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La pianificazione paesaggistica e urbanistica del territorio  tra normativa statale e legislazione delle Regioni a statuto speciale: quadro costituzionaledi Alberto Roccella

 

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FINESTRE SUL PAESAGGIO

 

Convegno sulla tutela e valorizzazione del Paesaggio

 

Cagliari, 2-3 dicembre 2011

 

Aula Magna del Palazzo di Giustizia

 

 

 

La pianificazione paesaggistica e urbanistica del territorio

 

tra normativa statale e legislazione delle Regioni a statuto speciale: quadro costituzionale

 

di Alberto Roccella (*)

 

 

 

Sommario: 1. Governo del territorio, autonomia regionale e paesaggio nella sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 2011. – 2. I rapporti tra urbanistica e tutela del paesaggio e l’attuazione dell’ordinamento regionale. La ripartizione delle funzioni amministrative. – 3. Tutela del paesaggio e ripartizione di potestà legislativa tra Stato e Regioni speciali. – 4. La riforma costituzionale del 2001 e la giurisprudenza costituzionale. – 5. Conclusioni.

 

 

 

1. Governo del territorio, autonomia regionale e paesaggio nella sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 2011.

 

 

 

La Corte costituzionale ha giudicato di recente le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni di legge regionale con le quali la Regione Lombardia aveva dato proprie definizioni degli interventi edilizi1, discostandosi parzialmente dalle definizioni poste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia2. In particolare normativa lombarda aveva compreso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, senza riprodurre il limite, previsto invece dal testo unico, del rispetto della sagoma dell’edificio preesistente3. La normativa lombarda si fondava dunque sul presupposto che le disposizioni del testo unico sulle definizioni degli interventi edilizi avessero il carattere di disposizioni di dettaglio, suscettibili di essere sostituite da disposizioni regionali4.

 

La Corte costituzionale ha accolto le questioni di legittimità costituzionale5 ricordando la sua recente giurisprudenza, successiva alla riforma costituzionale del 2001. La Corte aveva già chiarito che la materia dei titoli abilitativi all’edificazione appartiene storicamente all’urbanistica, che a sua volta fa parte del governo del territorio e aveva ricondotto nell’ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi6. A fortiori, adesso, la Corte ha riconosciuto il carattere di princìpi fondamentali della materia alle disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L’intero corpus normativo statale in ambito edilizio è costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di ristrutturazione urbanistica, di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall’altro. La definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta, dunque, allo Stato.

 

La sentenza ha trovato conferma di questa sua interpretazione anche nella più recente legislazione statale in materia edilizia7, ma è interessante notare che essa ha invocato anche ragioni attinenti alla tutela del paesaggio. Secondo la sentenza, la linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi non può non essere dettata in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la cui «morfologia» identifica il paesaggio: e a questo riguardo essa ha citato la relazione illustrativa al disegno di legge presentato al Senato il 25 settembre 1920 dal Ministro della pubblica istruzione Benedetto Croce, disegno di legge che divenne poi la l. 11 giugno 1922, n. 778, Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico. Il paesaggio veniva ivi considerato come «la rappresentazione materiale e visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli»8.

 

Dopo questa citazione, la sentenza ha ricordato la recente e pertinente giurisprudenza della Corte costituzionale. Sul territorio «vengono a trovarsi di fronte» – tra gli altri – «due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni»9. Fermo restando che la tutela del paesaggio e quella del territorio sono necessariamente distinte, rientra nella competenza legislativa statale stabilire la linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi. Se il legislatore regionale potesse definire a propria discrezione tale linea, la conseguente difformità normativa che si avrebbe tra le varie Regioni produrrebbe rilevanti ricadute sul paesaggio della Nazione, inteso come «aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale» e sulla sua tutela.

 

La decisione della Corte, ampiamente condivisibile, si presta a più di un commento, ciascuno dei quali meriterebbe di essere approfondito e motivato. Ma l’aspetto più interessante della sentenza della Corte costituzionale in rapporto al tema di questa relazione è costituito dal richiamo alla protezione del paesaggio, dalla tutela costituzionale di questo valore e dalla sua incidenza sul governo del territorio, ed è questo aspetto quindi che qui si riprende e sviluppa, con riferimento soprattutto alle Regioni a statuto speciale10.

 

 

 

 

 

2. I rapporti tra urbanistica e tutela del paesaggio e l’attuazione dell’ordinamento regionale. La ripartizione delle funzioni amministrative.

 

 

 

La distinzione tra urbanistica e tutela del paesaggio riposa innanzi tutto sulla diversa e separata tradizione normativa di disciplina delle due materie: la tutela del paesaggio ha preceduto storicamente la disciplina urbanistica11. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha poi contribuito a distinguere le due materie: due notissime sentenze del 1968 hanno risolto in modo diverso il problema della indennizzabilità dei vincoli urbanistici e di quelli paesaggistici12, e quella impostazione è rimasta ferma in tutta la giurisprudenza costituzionale successiva13.

 

La distinzione tra le due materie dell’urbanistica e della tutela del paesaggio emerse inoltre chiaramente in sede di prima attuazione delle Regioni ordinarie alle quali l’art. 117 Cost. attribuiva potestà legislativa in materia di urbanistica, senza menzionare il paesaggio. La legislazione statale allora vigente prevedeva una connessione tra la due materie. La c.d. legge ponte, la l. 6 agosto 1967, n. 765, aveva modificato la legge urbanistica stabilendo che in sede di approvazione del piano regolatore generale il Ministro dei lavori pubblici potesse introdurre d’ufficio le modifiche riconosciute indispensabili per assicurare la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali e ambientali ed archeologici14; e altrettanto la stessa legge aveva disposto anche per l’approvazione dei piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore generale15. La tutela del paesaggio si attuava dunque in parte attraverso la pianificazione urbanistica comunale, con una limitazione molto significativa dell’autonomia del comune nella pianificazione del proprio territorio: le modifiche d’ufficio per la tutela del paesaggio, infatti, potevano avere anche carattere sostanziale16. Ma per altra parte la tutela del paesaggio si realizzava, indipendentemente dalla disciplina urbanistica, a cura esclusiva dello Sato attraverso gli specifici provvedimenti previsti dalla l. 29 giugno 1939, n. 149717.

 

L’attuazione dell’ordinamento regionale tenne conto di questo doppio e parallelo regime di tutela. Furono allora trasferite alla Regioni ordinarie le sole funzioni in materia urbanistica compresa l’approvazione dei piani regolatori generali e dei piani particolareggiati18, ma non anche le funzioni di tutela paesaggistica disciplinate dalla l. 1497/1939, con la sola eccezione della redazione e dell’approvazione dei piani territoriali paesistici19, implicitamente considerati come piani essenzialmente urbanistici20. D’altra parte la Corte costituzionale respinse le censure di illegittimità costituzionale avanzate dalla Regione Liguria nei confronti del decreto di trasferimento delle funzioni per l’omissione del trasferimento delle funzioni di tutela paesaggistica proprio sul presupposto della delimitazione della materia dell’urbanistica, di competenza regionale, alla stregua della definizione datane dall’art. 1 della l. 1150/1942, secondo cui l’oggetto della legge urbanistica era l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati21. La giurisprudenza, sia amministrativa che ordinaria, continuò inoltre ad affermare, come già in precedenza, l’autonomia dell’autorizzazione paesaggistica dalla licenza edilizia, poi dalla concessione edilizia22.

 

La connessione, ma anche la distinzione, tra urbanistica e tutela del paesaggio venne inoltre riconosciuta, cinque anni dopo, anche in sede di completamento dell’ordinamento regionale. La materia dell’urbanistica fu definita allora in modo molto più ampio rispetto all’art. 1 della legge urbanistica, la l. 1150/1942, facendo riferimento alla «disciplina dell’uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente»23. Ciò nonostante le funzioni di tutela del paesaggio non vennero trasferite alle Regioni ma soltanto delegate loro, conservando all’amministrazione statale significativi poteri integrativi e di controllo24. Si riconosceva così la connessione della tutela del paesaggio con la materia urbanistica e tuttavia si confermava che la tutela del paesaggio non rientrava nelle competenze proprie delle Regioni ordinarie: non si poteva applicare il primo comma, dell’art. 118 Cost., sulle funzioni amministrative regionali proprie, ma si poteva applicare soltanto il secondo comma dello stesso art. 118 Cost., sulla delega di funzioni statali25.

 

La distinzione tra urbanistica e tutela del paesaggio era confermata, del resto, anche dall’ordinamento delle Regioni speciali, la cui autonomia legislativa è differenziata sia rispetto a quella delle Regioni ordinarie, sia tra le stesse Regioni speciali. La tutela del paesaggio compare infatti come materia autonoma, distinta dall’urbanistica, ma sempre rimessa alla potestà legislativa regionale esclusiva, negli statuti della Valle d’Aosta26, della Sicilia27 e del Trentino-Alto Adige, ove la materia è di competenza delle due Province di Trento e Bolzano28. Il Friuli-Venezia Giulia, invece, esercita in materia di paesaggio una diversa e minore potestà legislativa, di integrazione e attuazione della legislazione statale29. Infine il paesaggio non figura nello statuto della Regione Sardegna come materia di potestà legislativa regionale.

 

Oltre all’autonomia legislativa delle Regioni speciali, bisogna considerare anche la loro autonomia amministrativa, realizzata per la tutela del paesaggio in modo distinto dall’urbanistica.

 

Per la Valle d’Aosta il trasferimento alla Regione delle funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio è avvenuto in due fasi distinte, di cui la prima è addirittura antecedente all’autonomia legislativa della Regione. Nel 1946 fu infatti stabilito che le attribuzioni spettanti alle Sovrintendenze alle antichità e belle arti fossero esercitate dalla Valle d’Aosta con uffici e personale propri30. La Regione Valle d’Aosta pretese di disciplinare con propria legge anche le funzioni in materia di tutela del paesaggio spettanti a organi diversi dalla Soprintendenza, ma la legge regionale fu dichiarata costituzionalmente illegittima31. Le altre funzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di tutela del paesaggio sono state trasferite alla Regione Valle d’Aosta, senza eccezione alcuna, soltanto con le norme di attuazione dello statuto emanate nel 197832.

 

Per la Sicilia fino al 1975 sono mancate specifiche norme di attuazione dello statuto in materia di tutela del paesaggio. Tuttavia già nel 1962 la Corte costituzionale aveva chiarito che le attribuzioni nella materia, già di competenza dell’Alto commissario, dovevano intendersi trasferite al Presidente della Regione in veste di organo decentrato dello Stato, a sensi del d.lgs.C.p.S. 30 giugno 1947, n. 56733. Nel 1975, poi, le norme di attuazione dello statuto hanno devoluto alla competenza propria della Regione siciliana tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dell’amministrazione statale in materia di tutela del paesaggio (nonché di antichità, opere artistiche e musei)34. Conseguentemente sono passati alle dipendenze della Regione, entrando a far parete integrante della sua organizzazione amministrativa, gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali esistenti nella territorio della regione aventi competenza nelle materie trasferite35.

 

In Trentino-Alto Adige per tutti gli anni ’60 si ebbe di fatto un ordinamento differenziato tra le due province di Trento e Bolzano. In provincia di Trento, infatti, la tutela paesaggistica continuò a essere esercitata dalla Soprintendenza ai monumenti e gallerie di Trento. Per contro la Provincia autonoma di Bolzano, pur in mancanza di specifiche norme di attuazione dello statuto, emanò una propria disciplina normativa della materia36 e, sulla base di questa, si sostituì allo Stato nell’esercizio delle funzioni amministrative di tutela. Le censure di illegittimità costituzionale mosse nei confronti della legge provinciale di Bolzano, e motivate proprio dalla mancanza di norme di attuazione, furono rigettate dalla Corte costituzionale37; anche la Provincia di Trento disciplinò quindi la tutela del paesaggio, subentrando allo Stato nell’esercizio delle relative funzioni amministrative38. A seguito del nuovo statuto della Regione Trentino-Alto Adige del 197239 sono mancate specifiche norme di attuazione in materia di tutela del paesaggio. Le norme di attuazione relative alla tutela e alla conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare hanno tuttavia adeguato l’organizzazione amministrativa dello Stato al riparto delle funzioni anche per quanto riguarda la tutela del paesaggio, disponendo la soppressione della Soprintendenza ai monumenti e gallerie di Trento40.

 

Lo statuto della Sardegna attribuisce alla Regione potestà legislativa esclusiva in materia di edilizia e urbanistica41, ma non in materia di tutela del paesaggio. Tuttavia, analogamente a quanto già disposto nel 1972 per le Regioni ordinarie, nel 1975 con norme di attuazione dello statuto sono state trasferite alla Regione la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici42. In seguito, nuove norme di attuazione dello statuto, emanate nel 1979, hanno esteso alla Sardegna la soluzione già adottata dal d.P.R. 616/1977 per le Regioni ordinarie, disponendo in favore della Regione Sardegna la delega delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali e il trasferimento delle sezioni delle bellezze naturali delle Soprintendenze per i beni ambientali e architettonici, nonché delle commissioni provinciali per la tutela del paesaggio43. L’efficacia della delega, tuttavia, è stata subordinata all’entrata in vigore di una legge ordinaria per il finanziamento degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni, legge che è stata emanata solo quattro anni più tardi44: l’adeguamento della Sardegna al regime delle Regioni ordinarie è avvenuto quindi con una consistente dilazione temporale.

 

Per il Friuli-Venezia Giulia le prime norme di attuazione dello statuto, nel 1965, hanno trasferito alla Regione le funzioni amministrative in materia di urbanistica45, lasciando invariate le competenze statali in tema di tutela del paesaggio. Dieci anni dopo, in sede di adeguamento e integrazione di tali norme di attuazione, sono state trasferite alla Regione le funzioni amministrative previste, per le Regioni ordinarie, dall’art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, per la parte che già non le spettava in forza delle norme di attuazione precedenti46: la Regione ha quindi acquisito la competenza alla redazione e approvazione dei piani paesistici, competenza che alle Regioni ordinarie era stata riconosciuta già nel 1972. Altrettanto è avvenuto, ma con dieci anni di ritardo, per le funzioni di tutela paesaggistica delegate alle Regioni ordinarie dal d.P.R. 616/1977: nel 1987 la delega è stata estesa anche al Friuli-Venezia Giulia47 che dunque ha dovuto ancora attendere per ottenere il proprio adeguamento a quanto già stabilito per le Regioni ordinarie.

 

 

 

 

 

3. Tutela del paesaggio e ripartizione di potestà legislativa tra Stato e Regioni speciali.

 

 

 

Nel primo periodo di attuazione dell’ordinamento regionale la Corte costituzionale fu chiamata a decidere la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di legge regionale con le quali la Valle d’Aosta aveva dichiarato bellezza naturale e zona di particolare importanza turistica tutto il territorio regionale, senza alcuna discriminazione48. La Corte costituzionale accolse la questione, ritenendo che le disposizioni impugnate violassero il principio del giusto procedimento, un principio dell’ordinamento giuridico dello Stato che costituiva un limite anche per la potestà legislativa esclusiva della Regione in materia di paesaggio49.

 

Il principio del giusto procedimento, peraltro, costituisce un limite solo per la potestà legislativa regionale, non per la potestà legislativa dello Stato. La dichiarazione ex lege di interesse paesaggistico, preclusa alla legge regionale della Valle d’Aosta, è stata quindi possibile, oltre vent’anni dopo, per intere categorie di beni per un provvedimento normativo statale, il c.d. decreto Galasso, emanato nella forma di decreto-legge50, dopo che un provvedimento amministrativo tendente allo stesso risultato (e ugualmente denominato decreto Galasso51) era stato parzialmente annullato dal tribunale amministrativo regionale del Lazio52.

 

Il decreto Galasso ha confermato la connessione tra urbanistica e tutela del paesaggio, pur nella distinzione tra le due materie, ammettendo l’equivalenza tra piani paesistici e piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali53, e ha assunto grande rilevanza anche nei rapporti fra Stato e Regioni speciali. La legge di conversione ha infatti stabilito che le disposizioni dell’art. 1 del decreto-legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, idonee dunque a limitare anche la potestà legislativa esclusiva in materia di paesaggio delle Regioni Valle d’Aosta e Sicilia e delle Province autonome di Trento e Bolzano54.

 

La Corte costituzionale, chiamata a giudicare varie questioni relative al decreto Galasso, ha confermato ancora che la tutela del paesaggio non è assorbita nella materia dell’urbanistica, di competenza regionale55, ha attribuito alla tutela del paesaggio il carattere di valore primario, insuscettibile di essere subordinato a qualsiasi altro, ha dato rilievo al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni per il perseguimento della tutela paesaggistica, ha riconosciuto il carattere di grande riforma economico-sociale della Repubblica nella nuova disciplina e ha quindi dichiarato infondate le censure mosse al decreto dalla Regione Valle d’Aosta e dalle Province di Trento e Bolzano, le quali avevano lamentato la lesione della loro potestà legislativa primaria56.

 

Ma, per quanto concerne specificamente la Sardegna, bisogna ricordare anche un conflitto di attribuzioni sorto a seguito di un ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale della Regione Sardegna il 27 luglio 1995, con il quale si era deciso di considerare definitivi i provvedimenti emanati nell’esercizio delle funzioni amministrative delegate in materia paesistica e di impegnare la Giunta regionale a adottare comportamenti conseguenti con il Ministero per i beni culturali e ambientali, mutando la prassi seguita in precedenza. La Corte ha accolto il ricorso57 confermando che il paesaggio costituisce, nel nostro sistema costituzionale, un valore etico-culturale che trascende la competenza della Regione in materia urbanistica e nella cui realizzazione sono impegnate tutte le pubbliche amministrazioni e, in primo luogo, lo Stato e le Regioni, ordinarie o speciali, in un vincolo reciproco di cooperazione leale58. La sentenza ha respinto la tesi che, vertendosi in materia di funzioni amministrative delegate, i provvedimenti regionali sarebbero stati da considerare definitivi e, in quanto tali, non soggetti a riesame, rilevando per contro che il regime giuridico dei provvedimenti regionali in materia paesaggistica era definito esaustivamente dall’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 (di conversione in legge del decreto Galasso), il quale poneva l’obbligo di comunicazione di tali provvedimenti al Ministero per i beni culturali e ambientali, proprio ai fini dell’esercizio dei poteri di controllo. La sentenza ha ricordato la giurisprudenza costituzionale secondo cui i poteri ministeriali previsti dalla l. 431 del 1985 sono posti a estrema difesa dei vincoli paesaggistici e, come tali, costituiscono parte di una disciplina qualificabile, per la diretta connessione con il valore costituzionale primario della tutela del paesaggio (art. 9 Cost.), come norme fondamentali di riforma economico-sociale, in conformità, del resto, alla esplicita e, in questo caso, pertinente autoqualificazione contenuta nell’art. 2 della stessa legge59. E come le disposizioni legislative statali che prevedono doveri di comunicazione e poteri ministeriali di controllo non possono essere derogate, modificate o sostituite da leggi regionali, così, a maggior ragione, non possono essere violate dalla Regione nell’esercizio di potestà amministrative delegate. Tanto meno ne può essere resa dubbia l’effettività dal Consiglio regionale che, insieme agli altri organi direttivi della Regione, è destinatario di un dovere costituzionale di lealtà verso lo Stato. A tutela della Regione, la sentenza ha soltanto riconosciuto che il principio di leale cooperazione non opera in modo unidirezionale: al dovere della Regione di comunicare immediatamente i provvedimenti adottati e la documentazione sulla quale essi si fondano, corrisponde il dovere dello Stato di non determinare ingiustificati aggravamenti del procedimento con richieste di documentazione pretestuose, dilatorie o tardive, suscettibili di menomare l’esercizio delle attribuzioni regionali interferenti con la tutela del paesaggio.

 

 

 

 

 

4. La riforma costituzionale del 2001 e la giurisprudenza costituzionale.

 

 

 

Dieci anni fa la legge costituzionale di riforma del titolo quinto della parte seconda della Costituzione ha profondamente rinnovato la ripartizione di potestà legislativa tra Stato e Regioni60. Lo Stato ha ora potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali61; alle Regioni è riconosciuta una potestà legislativa concorrente in materia di valorizzazione dei beni culturali e ambientali62. La riforma riguarda le Regioni ordinarie ma anche le Regioni speciali e le Province autonome di Trento e Bolzano alle quali le disposizioni della legge costituzionale si applicano, fino all’adeguamento dei rispettivi statuti, per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già loro attribuite63.

 

Il nuovo quadro costituzionale conseguente alla riforma del 2001 ha costituito una delle motivazioni per la sostituzione del testo unico delle disposizioni legislative sui beni culturali e ambientali del 199964 col nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, il quale ha rinnovato la disciplina della pianificazione paesaggistica65. I piani paesaggistici riguardano non soltanto le aree soggette a vincolo (imposto in via amministrativa o ex lege), ma tutto il territorio e devono contenere anche previsioni e prescrizioni ordinate alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate66, quindi aree che hanno perso il loro originario valore paesaggistico. I piani paesaggistici inoltre sono stati posti in posizione giuridica sovraordinata rispetto alle altre pianificazioni, compresa quella urbanistica: le loro previsioni non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione a incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette67.

 

Ma conviene concentrare l’attenzione sulla giurisprudenza costituzionale in tema di paesaggio successiva alla riforma, con particolare riferimento alle Regioni speciali68.

 

In una sentenza concernente la l.r. Sardegna 25 novembre 2004, n. 869, la Corte ha riconosciuto che la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale. La Regione Sardegna, inoltre, sulla base del trasferimento di funzioni disposto dalle norme di attuazione dello statuto speciale contenute nel d.P.R. n. 480/1975, aveva già previsto e disciplinato i piani territoriali paesistici nell’esercizio della propria potestà legislativa in tema di edilizia e urbanistica con la l.r. 45/1989, solo in parte modificata dalla legge impugnata, particolarmente per ciò che concerne il recepimento nella Regione Sardegna del modello di pianificazione paesaggistica fondato sul piano urbanistico-territoriale, contemplato nell’art. 135, comma 1, del Codice dei beni culturali70. La Corte ha quindi respinto il ricorso del Governo71. Si noti al riguardo che la sentenza non ha riconosciuto alla Regione Sardegna potestà legislativa esclusiva in materia d tutela del paesaggio: essa ha invece riconosciuto che la stessa Regione, in esercizio della sua potestà legislativa esclusiva in materia di urbanistica e nel rispetto dei relativi limiti statutari, può intervenire anche a tutela del paesaggio. La sentenza costituisce dunque conferma di quanto esposto al paragrafo 2: il paesaggio si presta a essere tutelato in sede di pianificazione urbanistica oltre che con gli strumenti normativi per esso specificamente previsti72.

 

Un’altra sentenza della Corte costituzionale ha confermato che la legge Galasso, oggi trasfusa nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, contiene norme fondamentali di riforma economico-sociale, idonee a limitare la specifica potestà legislativa in materia di paesaggio, che pure ha carattere esclusivo o primario, attribuita alla Regione Valle d’Aosta dal relativo statuto73; la sentenza dunque non ha disconosciuto la potestà legislativa della Valle d’Aosta, ma ha fatto valere un limite statutario al suo legittimo esercizio. Questa sentenza è particolarmente interessante perché ha accolto la questione di legittimità costituzionale di una disposizione di legge regionale della Valle d’Aosta che sottraeva i laghi artificiali ai divieti di edificazione per una fascia di profondità di cento metri dalle sponde74. La sentenza ha osservato che l’art. 142 del Codice dei beni culturali, come già la legge Galasso, non distingue, ai fini della tutela paesaggistica, tra laghi naturali e laghi artificiali, con ciò dovendo intendersi che anche questi ultimi sono in essa ricompresi in quanto possono costituire realtà significative sotto il profilo naturale, estetico e culturale; un’implicita equiparazione tra laghi naturali e artificiali a fini di protezione ambientale è stata desunta anche da altre fonti normative75.

 

Si ricordano, infine, due sentenze relative alla Provincia di Trento e alla Regione Friuli-Venezia Giulia, dotate di potestà legislativa di diversa natura in tema di paesaggio.

 

La Corte ha censurato il nuovo testo dell’art. 131, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio introdotto da una modifica del 200876, secondo cui «Salva la potestà esclusiva dello Stato di tutela del paesaggio quale limite all’esercizio delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano sul territorio, le norme del presente Codice definiscono i princìpi e la disciplina di tutela dei beni paesaggistici». La disposizione era considerata lesiva della potestà legislativa esclusiva della Provincia in materia di tutela del paesaggio77, potestà che pure lo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio aveva salvaguardato all’art. 8, tenendo ferme nelle materie da esso disciplinate le potestà attribuite alle Regioni speciali e alle Province autonome di Trento e Bolzano. Del resto già in precedenza, sia pure pronunciandosi in riferimento allo smaltimento dei rifiuti, la Corte aveva fatto salva la potestà legislativa della Provincia di Bolzano in materia di tutela del paesaggio anche a fronte della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente78. La sentenza quindi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata nella parte in cui includeva le Province autonome di Trento e di Bolzano tra gli enti territoriali soggetti al limite della potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.79.

 

La Regione Friuli-Venezia Giulia, per contro, ha solo una potestà legislativa di integrazione e attuazione delle leggi statali in tema di paesaggio80. La Corte costituzionale ha esaminato le disposizioni di legge regionale con cui la Regione aveva modificato la decorrenza del termine fissato dal Codice per la piena applicazione della procedura autorizzatoria disciplinata dall’art. 146, prorogando l’applicabilità della disciplina transitoria prevista dall’art. 159 dello stesso Codice oltre il termine fissato dalla legislazione statale e fino all’adeguamento degli strumenti comunali di pianificazione al piano paesaggistico regionale. La Corte ha rilevato che in tal modo si determinava un’illegittima riduzione della tutela del paesaggio imposta dalla legislazione statale. Infatti, la fissazione di un termine massimo, entro il quale deve concludersi la fase transitoria e deve trovare piena applicazione la nuova procedura, assume un valore determinante perché garantisce l’effettiva attuazione della nuova normativa anche con riferimento all’applicazione dei nuovi strumenti di pianificazione paesaggistica. Inoltre, entro il medesimo termine, le Regioni hanno l’obbligo di verificare la sussistenza, in capo ai soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti dall’art. 146, comma 6, a pena, in caso di mancato adempimento, dell’automatica decadenza delle deleghe. La disposizione regionale impugnata non poteva pertanto essere ricondotta alla potestà legislativa integrativo-attuativa in materia di tutela del paesaggio prevista dall’art. 6 dello statuto speciale di autonomia del Friuli-Venezia Giulia in quanto determinava una inammissibile modifica, per di più in senso riduttivo, della tutela del paesaggio imposta dalla legislazione statale, cosicché la Corte ha dichiarato la sua illegittimità costituzionale81.

 

Ma la sentenza più importante in tema di tutela del paesaggio è stata pronunciata dalla Corte costituzionale con riferimento alle Regioni ordinarie, dopo le modifiche del 2006 al Codice dei beni culturali e del paesaggio, per la parte relativa al paesaggio82. La sentenza è stata in seguito ripetutamente richiamata dalla stessa Corte (da ultimo anche dalla recente sentenza n. 309/2011 ricordata all’inizio), e deve quindi essere considerata un leading-case83. La Corte ha affermato che il paesaggio costituisce un valore primario e assoluto. L’oggetto tutelato non è il concetto astratto delle bellezze naturali, ma l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso e unitario e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni. Questi due tipi di tutela ben possono essere coordinati fra loro ma debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell’art. 118 Cost., proprio a forme di coordinamento e di intesa e ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l’osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dall’art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la possibilità per le Regioni di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali e ambientali e con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi approvato con provvedimento regionale; la tutela del paesaggio, che è dettata dalle leggi dello Stato, trova dunque la sua espressione nei piani territoriali a valenza ambientale o nei piani paesaggistici.

 

Un aspetto interessante, ma non pienamente persuasivo, della stessa sentenza è la decisione della censura mossa dalla Regione Toscana nei confronti dell’art. 26 del d.lgs. n. 157 del 2006, impugnato per avere esteso il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza anche per motivi di merito, in violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. La sentenza, ancorché formalmente di rigetto su questo punto, ha soddisfatto l’interesse della Regione ricorrente: essa, infatti, ha affermato che la norma denunciata non attribuisce all’amministrazione statale un potere di annullamento del nulla-osta paesaggistico per motivi di merito, così da consentire alla stessa amministrazione di sovrapporre una propria valutazione a quella di chi ha rilasciato il titolo autorizzativo, ma prevede un controllo di mera legittimità che peraltro può riguardare tutti i possibili vizi, tra cui anche l’eccesso di potere. Sul punto la sentenza ha confermato la posizione assunta, in riferimento alla disciplina antecedente, dalla giurisprudenza amministrativa84; l’interpretazione, tuttavia, non appare congruente con l’insistita premessa del paesaggio come valore primario e assoluto. Quella premessa, infatti, ben avrebbe giustificato, se non addirittura imposto, la soluzione interpretativa opposta, pienamente compatibile con il testo della disposizione impugnata (tanto da essere stata prospettata dalla Regione), e il rigetto della relativa questione di costituzionalità. La decisione inoltre non si accorda bene con una non lontana sentenza della stessa Corte che aveva configurato il potere statale di annullamento delle autorizzazioni paesistiche come espressione di un sistema di concorrenza di poteri, nel quale l’annullamento è collegato alla valutazione discrezionale di esigenze di “estrema difesa del vincolo paesistico” e costituisce sempre una fase di secondo grado rispetto a una autorizzazione regionale perfetta ed efficace, nella quale vi è la possibilità di introdurre documentazione ed elementi di fatto ulteriori rispetto all’istruttoria regionale; questa speciale fase di secondo grado si caratterizza per l’autorità (statale) diversa da quella di primo grado (regionale), con un diverso responsabile del procedimento con poteri anche istruttori85. Questo precedente di giurisprudenza della Corte lasciava immaginare la soluzione opposta, tenuto conto che il potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche non è stato toccato nei suoi tratti essenziali dalla nuova disciplina introdotta dal Codice dei beni culturali e dal successivo decreto legislativo correttivo: la possibilità di introdurre documentazione ed elementi di fatto ulteriori rispetto all’istruttoria regionale si giustifica meglio per un potere di annullamento esteso a ragioni di merito (ossia a ragioni di opportunità in relazione alle specifiche circostanze del caso) che non per un potere di annullamento per soli motivi di legittimità. Sarà peraltro difficile che la questione possa tornare all’esame della Corte costituzionale, mentre si può presumere che la giurisprudenza amministrativa troverà ulteriore conforto nella sentenza considerata; la questione, del resto, riguarda soltanto il regime transitorio dell’autorizzazione paesaggistica, ormai definitivamente conclusosi il 31 dicembre 200986.

 

Nel 2008 la Corte costituzionale ha pronunciato un’altra importante sentenza sulla pianificazione paesaggistica. Il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva impugnato la legge regionale piemontese sul Parco fluviale Gesso e Stura nella parte in cui stabiliva che il piano d’area del parco è efficace anche per la tutela del paesaggio ai fini e per gli effetti di cui all’art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (e ai sensi dell’art. 2 della l.r. 3 aprile 1989, n. 20, in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici)87. Il ricorso denunciava che l’attribuzione al piano d’area del valore anche di piano per la salvaguardia del paesaggio del territorio del Parco avrebbe pregiudicato la sovraordinazione funzionale, ovvero la prevalenza, della pianificazione paesaggistica rispetto non solo alla pianificazione territoriale e urbanistica degli enti territoriali, ma anche agli atti di pianificazione a incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette, come disposto dai principi fondamentali di cui al d.lgs. 42 del 2004. A questa censura la Regione replicava sostenendo che il piano d’area del parco88 non è un semplice atto di pianificazione dell’ente gestore, ma è un piano della Regione che lo approva; esso è quindi strumento di pianificazione paesaggistica regionale, prevale sulla strumentazione urbanistica e territoriale locale di qualsiasi tipo sostituendosi ad essa, e non è recessivo rispetto ad esigenze diverse da quelle paesaggistiche. Il ricorso del Governo è stato accolto dalla Corte, la quale ha dato rilievo al principio di prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici, posto dall’art. 145, comma 3, del Codice dei beni culturali, e ulteriormente rinforzato dalle modifiche al codice introdotte, dopo il deposito del ricorso, dal d.lgs. 26 marzo 2008, n. 6389. La sentenza, richiamando la sentenza n. 367 del 2007, prima citata, ha ribadito la distinzione tra gli interessi concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e gli interessi riguardanti il governo del territorio e la valorizzazione di beni culturali e ambientali, attribuiti dall’art. 117, terzo comma, Cost. alla potestà legislativa concorrente. La sentenza ha quindi dichiarato illegittima la disposizione impugnata, riscontrando nella sostituzione del piano d’area del parco Stura al piano paesaggistico un’alterazione dell’ordine di prevalenza che la normativa statale, alla quale è riservata tale competenza, detta tra gli strumenti di pianificazione paesaggistica. Secondo la sentenza l’art. 145, comma 3, del Codice dei beni culturali ha una duplice funzione: è norma interposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., ed esprime un principio fondamentale ai sensi del terzo comma dello stesso art. 117, in riferimento alla materia del governo del territorio. Ancora una volta la Corte costituzionale ha riconosciuto rapporti di connessione di distinzione tra le due materie della tutela del paesaggio e del governo del territorio.

 

Il principio della subordinazione dei piani di gestione delle aree protette istituite con legge regionale ai piani paesaggistici è stato confermato anche in relazione a una disposizione, analoga a quella piemontese sul parco fluviale Gesso e Stura, di una legge della Regione Lazio sul parco naturale regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi90. In questo caso il giudizio si è concluso con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere solo perché la disposizione impugnata era stata successivamente modificata in modo da renderla conforme al Codice dei beni culturali e del paesaggio e non aveva avuto applicazione medio tempore91.

 

Da ultimo il principio è stato ribadito ancora in relazione alla Regione Piemonte, che ha approvato un testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità92. L’art. 26 della nuova legge regionale piemontese prevedeva, per le aree naturali protette classificate parco naturale o zone naturali di salvaguardia, la redazione di un piano di area con valore di piano territoriale regionale in sostituzione delle norme difformi dei piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello; essa attribuiva ai piani naturalistici valore di piani di gestione dell’area protetta e stabiliva che le norme in essi contenute fossero vincolanti ad ogni livello. Alla Corte è bastato il richiamo ai suoi precedenti del 2008 per dichiarare l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, le quali contrastavano con l’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004, il quale pone il principio della prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione ad incidenza territoriale posti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette93.

 

Il senso di questo orientamento della Corte costituzionale appare chiaro: non è consentito alle Regioni integrare la pianificazione paesaggistica nei piani d’area dei parchi regionali, anche se questi piani siano soggetti ad approvazione regionale e siano destinati a sostituire la strumentazione territoriale ed urbanistica di qualsiasi livello, escludendo un problema di rapporti tra la pianificazione paesaggistica regionale, realizzata per i parchi regionali attraverso relativi piani d’area, e pianificazioni diverse. Occorre invece una pianificazione paesaggistica specifica, secondo la disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con carattere prevalente sui piani d’area dei parchi regionali.

 

La Corte costituzionale ha deciso, in un coerente sviluppo della sua giurisprudenza, anche il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri avverso alcune disposizioni della legge regionale della Liguria sull’istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri94. Il ricorso censurava in particolare la disposizione che affidava al piano del parco l’individuazione degli interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995, nonché le ipotesi di acquisizione dello stesso nulla osta mediante autocertificazione di un tecnico a ciò abilitato, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. nonché con gli artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, che stabiliscono contenuti e finalità dei piani paesistici, tenuto conto che l’art. 146 del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004 stabilisce la preminenza dell’autorizzazione paesaggistica rispetto agli atti di assenso relativi alle trasformazioni di tipo urbanistico-edilizio del territorio. La Corte ha riconosciuto la fondatezza della censura, per l’attenuazione o, addirittura, la scomparsa della tutela paesistica che la disposizione determinava, anche in considerazione dell’attribuzione al piano del parco del compito della tutela paesaggistica95.

 

A queste decisioni ben si collega un’altra sentenza relativa non alla pianificazione, bensì al controllo sulle singole iniziative di trasformazione del territorio. La Corte ha deciso la questione di legittimità costituzionale di disposizioni di legge regionale della Basilicata96 che prevedevano la semplice verifica di conformità alle prescrizioni dei piani paesistici: queste disposizioni introducevano una procedura autorizzatoria semplificata consentita, alla stregua di quanto prevede l’art. 143, comma 5, lettere a) e b), del d.lgs. n. 42 del 2004, soltanto a seguito di un piano elaborato d’intesa tra Regione e Ministeri competenti, degradando, in tal modo, la tutela paesaggistica, che è prevalente, in una tutela meramente urbanistica97.

 

Ancora, la Corte ha deciso il ricorso del Governo contro una disposizione di legge regionale della Puglia in tema di gestione del demanio marittimo la quale aveva consentito il mantenimento per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attività turistico-ricreativa e già autorizzate per il mantenimento stagionale, anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica98. Il ricorso del Governo denunciava la violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione all’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che assoggetta ad autorizzazione paesaggistica le modificazioni degli immobili e delle aree tutelate per legge, tra cui rientrano i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia99. La Corte ha accolto il ricorso100, ricordando i precedenti secondo cui la tutela ambientale e paesaggistica ha per oggetto un bene complesso ed unitario che costituisce un valore primario e assoluto e rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato101. Le leggi regionali emanate nell’esercizio della potestà concorrente o residuale possono assumere tra i propri scopi anche indirette finalità di tutela ambientale102, ma non possono introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale, tra cui va annoverata l’autorizzazione paesaggistica, mentre la norma impugnata consentiva il mantenimento delle opere precarie da essa considerate oltre il periodo autorizzato in relazione alla durata della stagione balneare in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica.

 

 

 

 

 

5. Conclusioni.

 

 

 

La tutela del paesaggio ha risentito dell’attuazione dell’ordinamento regionale e delle differenze tra Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni a statuto speciale, secondo le particolarità di ciascuna di esse.

 

L’analisi svolta mostra, tuttavia, una fondamentale linea di continuità nel tempo, senza radicali alterazioni a seguito della riforma costituzionale del 2001, ma con la conferma di alcuni caratteri ripetutamente messi in evidenza. La tutela del paesaggio vede un ruolo proprio delle Regioni anche perché interseca anche le competenze regionali e locali relative all’urbanistica, e ora al governo del territorio, ma rimane sempre contrassegnata per tutte le Regioni, non solo quelle ordinarie ma anche quelle speciali comprese quelle dotate in materia di paesaggio di potestà legislativa primaria, da un ruolo, sia legislativo sia amministrativo, dello Stato, in un delicato equilibrio che ha richiesto tante decisioni della Corte costituzionale volte a definire i confini e i limiti dei poteri dello Stato e delle Regioni.

 

Risulta difficile per un giurista esprimere in una formula breve e riassuntiva i problemi posti, per questa materia, da un ordinamento contrassegnato da un pluralità di livello di governo, problemi sui quali è stato pubblicato di recente un saggio vibrante, opera di un autore che non è un giurista per formazione di studi, ma che per il suo impegno, anche di carattere giuridico, per il paesaggio ha ricevuto due lauree honoris causa in giurisprudenza103.

 

Il confronto con i non giuristi è sempre illuminante e allora si può concludere chiamando in soccorso, con alcuni adattamenti, una frase di una grande personalità della letteratura e più in generale della cultura europea del diciannovesimo secolo: «Il y a deux choses dans un édifice: son usage et sa beauté. Son usage appartient au propriétaire, sa beauté à tout le monde, à vous, à moi, à nous tous. Donc, le détruire c’est dépasser son droit»104. Victor Hugo scriveva queste parole nel 1832 in riferimento alla distruzione dei monumenti e considerando i proprietari dei beni105. Il concetto espresso da quelle parole può essere adattato, con uno slittamento di senso, al paesaggio e ai rapporti tra autonomie regionali e locali e Stato. Secondo l’ordinamento vigente il paesaggio non appartiene soltanto al Comune e alla Regione, nel senso che non rientra in via esclusiva nelle loro competenze, ma costituisce un valore di rilievo nazionale, e quindi la sua tutela, pur senza escludere un livello di intervento locale e regionale, postula in ogni caso un ruolo dello Stato.

 

 

 

1(*) Professore associato di Diritto urbanistico nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano.

 

[1] L.r. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, art. 27, comma 1, lettera d), e art. 103.

 

2 V. l’art. 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato col d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni e integrazioni

 

3 D.P.R. 380/2001, art. 3, comma 1, lett. d). Importanti chiarimenti sull’inclusione dell’intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia sono stati offerti dalla Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 7 agosto 2003, n. 4174, Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia, in Gazz. Uff. n. 274 del 25 novembre 2003, anche con richiamo agli orientamenti giurisprudenziali antecedenti.

 

4 L’art. 103, comma 1, della l.r. Lombardia 12/2005 aveva disposto la cessazione della diretta applicazione nel territorio della Regione di varie disposizioni del d.P.R. 380/2001, tra cui appunto l’art. 3, a seguito dell’entrata in vigore della stesa legge. Si osserva al riguardo che impropriamente la rubrica dell’art. 103 reca Disapplicazione di norme statali: la disapplicazione di norme di legge riguarda unicamente il rapporto tra fonti normative interne e fonti comunitarie, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale con la decisione comunemente nota come sentenza Granital (Corte cost., 8 giugno 2004, n. 170). Il rapporto tra nuove disposizioni di legge regionale e precedenti disposizioni di dettaglio statali si pone invece in termini di cessazione di applicabilità di queste ultime, giacché le disposizioni di dettaglio statali non sono abrogate ma rimangono in vigore con efficacia territorialmente limitata alle altre Regioni che non abbiano emanato propria disciplina. La rubrica dell’art. 103 non è dunque coerente con il testo dell’art. 103, comma 1, che invece è corretto.

 

5 Corte cost., 23 novembre 2011, n. 309, sulla quale v. A. Celotto, I “pericoli” dell’interpretazione conforme a Costituzione, in Giustizia amministrativa, 2011, n. 12, sul web all’indirizzo http://www.giustamm.it; P. Urbani, I principi fondamentali della materia: strumento di bilanciamento degli interessi statali nella disciplina concorrente del governo del territorio, ivi; S. Maini, Edilizia privata: sui limiti della demolizione con ricostruzione decide, comunque, soltanto lo Stato. Verso la demo-ricostruzione “pesante”? (considerazioni a margine di Corte costituzionale, sentenza 21-23 novembre 2011, n. 309, in Lexitalia, 2011, n. 12, sul web all’indirizzo http://www.lexitalia.it.

 

6 Corte cost., 1° dicembre 2003, n. 303, punto 11.2 del Considerato in diritto.

 

7 V. l’art. 5, commi 9 e ss., del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106, che ha regolato gli interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamenti di volumetria e adeguamenti di sagoma.

 

8 Il testo completo della relazione al disegno di legge n. 204 è pubblicato in Camera dei Deputati, Servizio studi legislazione inchieste parlamentari, Ricerca sui beni culturali, I, Roma, 1975, 27 ss., nonché nella Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, tra i Documenti storici, sul web, all’indirizzo http://rivista.ssef.it/site.php?page=20040913091214766&edition=2010-02-01.

 

9 Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367, punto 7.1 del Considerato in diritto.

 

10 Sui problemi di carattere generale, quali il ruolo delle leggi regionali, i rapporti tra leggi statali e leggi regionali, la potestà legislativa di Stato e Regioni nel nuovo art. 117 Cost., la nuova ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, la definizione delle materie di competenza regionale e l’individuazione dei princìpi fondamentali, si rinvia a A. Roccella, La pianificazione urbanistico-paesaggistica del territorio tra normativa statale e legislazione regionale, relazione svolta all’incontro di studio organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura su I crimini ambientali: rifiuti, paesaggio e violazioni urbanistiche, Roma 20-22 settembre 2010, in Lexambiente.it, sul web all’indirizzo http://www.lexambiente.it/urbanistica/184/6657-urbanistica-pianificazione-urbanistico-paesaggistica.html. Non ha diretta incidenza sui problemi trattatati in questa sede la Convenzione europea sul paesaggio fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la l. 9 gennaio 2006, n. 14. In generale sul sistema di protezione del paesaggio si veda, da ultimo, S. Amorosino, Introduzione al diritto del paesaggio, Roma-Bari, Laterza, 2010.

 

11 Dopo la legge speciale promossa da Luigi Rava per la tutela della pineta di Ravenna (l. 16 luglio 1905, n. 411), la prima legge generale di tutela del paesaggio è stata la l. 11 giugno 1922, n. 778 (ricordata dalla Corte costituzionale nella sentenza ricordata all’inizio e citata alla nota Errore: sorgente del riferimento non trovata), poi sostituita dalla l. 29 giugno 1939, n. 1497, alla quale fece seguito il regolamento approvato col r.d. 3 giugno 1940, n. 1357. Invece l’urbanistica ha avuto la sua prima disciplina di carattere generale soltanto con la l. 17 agosto 1942, n. 1150.

 

12 V. Corte cost., 29 maggio 1968, n. 55, per i vincoli urbanistici di piano regolatore generale: id., 29 maggio 1968, n. 56, per i vincoli paesaggistici. Sulle due sentenze è sempre illuminante e attuale l’intervista di E. Capecelatro all’allora presidente della Corte costituzionale, Aldo Sandulli, pubblicata col titolo Urbanistica e Costituzione in L’astrolabio, n. 27 del 7 luglio 1968.

 

13 Corte cost., 1° luglio 1969, n. 136, in Giur. cost., 1969, 1802; id., 20 febbraio 1973, n. 9, in Foro it., 1973, I, 971.

 

14 V. il nuovo testo dell’art. 10, secondo comma, lett. c), l. 17 agosto 1942, n. 1150, risultante a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 3 l. 6 agosto 1967, n. 765.

 

15 V. l’art. 16, sesto comma, l. 1150/1942, nel testo risultante dalla modifica disposta dall’art. 5 l. 765/1967.

 

16 V. Cons. St., IV, 22 ottobre 1974, n. 668, in V. Angiolini, C. Marzuoli, A. Roccella, D. Sorace, A. Travi, Materiali per un corso di diritto urbanistico3, Torino, Giappichelli, 1999, 177; in seguito v. Cons. St., IV, 13 gennaio 1981, n. 5, in Riv. giur. edilizia, 1981, I, 663; da ultimo v. Cons. St., IV, 1° dicembre 2011, n. 6349.

 

17 La giurisprudenza amministrativa ammetteva tuttavia che il piano regolatore generale potesse contenere vincoli diretti alla tutela paesaggistica anche più restrittivi di quelli imposti ai sensi della l. 1497/1939: Cons. St., IV, 23 marzo 1987, n. 165, in V. Angiolini, C. Marzuoli, A. Roccella, D. Sorace, A. Travi, Materiali per un corso di diritto urbanistico3, cit., 197 ss.; Cons. St., IV, 22 ottobre 1974, n. 668, citata alla nota Errore: sorgente del riferimento non trovata.

 

18 D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 1, secondo comma, lett. d) e g).

 

19 D.P.R. 8/1972, art. 1, quarto comma, sul quale v. Cons. St., I, parere 17 ottobre 1975, n. 2810/74, in Foro amm., 1977, I, 2681. I piani paesistici erano disciplinati dall’art. 5 l. 1497/1939.

 

20 Il trasferimento delle funzioni relative ai piani paesistici veniva considerato un’eccezione inesplicabile, proprio sul presupposto che si trattasse di piani non urbanistici, da F.C. Rampulla, Prime valutazioni in ordine al governo del territorio-ambiente ed alle opere pubbliche nel D.P.R. 616/1977, in Notiz. giur. reg., 1978, 124.

 

21 Corte cost., 24 luglio 1972, n. 141, in Foro it., 1972, I, 3348. Nello stesso senso v. anche Corte cost., 20 febbraio 1973, n. 9, ivi, 1973, I, 971, con nota di M.P. Chiti, Tutela del paesaggio e programmazione territoriale.

 

22 V. Cons. St., IV, 25 maggio 1979, n. 266, in Riv. giur. edilizia, 1979, I, 351; id., 16 giugno 1978, n. 741, ivi, 1978, I, 550; id., 17 gennaio 1978, n. 76, ibidem, 101; Cass., III pen., 3 maggio 1973, ric. Fontanini, in Giur. it., 1975, II, 88; Cons. St., V, 28 luglio 1972, n. 608, in Riv. giur. edilizia., 1973, I, 172; Cass., sez. un. civ., 8 febbraio 1972, n. 310, in Giust. civ., 1972, I, 685.

 

23 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 80.

 

24 D.P.R. 616/1977, art. 82.

 

25 Conseguentemente la Corte costituzionale ha negato la propria giurisdizione in tema di conflitti tra Stato e Regioni relativi alle funzioni di tutela paesaggistica: Corte cost., 21 dicembre 1985, n. 359; id., 2 giugno 1986, n. 152, in Foro it., 1986, I, 2690; id., 12 dicembre 1988, n. 1112, in Giur. cost., 1988, 5407.

 

 

 

26 Art. 2, lett. q), st. Valle d’Aosta. La lett. g) dello stesso art. 2 prevede invece la materia «urbanistica, piani regolatori per zone di particolare importanza turistica».

 

27 Art. 14, lett. n), st. Sicilia.

 

28 Si veda lo statuto originario del Trentino-Alto Adige,approvato con la l.c. 26 febbraio 1948, n. 5, art. 11, n. 7; v. poi il testo vigente dello statuto, approvato col d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 8, n. 6. La materia «urbanistica e piani regolatori» figurava all’art. 11, n. 6, dello statuto del 1948 e si trova ora all’art. 8, n. 5, dello statuto vigente.

 

29 Art. 6, lett. c), st. Friuli-Venezia Giulia.

 

30 D.lgs.C.p.S. 23 dicembre 1946, n. 532, recante Devoluzione alla Valle d’Aosta di alcuni servizi (ratificato, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, con la l. 17 aprile 1956, n. 561), art. 5, su cui v. Tar Valle d’Aosta, 16 dicembre 1974, n. 47, in Trib. amm. reg., 1975, I, 49; Cons. St., V, 17 aprile 1973, n. 409, in Cons. Stato, 1973, I, 593; id., VI, 30 gennaio 1951, n. 37, in Foro amm., 1951, I, 3, 133. Si ricorda che già prima del d.lgs.C.p.S. 532/1946, il d.lgs.lgt 7 settembre 1945, n. 545, recante Ordinamento amministrativo della Valle d’Aosta, aveva attribuito alla Valle d’Aosta competenza amministrativa per la tutela del paesaggio (art. 12, n. 9).

 

31 Corte cost., 30 maggio 1963, n. 76, in Giur. cost., 1963, 629 ss., con osservazione critica di V. Crisafulli, In tema di trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative, 634 ss.

 

32 L. 16 maggio 1978, n. 196, art. 16. La stessa legge ha disposto il trasferimento alla Regione delle funzioni esercitate dal provveditorato regionale per le opere pubbliche per il Piemonte nei confronti della Valle d’Aosta inerenti alle funzioni amministrative della Regione (art. 7, quarto comma),

 

33 Corte cost., 7 luglio 1962, n. 83, in Giur. cost., 1962, 907. La Corte estendeva così alla tutela del paesaggio la soluzione che la giurisprudenza amministrativa aveva affermato per la tutela dei beni di interesse storico-artistico: cfr. Cons. St., VI, 30 dicembre 1959, n. 1049, in Cons. Stato, 1959, I, 1783; id., 7 dicembre 1960, n. 1051, ivi, 1960, I, 2382. Questa giurisprudenza amministrativa aveva così corretto un diverso iniziale orientamento: Cons. St., VI, 17 ottobre 1956, n. 697, in Cons. Stato, 1956, I, 1262; id., 10 dicembre 1958, n. 919, ivi, 1958, I, 1523. Conformemente alla citata sentenza della Corte costituzionale v., in seguito, Csi, 3 dicembre 1982, n. 76, in Cons. Stato, 1982, I, 1643; Tar Sicilia, Palermo, 20 giugno 1979, n. 163, in Trib. amm. reg., 1979, I, 3008.

 

34 D.P.R. 30 agosto 1975, n. 637, art. 1.

 

35 D.P.R. 637/1975, art. 3.

 

36 L.p. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8.

 

37 Corte cost., 15 luglio 1969, n. 136, in Giur. cost., 1969, 1802, con osservazione di S. Bartole, Rilievi critici a parziale difesa della necessità delle norme di attuazione.

 

38 L.p. Trento 6 settembre 1971, n. 12, in seguito ripetutamente modificata (l.p. 20 marzo 1973, n. 12; l.p. 6 settembre 1974, n. 19; l.p. 19 novembre 1979, n. 11).

 

39 D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.

 

40 D.P.R. 1° novembre 1973, n. 690, art. 11.

 

41 Art. 3, lett. f), st. Sardegna.

 

42 D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 6. La Regione approvò quindi il piano territoriale paesistico relativo all’area del Molentargius e del Monte Urpino con decreto dell’assessore della pubblica istruzione del 12 gennaio 1979, in Gazz. Uff., serie generale, n. 286 del 14 dicembre 1992.

 

43 D.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, art. 57 e tabella A, n. 1 e n.5.

 

44 L. 13 aprile 1983, n. 122.

 

45 D.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22, 23 e 24.

 

46 D.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, art. 27.

 

47 D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, art. 8, comma 1.

 

48 L.r. Valle d’Aosta 28 aprile 1960, n. 3, artt. 1 e 18, secondo comma.

 

49 Corte cost., 2 marzo 1962, n. 13, in Giur. cost., 1962, 126, con osservazione di V. Crisafulli, Principio di legalità e “giusto procedimento”, 130 ss.

 

50 D.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito in l. 8 agosto 1985, n. 431,

 

51 D.m. 21 settembre 1984, in Gazz. Uff. n. 265 del 26 settembre 1984.

 

52 Tar Lazio, II, 31 maggio 1985, n. 1548, in Foro it., 1985 III, 252, il quale ha censurato il provvedimento non già per le finalità perseguite, ma per l’usurpazione di potere legislativo da esso perpetrata. La sentenza ha affermato che è riservata alla legge l’emanazione di statuizioni di carattere generale e astratto le quali impongano limiti alla proprietà privata e pertanto ha annullato il punto 1 del dispositivo del provvedimento. Si ricorda che Corte cost., 21 dicembre 1985, n. 358, in Giur. cost., 1985, II, 1750, ha dichiarato l’inammissibilità sopravvenuta dei ricorsi per conflitto di attribuzioni proposti dalla Provincia di Bolzano e dalla Regione Sardegna nei confronti del d.m. 21 settembre 1984 proprio in considerazione del suo annullamento, ovviamente retroattivo, da parte del Tar del Lazio.

 

53 D.l. 312/1985, conv. in l. 431/1985, art. 1-bis, comma 1.

 

54 L. 27 giugno 1985, n. 431, art. 2.

 

55 Corte cost., 21 dicembre 1985, n. 359.

 

56 Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151, in Giur. cost., 1986, I, 1010.

 

57 Corte cost., 18 ottobre 1996, n. 341, in Giur. cost., 1996, 1657.

 

58 I precedenti citati al riguardo sono le sentenze n. 379/1994, n. 302/1988, n.359 e n. 94/1985, n. 239/1982 e n. 141/1972

 

59 Si vedano le sentenze n. 437/1991 e n. 151/1986.

 

60 L.c. 18 ottobre 2001, n. 3.

 

61 Nuovo testo dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.

 

62 Nuovo testo dell’art. 117, terzo comma, Cost.

 

63 L.c. 3/2001, art. 10.

 

64 D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (emanato sulla base della delega legislativa disposta dall’art. 1 della l. 8 ottobre 1997, n. 352), che aveva abrogato e sostituito la l. 29 giugno 1939, n. 1497.

 

65 Sulla disciplina del paesaggio nel Codice dei beni culturali v., fra gli altri, G. Ciaglia, La nuova disciplina del paesaggio. Tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici dopo il d.lgs. n. 63/2008, Milano, Ipsoa, 2008; G. Cugurra, E. Ferrari, G. Pagliari (a cura di), Urbanistica e paesaggio, Napoli, Editoriale Scientifica, 2006; M. Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, commento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (con il coordinamento di C. Barbati e G. Sciullo), Bologna, Il Mulino, 2007; M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, Giuffrè, 2006; A. Angiuli, V. Caputi Jambrenghi (a cura di), Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, Torino, Giappichelli, 2005; AA.VV., Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, commento coordinato da R. Tamiozzo, Milano, Giuffrè, 2005.

 

66 D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 135, comma 1 e comma 4, lett. b).

 

67 D.lgs. 42/2004, art. 145, comma 3.

 

68 Per ampie rassegne annuali di giurisprudenza della Corte costituzionale v. V. Onida, B. Randazzo (a cura di), Viva Vox Constitutionis, Milano, Giuffrè, pubblicato per gli anni dal 2002 al 2008, ove il paesaggio è trattato nel capitolo XVI, Ambiente, beni culturali e attività culturali (a cura di A. Roccella per gli anni 2007 e 2008). Per l’anno 2009 v. A. Roccella, La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di ambiente nel 2009, in Giustizia Amministrativa, 2011, n. 1, sul web, all’indirizzo http://www.giustamm.it/private/new_2011/ART_3955.pdf.

 

69 La l.r. Sardegna 25 novembre 2004, n. 8, recante Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale, era stata impugnata in via principale dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

70 Sulla pianificazione paesaggistica in Sardegna prima della l.r. 8/2004, e in particolare sull’annullamento di sei piani paesistici da parte del Tar Sardegna (sentenze 6 ottobre 2003, nn. 1203, 1204, 1206, 1207 e 1208) e di altri sette piani in esito a ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, v., ampiamente, S. Deliperi, La vicenda dei piani territoriali paesistici della Sardegna, in Lexambiente.it, sul web, all’indirizzo http://lexambiente.it/beni-ambientali/169/941-Beni%20ambientali.%20Piani%20paesistici.html.

 

71 Corte cost., 10 febbraio 2006, n. 51, con nota di G. Demuro e M. Betzu, La tutela paesistico-ambientale tra interessi territoriali "speciali" e generali esigenze di uniformità, in Le Regioni, 2006, 840 ss e sul web, nel Forum di Quaderni costituzionali, all’indirizzo http://www.forumcostituzionale.it/; sulla sentenza v. anche S. Deliperi, La corte costituzionale promuove la legge sarda, in Lexambiente.it, sul web all’indirizzo http://lexambiente.it/beni-ambientali/ 169/1939-Beni%20Ambientali.%20La%20Corte%20costituzionale%20promuove%20la%20legge%20sarda.html.

 

 

 

72 In seguito, sulla ripartizione di competenze fra Stato e Regione Sardegna, con riferimento alla l.r. 8/2004, al piano paesaggistico regionale adottato col d.P.G.R. 24 maggio 2006, n. 46, e alle misure di salvaguardia applicabili nel territorio regionale, v. Cons. St., VI, 16 settembre 2009, n. 5459, in Lexambiente.it, all’indirizzo http://lexambiente.it/beni-ambientali/49/5550-Beni%20ambientali.%20Competenze.html.

 

73 Corte cost., sent. 29 maggio 2009, n. 164.

 

74 L.r. Valle d’Aosta 16 ottobre 2006, n. 22, art. 3.

 

75 Art. 1 del d.P.R. 13 marzo 1976, n. 488, concernente l’esecuzione della convenzione di Ramsar del 1971 sulle zone umide d’importanza internazionale come habitat degli uccelli acquatici; artt. 54 e 74 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

76 Art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63.

 

77 Art. 8, n. 6, St. T.-A.A./Südtirol.

 

78 Corte cost., 14 marzo 2008, n. 62.

 

79 Corte cost., 22 luglio 2009, n. 226.

 

80 Questa potestà è stata riconosciuta, ma non ampliata, dalle norme di attuazione dello statuto in materia di beni culturali e paesaggistici emanate, dopo la l.c. 3/2001, col d.lgs. 2 marzo 2007, n. 34.

 

81 Corte cost., 17 marzo 2010, n. 101.

 

82 D.lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

83 Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367.

 

84 Cons. Stato, ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9, in Cons. Stato, 2001, I, 2585, sulla quale v. M. Occhiena, Alle Regioni quel che è dello Stato: il federalismo nella tutela del paesaggio, in Urbanistica e appalti, 2002, 440 ss.; A. Crosetti, La tutela del paesaggio tra Consiglio di Stato e Corte costituzionale, tra legittimità e merito, in Riv. giur. edilizia, 2002, 420 ss.; M. Brocca, Nulla osta paesistico e sindacato statale: non c'è spazio per un controllo di merito?, ivi, 431 ss.. In precedenza v. Cons. St., VI, 4 settembre 2001, n. 4639, annotata da M. Occhiena, Allo Stato quel che è dello Stato: la tutela del paesaggio, in Urbanistica e Appalti, 2001, 1317 ss.; in seguito v. Cons. St., VI, 6 settembre 2002, n. 4561.

 

85 Corte cost., 25 ottobre 2000, n. 437, resa in un giudizio per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Valle d’Aosta, titolare di potestà legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio

 

86 Il regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica disciplinato dall’art. 159 del d.lgs. 42/2004 era originariamente applicabile fino al 31 dicembre 2008. Questo termine è stato sostituito con quello del 30 giugno 2009 dall’art. 38, comma 1, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14, e ulteriormente differito al 31 dicembre 2009 dall’art. 23, comma 6, d.l. 1° luglio 2009, n. 78, conv. in l. 3 agosto 2009, n. 102.

 

87 L.r. Piemonte 19 febbraio 2007, n. 3, art. 12, comma 3.

 

88 Il piano d’area del parco è disciplinato dall’art. 23 l.r. Piemonte 22 marzo 1990, n. 12, modificato dall’art. 7 l.r. 21 luglio 1992, n. 36.

 

89 Corte cost., 30 maggio 2008, n. 180.

 

90 L.r. Lazio 4 dicembre 2008, n. 21, art. 3, comma 2.

 

91 Corte cost., ord. 25 marzo 2010, n. 117.

 

92 L.r. Piemonte 29 giugno 2009, n. 19.

 

93 Corte cost., 4 giugno 2010, n. 193.

 

94 L.r. Liguria 23 ottobre 2007, n. 34.

 

95 Corte cost., 29 ottobre 2009, n. 272.

 

96 L.r. Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17, art. 1; l.r. Basilicata 26 novembre 2007, n. 21, art. 1.

 

97 Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 437.

 

98 L.r. Puglia 23 giugno 2006, n. 17, art. 11, comma 4-bis, introdotto dall’art. 42 l.r. 16 aprile 2007, n. 10.

 

99 Codice, art. 142, comma 1, lett. a).

 

100 Corte cost., 27 giugno 2008, n. 232.

 

101 Corte cost., n. 367/2007; n. 182/2006.

 

102 Corte cost., n. 232/2005.

 

103 S. Settis, Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Torino, Einaudi, 2010.

 

104 Victor Hugo, Guerre aux démolisseurs, in Revue des Deux Mondes, 1832, consultabile anche sul web, all’indirizzo http://fr.wikisource.org/wiki/Guerre_aux_d%C3%A9molisseurs.

 

105 Si noti che la legislazione su beni culturali è andata ben oltre il pensiero di Victor Hugo: il codice dei beni culturali stabilisce che i beni culturali non solo non possono essere distrutti, ma non possono neanche essere adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 20, comma 1).

 

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