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Urbanistica. Demolizione edificio esistente e titolo abilitativo-Occorre sempre il permesso di costruire per la demolizione di un edificio esistente (nota critica alla sentenza n. 24423 della III^ Sezione della Cassazione Penale)di MASSIMO GRISANTI

 

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Con la sentenza n. 24423, la III^ Sezione penale della Cassazione ha statuito che:

 

“la semplice demolizione di un manufatto non integra il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. b), in quanto per tale tipo di intervento è sufficiente la denuncia di inizio attività, la cui mancanza costituisce illecito amministrativo (sez. 3, 4.10.2007 n. 4098 del 2008, Pignata, RV 238522).”.

 

 

 

Come si vede, la Cassazione ha condiviso una posizione già presa con la precedente pronuncia n. 4098/2007.

 

 

 

Ritengo che la sentenza non sia meritevole di condivisione perché non ha adeguatamente tenuto conto della evoluzione storico-normativa dell’intervento di demolizione degli edifici esistenti.

 

 

 

Occorre ricordare che all’indomani della emanazione della Legge n° 10/1977, c.d. “Legge Bucalossi”, l’intervento di demolizione degli edifici esistenti fu assoggettato alla concessione edilizia, la cui mancanza integrava una fattispecie di reato.

 

 

 

Il regime dei titoli abilitativi si arricchì con la Legge n° 457/1978, con la quale alcuni tipi di intervento furono sottoposti ad autorizzazione anziché a concessione edilizia. Tuttavia la novella legislativa non interessò l’intervento di demolizione.

 

 

 

E’ solo con la Legge n° 94/1982, e precisamente con l’art. 7, che a qualsiasi intervento di demolizione fu esteso il regime dell’autorizzazione edilizia (sempreché rispettoso degli strumenti urbanistici, che lo avrebbero potuto vietare anche in ragione del mantenimento di caratteri storici, paesaggistici, testimoniali).

 

Tuttavia, a rigor di interpretazione, per le demolizioni riguardanti beni immobili assoggettati alle leggi n° 1497/1939 e n° 1089/1939 occorreva sempre la concessione edilizia.

 

 

 

All’indomani della emanazione del D. Lgs. n° 378/2001, trasfuso nel Testo Unico dell’Edilizia approvato con D.P.R. n° 380/2001, l’art. 7 della Legge n° 94/1982 è stato espressamente abrogato ad opera dell’art. 136, comma 1 con effetto dal 30/6/2003.

 

 

 

Se analizziamo bene il Testo Unico dell’Edilizia, non troviamo espressamente né la definizione dell’intervento di demolizione, né il tipo di titolo abilitativo necessario, né ritroviamo l’intervento tra l’edilizia più o meno libera.

 

 

 

Che il legislatore abbia avuto un lapsus? No, non è così! Vediamo perché.

 

 

 

Sappiamo che l’art. 3 del Testo Unico ha definito gli interventi edilizi.

 

Recentemente la Corte Costituzionale (con la nota sentenza n. 309/2011) ha stabilito che le disposizioni ivi contenute costituiscono un principio fondamentale finalizzato ad assicurare uniformità di tutela del paesaggio in tutto il territorio della Repubblica ed in ragione di ciò costituiscono un limite inviolabile per la funzione legislativa delle regioni; anche perché a tali definizioni è strettamente connesso il regime dei titoli abilitativi (quale potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia del governo del territorio).

 

 

 

Ebbene, le demolizioni che non rientrano – come modalità esecutiva – nella ristrutturazione edilizia sono a tutti gli effetti “nuove costruzioni” in quanto comportano la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio.

 

 

 

Per effetto della demolizione, ad esempio di un edificio, abbiamo:

 

    una trasformazione fisica del territorio, in quanto porta alla nuova costruzione di un’area libera; effetto che potrebbe non essere voluto dalla P.A. e quindi non contemplato negli strumenti urbanistici.

 

    una trasformazione urbanistica del territorio, in quanto porta ad una diminuzione del carico urbanistico.

 

 

 

Si consideri, altresì (vedi quanto è accaduto di recente a Barletta), che la demolizione degli edifici in linea possono avere rilevanti effetti sulla stabilità degli altri aderenti o appoggiati fabbricati con cui formavano un “unicum” strutturale di mutua stabilità, con pesanti ricadute sulla incolumità pubblica e sulle responsabilità civili e penali.

 

Da qui l’obbligatorietà, come ha anche ribadito il Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 3505/2011, che i Comuni valutino l’effettiva eseguibilità degli interventi.

 

 

 

In conclusione, ritengo che tutte le opere di demolizione (non rientranti nella modalità esecutiva della ristrutturazione edilizia mediante demolizione e fedele ricostruzione, peraltro soggetta a permesso di costruire) di edifici o manufatti siano interventi di “nuova costruzione” e come tali assoggettate all’obbligo di permesso di costruire (o super-dia in presenza di specifiche legislazioni regionali), la cui mancanza costituisce reato perseguibile ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. b) o c).

 

 

 

Non rimane che augurarsi, anche nel superiore interesse della pubblica incolumità, una rimeditazione delle posizioni recentemente assunte dalla Cassazione Penale.

 

 

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio

Dott. PETTI Ciro - Presidente - del 25/05/2011

Dott. LOMBARDI Alfredo - Consigliere - SENTENZA

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 1034

Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - REGISTRO GENERALE

Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 12556/2010

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze;

avverso l'ordinanza in data 15/16 marzo 2010 del Tribunale di Firenze, con la quale è stato revocato il decreto di sequestro preventivo di un immobile emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 9.2.2010;

nei confronti di:

Ruffo di Calabria Isabella, n. a Firenze il 15.12.1937, e di altri.

Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;

Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;

Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata;

Udito il difensore dell'indagata Ruffo di Calabria, Avv. Ducei Michele, in sostituzione dell'Avv. Nicola Leone De Renzis Sonnino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del riesame, ha revocato il decreto di sequestro preventivo di un immobile emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 9.2.2010, nei confronti di Ruffo di Calabria Isabella ed altri, quale indagata del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, per avere, in concorso con l'architetto e la ditta esecutrice dei lavori, posto in essere interventi edilizi in assenza di titolo abilitativo.

In estrema sintesi, il Tribunale del riesame ha escluso il fumus del reato oggetto di indagine, osservando che gli interventi di cui si tratta sono consistiti essenzialmente in attività di demolizione e lavori urgenti di messa in sicurezza di un fabbricato preesistente;

lavori che gli organi tecnici dell'ente locale avevano ritenuto non necessitassero del titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire. L'ordinanza ha altresì escluso la sussistenza delle esigenze cautelari in considerazione della ritenuta impossibilità di eseguire ulteriori interventi.

Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze che la denuncia per violazione di legge.

La pubblica accusa ricorrente, dopo aver riportato i capi di imputazione oggetto di indagine nei confronti di Ruffo di Calabria Isabella, Casini Andrea, Aitano Antonino, Di Gangi Vincenzo Antonio, costituiti, oltre che dalla violazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), anche dal reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, denuncia, per violazione di legge, la omessa valutazione, ai fini della sussistenza del fumus dei reati, anche di tale fattispecie contravvenzionale.

Si osserva sul punto che la violazione paesaggistica costituisce reato di pericolo per la cui sussistenza non occorre un effettivo pregiudizio per l'ambiente, dovendosi escludere dal novero degli illeciti solo quelle condotte inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici.

Con il secondo motivo di gravame si denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica degli interventi edilizi oggetto di indagine.

Si deduce, in sintesi, che anche gli interventi di demolizione necessitano del titolo abilitativo e che la installazione di un ponteggio intorno all'edificio principale è chiaro indice di interventi quanto meno di demolizione e ricostruzione. Con memorie difensive l'Avv. Nicola Leone De Renzis Sonnino, nell'interesse di Isabella Ruffo di Calabria, e l'Avv. Enzo Vichi, nell'interesse di Andrea Casini, hanno dedotto l'infondatezza dei motivi di ricorso ed, in particolare, fatto rilevare che il fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 era stato già escluso dal G.I.P., che aveva posto a fondamento del provvedimento di sequestro la sola violazione edilizia; violazione di cui si contesta la sussistenza.

Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente la Corte rileva che effettivamente il decreto di sequestro preventivo in data 9.2.2010 è stato emesso dal G.I.P. con riferimento al solo reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44. Nel provvedimento infatti si precisa che, pur essendo l'area nella quale è ubicato il complesso immobiliare, soggetta a vincolo paesaggistico, non appare configurabile il reato per la corrispondente violazione, in quanto per i lavori di cui alle DIA risultava essere stata rilasciata l'autorizzazione paesaggistica n. 05/213 con validità fino al 23.7.2010 e l'autorizzazione paesaggistica n. 05/216 con validità fino a 4.8.2010. Non è, pertanto, fondata la doglianza della pubblica accusa in ordine alla omessa valutazione da parte del Tribunale del riesame del reato paesaggistico, non essendo stato posto detto reato a fondamento della misura cautelare.

Anche il motivo di gravame afferente alla violazione edilizia non è fondato.

Va rilevato che può ritenersi indubbiamente controversa, allo stato, in assenza di un più puntuale accertamento, la natura dei titoli abilitativi necessari per l'esecuzione degli interventi di cui alla contestazione, dovendosi, però, precisare che la valutazione sul punto appartiene al giudice ordinario.

È stato, infatti, affermato da questa Corte che la semplice demolizione di un manufatto non integra il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. b), in quanto per tale tipo di intervento è sufficiente la denuncia di inizio attività, la cui mancanza costituisce illecito amministrativo, (sez. 3, 4.10.2007 n. 4098 del 2008, Pignata, RV 238522).

Deve essere, però, pregiudizialmente rilevato che l'ordinanza del Tribunale del riesame, oltre al fumus del reato, ha escluso la sussistenza delle esigenze cautelari che giustificassero la misura, non essendo in corso l'esecuzione di interventi edilizi, ne' prevedibile la loro prosecuzione.

Orbene, l'impugnazione della pubblica accusa ha totalmente ignorato tale argomentazione di per sè sola sufficiente ad escludere la necessità della misura cautelare.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso del P.M..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 maggio 2011. Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011

 

 

 

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