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IL C.D. POSSESSO MEDIATO" - Riccardo MAZZON

 

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Il fenomeno del c.d. possesso mediato,

“la presunzione del possesso opera a vantaggio di chi si trovi in relazione diretta ed immediata con il bene. Colui il quale assume di trovarsi in rapporto mediato non può giovarsi di tale presunzione ma deve fornire la prova dell'"animus possidendi"”

Tribunale Cagliari, 06/06/1996 Rapallo c. Reg. auton. Sardegna Riv. giur. Sarda 1997, 40 (nota SIDDI)

“la conversione della mezzadria in affitto operata dal concessionario contro la volontà del concedente non modifica la situazione di fatto, ma solo quella di diritto e non attenta affatto al possesso del concedente stesso che rimane mediato, così come era nella mezzadria”

Pretura Ronciglione, 28/04/1984 Venturi c. Ioncoli Riv. dir. agr. 1984, 403

descritto dal secondo comma dell'articolo 1140 del codice civile (cfr., amplius, IL POSSESSO - Usucapione, azioni di reintegrazione e di manutenzione, denuncia di nuova opera e di danno temuto-, Cedam, Padova 2011)

“deve riconoscersi la possibilità che la P.A. usucapisca il diritto di proprietà su un immobile, del quale abbia per oltre un ventesimo disposto conferendolo in locazione nell'erroneo presupposto della sua demanialità, poiché il regime di concessione costituisce uno dei modi fisiologici di uso e disposizione dei beni pubblici, attuandosi una situazione analoga a quella prevista dall'art. 1140 c.c. di possesso mediato”

Cassazione civile, sez. I, 11/03/1992, n. 2913 Min. fin. c. Donato Filippo e altro Rass. avv. Stato 1992, 260

e spesso utilizzato anche in sede penale:

“il peculato, quale fattispecie di appropriazione indebita qualificata perché commessa dal pubblico agente, richiede il previo possesso o comunque la disponibilità dell’oggetto materiale dell’azione, secondo un’accezione più lata di quella risultante dall’art. 1140 c.c., comprendente sia la semplice detenzione materiale del bene ricevuto per ragioni di ufficio o di servizio, sia la disponibilità giuridica del bene che forma oggetto di appropriazione da altri custodito, quale forma di possesso mediato che si riscontra allorché l’agente, privo del corpus, ha comunque il potere di disporre "uti dominus" del bene materialmente detenuto da altri o di conseguirne la materiale detenzione mediante un atto o un fatto rientrante nella competenza dell’ufficio di cui è investito; in mancanza di tale disponibilità del bene, l’impossessamento dello stesso invito domino, integra pienamente l’ipotesi del furto”

Tribunale Trapani, 17/06/2005 - Redazione Giuffrè 2006

“ai fini del reato di peculato, il requisito del possesso del denaro ricorre non solo nel caso di possesso immediato (o disponibilità materiale), ma anche in quelli di possesso mediato (o disponibilità giuridica), ovverosia allorché il bene sia materialmente detenuto da altri, ma l'agente, mediante un atto o un fatto rientrante nell'ufficio di cui è investito, possa di esso disporre o possa conseguirne la materiale detenzione. Quanto alla condotta, integra appropriazione il comportamento sin dall'inizio collegato ad un rientro del denaro, destinato ad un terzo, nella disponibilità del pubblico ufficiale, non più in quanto tale, ma come soggetto privato. In linea astratta ogni appropriazione è anche una distrazione ed ogni distrazione è anche appropriazione in quanto, dando al denaro la diversa destinazione, il pubblico ufficiale ne dispone come se fosse suo. L'appropriazione sussiste tutte le volte in cui il denaro viene fatto "proprio" dal pubblico ufficiale nel senso che, in virtù della condotta di quest'ultimo e di eventuali complici, il denaro entra nel suo patrimonio personale, nel patrimonio, cioè, di quello stesso soggetto che, avendone già avuto il possesso in ragione del suo ufficio, ne ha determinato la perdita in capo alla p.a., senza che tale passaggio trovi giustificazione alcuna. (Nel caso di specie il tribunale ha ritenuto integrare peculato la condotta di alcuni funzionari addetti alla manutenzione di stabili pubblici, con una dotazione periodica di denaro, sia pure materialmente depositata presso le casse dell'ente, i quali, d'accordo con gli esecutori dei lavori di manutenzione, mediante l'alterazione in aumento dei documenti rappresentativi dei lavori che giustificavano l'esborso di denaro a favore delle imprese esecutrici, si appropriavano della parte di denaro corrispondente alla sovrafatturazione)”.

Tribunale Milano, 28/01/2003 - Foro ambrosiano 2004, 3

 

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