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Nuovo incarico conferito a una dipendente della Regione-Sorpresa il nuovo incarico consiste nel non fare nulla-Studio legale law.it

 

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La Corte di Appello di Torino conferma la sentenza del Tribunale di Aosta che ha condannato la Regione Autonoma Valle d’Aosta al pagamento in favore di una dipendente di una indennità a titolo di risarcimento del danno da demansionamento. Il giudice di appello ritiene fondata la pretesa risarcitoria fondata sulla lesione del diritto all’espletamento dell’incarico attribuito. Infatti, alla dipendente era stata attribuita la qualifica di addetta al servizio controllo di gestione, ma a tale Ufficio non erano stati assegnati né personale né risorse finanziarie. Inattività totale.

 

Il giudice conclude affermando che l’attribuzione di un incarico dal punto di vista formale dirigenziale ma nella realtà privo di contenuto professionale lede il diritto del dirigente a vedersi conferire un incarico di funzione dirigenziale. Quanto alle conseguenze economiche, il giudice di appello aderisce all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che riconosce la sussistenza di un danno da demansionamento anche in mancanza della prova di uno specifico pregiudizio di natura patrimoniale. Ma, con la Sentenza n. 20663/2011, la Cassazione smentisce il giudice di appello. Il danno va provato. Confermando un indirizzo ormai prevalente e di eccessivo rigore, in maria di demansionamento, dequalificazione professionale, mobbing, la Suprema Corte afferma che non si può far discendere automaticamente dal demansionamento un danno, anche in mancanza della prova di uno specifico pregiudizio di natura patrimoniale, con ciò ritenendo fondata la censura dedotta dalla Regione ricorrente, ovvero che dalla lesione della professionalità non consegue automaticamente un danno, incombendo sul lavoratore l’onere della prova del danno subito, ai sensi della regola generale dettata dall’art. 2697 c.c., il quale dispone che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. La Corte precisa che, in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, non può evitare una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. Mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti, caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno e all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l’avvenuta lesione dell’interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto, il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico, si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno. Nel caso di specie, manca la prova del danno, infatti, si indicano la perdita di chance e danni alla carriera senza indicare quali sono le chanche perdute e i possibili danni alla carriera che poteva subire la dipendente considerata la sua attività prima di bibliotecaria e poi di dirigente di un servizio finanziario. La perdita di chanche e i danni alla carriera ? A nostro avviso sono insiti nel fatto stesso di non aver potuto espletare le funzioni dirigenziali solo formalmente assegnate alla dipendente. Se non si svolge una mansione, va da se che non si acquisiscono le competenze proprie della mansione. Lo stesso vale per la dequalificazione e il mobbing. Che si debba provare di aver subito mobbing è indiscutibile, ma quanto alla prova dei danni subiti, se sussiste il danno biologico, gli altri danni sono una conseguenza.

 

 

 

Anna Teresa Paciotti

 

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