germania, ma sarebbe compromessa la stabilità finanziaria dell’intera zona dell'euro. Per questa ragione i cittadini italiani dovrebbero oggi esercitare la massima pressione per assicurarsi che l'esperimento Monti non fallisca: quello che gli italiani sapranno fare per l'Italia, nel bene o nel male, lo faranno anche per l'Europa.

(1) Si considerano gli spread giornalieri dei Cds sovrani, dal 1º gennaio 2010 all'11 novembre 2011 dei seguenti paesi: Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna.

 

 

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