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Imponibile l'equa indennità dell'amministratore di sostegno-Agenzia delle entrate - Risoluzione 9 gennaio 2012 n. 2-Guida al  diritto.it

 

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Francesco Machina Grifeo 

 

L’indennità corrisposta all’avvocato indicato dal giudice tutelare come amministratore di sostegno, per badare ai beni di una persona non più in grado provvedere ai propri interessi, costituisce reddito da lavoro autonomo e come tale è rilevante ai fini Iva. Il chiarimento arriva dall’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 2/2012, in risposta ad un quesito sollevato da un professionista. Il legale nell’istanza aveva fatto presente di svolgere nell’ambito della propria attività di avvocato anche numerosi incarichi come amministratore di sostegno, e che tali ultime attività si erano moltiplicate dal 2008 in poi al punto da divenire parte rilevante del proprio lavoro.

 

 

 

Il cambio di rotta dei giudici tutelari

 

Per tale impegno, i giudici tutelari, per un certo periodo, gli avevano liquidato l'equa indennità prevista dall'articolo 379, comma 2, del Cc comprensiva anche degli oneri accessori (rimborso forfetario, Cnap e Iva) e su quell'importo il professionista aveva emesso regolare fattura. Tuttavia, di recente, l'orientamento dei giudici era cambiato: non consideravano più l'indennità dell'amministratore di sostegno come reddito imponibile e dunque non liquidavano più gli oneri accessori ma anzi, in calce all’istanza di rendiconto, specificavano espressamente che non si trattava di reddito imponibile.

 

 

 

Soltanto nelle ipotesi in cui l’avvocato svolgeva attività giudiziale o stragiudiziale nell'interesse dell'amministrato, per esempio occupandosi di una successione o di una causa penale, allora il giudice liquidava a parte la parcella presentata dal legale, su cui poi veniva emessa regolare fattura.

 

 

 

La tesi dell’amministratore

 

Una tesi condivisa dal professionista secondo cui l'equa indennità non ha natura retributiva o di corrispettivo, ma soltanto “compensativa”, analogamente a quella liquidata al tutore. Del resto il tutore, spiegava l’avvocato, così come l'amministratore di sostegno spesso svolgono attività (redazione del modello ISE/ISEE, richieste FAP e di invalidità civile, dichiarazioni RED, pagamenti di affitti ecc.) che non rientrano nelle tabelle professionali dei diritti e degli onorari. Per cui da ora in avanti il legale si riteneva slegato da obblighi di fatturazione, mentre avrebbe emesso delle semplici ricevute per correttezza contabile.

 

 

 

La risposta delle Entrate

 

Una tesi bocciata dalle Entrate secondo cui nell'ipotesi in cui il giudice tutelare scelga direttamente un avvocato quale amministratore di sostegno, la relativa indennità, anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenta comunque un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo (articolo 53 del Tuir) e rilevante ai fini Iva (articoli 3 e 5 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633).

 

 

 

E neppure vale a sostenere il contrario il riferimento alla ordinanza n. 1073/1988, con la quale la Corte costituzionale aveva chiarito che l’equa indennità non ha natura retributiva ma serve a compensare oneri e spese non facilmente documentabili. Nel caso della pronuncia, infatti, ricorda il Fisco, si verteva all’interno di un giudizio di tutela di un interdetto affidato ad un parente. Non solo, l'ordinanza della Consulta è del 1988, mentre le norme in materia di amministrazione di sostegno sono state introdotte con la legge n. 6 del 2004, e l'articolo 411 Cc rinvia all'articolo 379 Cc, in quanto compatibile, facendo con ciò presumere che l'applicazione di quest'ultimo comporta comunque una verifica in relazione alla situazione concreta.

RISOLUZIONE N. 2/E

Direzione

Roma, 9 gennaio 2012

OGGETTO: Istanza di interpello - Art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 – IRPEF -

IVA - Indennità liquidata all’amministratore di sostegno - Art. 53

DPR 22 dicembre 1986, n. 917 - Art. 3 e 5 DPR 26 ottobre 1972, n.

633

Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art.

Art. 53 DPR 22 dicembre 1986, n. 917 – art. 3 e 5 DPR 26 ottobre 1972, n. 633 è

stato esposto il seguente

QUESITO

L'istante svolge la propria attività di avvocato ricoprendo anche incarichi di

amministratore di sostegno. A partire dal 2008 tali ultimi incarichi si sono

moltiplicati, tanto da divenire parte rilevante dell'attività svolta dal professionista.

Per l'attività in oggetto, i Giudici Tutelari, per un certo periodo, hanno liquidato

l'equa indennità prevista dall'art. 379 comma 2 del c.c. comprensiva di oneri

accessori (rimborso forfetario, CNAP e IVA) e su quell'importo l'istante ha emesso

regolare fattura. Recentemente, l'orientamento dei giudici è cambiato e gli stessi non

considerano più l'indennità dell'amministratore di sostegno come reddito imponibile.

Pertanto, come indicato nel provvedimento in calce all'istanza di rendiconto, il

giudice tutelare liquida ora la sola indennità, specificando che non si tratta di reddito

imponibile e non aggiunge gli oneri accessori previsti dalla legge (rimborso

forfetario, IVA e CNAP). Quando l’istante, in qualità di avvocato, svolge invece

Direzione Centrale Normativa

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attività giudiziale o stragiudiziale nell'interesse dell'amministrato, per esempio

occupandosi di una successione o di una causa penale, il giudice liquida a parte la

parcella presentata dal legale, su cui poi viene emessa regolare fattura. Il

contribuente, contattando la Cassa Forense, ha avuto poi conferma che la CPA per le

indennità non deve essere applicata. Nell'istanza si chiedono delucidazioni in ordine

al trattamento applicabile ai fini IRPEF, IVA e CPA, alle descritte indennità.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L'istante ritiene che l'equa indennità liquidata dal giudice tutelare prevista

dall'art. 379 c.c., comma 2, non ha natura retributiva o di corrispettivo, ma

compensativa, analogamente a quella liquidata al tutore. A fondamento del suo

assunto richiama l'ordinanza della Corte Costituzionale n. 1073 del 24.11.1988 che

ha riconosciuto la natura non retributiva dell'indennità, sul rilievo che le spese e gli

oneri del tutore spesso non sono documentabili.

Ad avviso dell'istante infatti il tutore così come l'amministratore di sostegno

spesso svolgono attività (richiesta e redazione del modello ISE/ISEE, richieste FAP,

incontri di rete con operatori del Distretto e Assistenti sociali, richieste di

trasmissioni di certificati per la richiesta di riconoscimento dell'invalidità civile,

dichiarazioni RED, dichiarazioni dei redditi, pagamenti di affitti ecc) che non

possono rientrare nelle tabelle professionali dei diritti e degli onorari.

Conseguentemente ritiene di dover adottare il seguente comportamento:

1) l'equa indennità percepita dall'istante in qualità di amministratore di sostegno non

costituisce reddito imponibile ai fini IRPEF, né ai fini IVA e di conseguenza non

sussistono obblighi di fatturazione.

2) L'istante, in ottemperanza al provvedimento del Giudice Tutelare, in futuro

emetterà non delle fatture ma delle semplici ricevute attestanti l'indennità, per una

semplice regolarità contabile.

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3) Per le fatture già emesse, nei 12 mesi precedenti la risposta alla presente istanza

di interpello, provvederà ad emettere ai fini IVA una nota di accredito ed una

ricevuta con bollo e a chiedere la compensazione dal 1.1.2010.

4) Per le fatture emesse oltre i 12 mesi l'istante emetterà delle ricevute semplici e

chiederà, in qualità di amministratore di sostegno dei singoli beneficiari, il rimborso

dell'IVA già versata.

5) Presenterà una dichiarazione integrativa "a favore" ai fini IRPEF, IRAP per i

periodi 2008 e 2009, chiedendo il rimborso delle imposte versate in eccesso.

6) Per l'annualità 2010 l'istante considererà non imponibile ai fini IRPEF/IRAP

l'indennità percepita facendo emergere un'eccedenza di versamento che porterà in

compensazione nelle annualità successive.

7) L'IVA e la CPA verranno restituiti man mano che saranno effettuati i compensi e

i rimborsi.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

Le norme in materia di amministrazione di sostegno sono state introdotte nel

codice civile dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6.

Ai sensi dell'art. 404 c.c., la persona che per effetto di una infermità ovvero

una menomazione fisica o psichica si trova nella impossibilità, anche parziale o

temporanea, di provvedere ai propri interessi può essere assistita da un

amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha

la residenza o il domicilio.

Il successivo art. 408 c.c. stabilisce il principio che "la scelta

dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli

interessi della persona del beneficiario. L'amministratore di sostegno può essere

designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura

incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza,

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ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto

motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare

preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona

stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il

parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite

con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata" (primo comma). "Il

giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione

dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all'incarico di

amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di

cui al titolo II (persone giuridiche) al cui legale rappresentante ovvero alla persona

che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l'ufficio del giudice

tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo"

(quarto comma).

Al riguardo, la Corte di Cassazione con sentenza n. 19596 del 2011 ha

affermato che il criterio fondamentale da seguire nella scelta dell'amministratore di

sostegno è esclusivamente quello che riguarda la cura e gli interessi della persona

beneficiata e che detto criterio lascia al giudice tutelare ampia facoltà di valutazione

su quale sia il miglior soggetto da scegliere come amministratore.

Per effetto del rinvio operato dall'art. 411 c.c., all'amministrazione di

sostegno si applicano, "in quanto compatibili", talune norme del codice civile

riguardanti l'ufficio tutelare tra cui l'art. 379 c.c. secondo cui "L'ufficio tutelare è

gratuito. Il giudice tutelare tuttavia considerando l'entità del patrimonio e le

difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al tutore una equa indennità. Può

altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il

tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale

responsabilità, da uno o più persone stipendiate".

Le norme richiamate attribuiscono al giudice tutelare ampia autonomia nello

scegliere l'amministratore di sostegno anche al di fuori dell'ambito dei familiari o

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conviventi, prevedendo la possibilità di nominare terzi, anche persone giuridiche, e

di ricorrere ad adiuvandum a professionisti.

Nell'ipotesi in cui il giudice tutelare scelga direttamente un avvocato quale

amministratore di sostegno, si ritiene che la relativa indennità, anche se determinata

in via equitativa e su base forfetaria, rappresenti comunque, sotto il profilo

dell'applicazione della normativa tributaria di competenza della scrivente, un

compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale

reddito di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53 del testo unico della imposte sui

redditi e rilevante ai fini IVA ai sensi degli articoli 3 e 5 del DPR 26 ottobre 1972,

n. 633.

Peraltro, con riferimento allo specifico caso rappresentato, il provvedimento

di assegnazione dell'equa indennità (allegato all'istanza) afferma che "rivestendo

l'AdS la qualifica professionale di avvocato, ai fini della determinazione del

compenso, quale parametro di riferimento può soccorrere l'art. 7 della Tariffa

professionale, in combinazione con l'art. 6 della tabella allegata in materia

stragiudiziale, nella parte in cui fa richiamo all'attività di gestione amministrativa

in adempimento di incarichi giudiziari e con esclusivo riguardo all'entità

dell'onorario".

Si ritiene che la conclusione non sia inficiata dalla ordinanza della Corte

costituzionale n. 1073 del 1988, richiamata nell'istanza, riguardante l'art. 379 c.c., in

cui la Corte ha evidenziato che l'equa indennità di cui all'art. 379 c.c., secondo

comma, che il giudice tutelare può assegnare al tutore, considerando l'entità del

patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, non ha natura retributiva ma serve a

compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il

tutore in ragione dell'attività di amministrazione del patrimonio del pupillo.

L'intervento della Corte costituzionale, infatti, è stato sollecitato nel corso di

un giudizio di tutela di un interdetto affidata ad un parente, nella parte in cui non

prevede a favore del tutore, che presta assistenza personale particolarmente gravosa,

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l'indennità che detta norma prevede invece a favore del tutore in considerazione

delle difficoltà dell'amministrazione del patrimonio.

Va rilevato, peraltro, che l'ordinanza della Corte costituzionale è del 1988,

mentre le norme in materia di amministrazione dei sostegno sono state introdotte

con la legge n. 6 del 2004, e che l'art. 411 c.c. rinvia all'art. 379 c.c., in quanto

compatibile, facendo con ciò presumere che l'applicazione di quest'ultimo comporta

comunque una verifica di detto requisito da parte dell'interprete in relazione alla

situazione concreta.

******

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni

fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni

provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE CENTRALE

 

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