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COME RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO di Ana Ivanova , Edouard Martin  e Paolo Mauro  -La Voce.info

 

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Il consolidamento fiscale è una delle sfide più importanti che i paesi avanzati devono affrontare in questo decennio. Ma come si possono stabilizzare e poi ridurre i debiti pubblici? Si può imparare dal passato. L'analisi di precedenti piani di consolidamento fiscale e dei risultati ottenuti permette di enucleare gli elementi di successo e insuccesso. Indispensabile per i politici avere le idee chiare su riforme strutturali da realizzare con il consenso dell'opinione pubblica. Costruito spiegando i problemi e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

 

La crisi finanziaria globale ha causato un aumento vertiginoso del debito pubblico nelle economie avanzate. La preoccupazione crescente ha innescato vari dibattiti su come risolvere il problema. Nelle economie avanzate in media il rapporto debito/Pil è oggi vicino a livelli del 100 per cento, i più alti dal dopoguerra, e sembra oltretutto destinato ad aumentare ancora.

L’aggiustamento fiscale richiesto è senza precedenti: serviranno molti anni per ridurre il debito e riportarlo a livelli accettabili.

 

UN NUOVO APPROCCIO

 

Studi empirici hanno già identificato episodi di aggiustamento fiscale sulle basi dei risultati ex post. (1) Nel nostro libro utilizziamo però un approccio nuovo. (2) Analizziamo piani di consolidamento fiscale scelti in base alle riduzioni previste in termini di debito e deficit. Questo approccio ci permette di trarre lezioni non solo dai successi, ma anche dai fallimenti, di confrontare i risultati ex post con i piani ex ante e di eliminare le distorsioni dovute alla selezione o sopravvivenza del campione.

Analizziamo in dettaglio ciascuno dei paesi del G7 e effettuiamo analisi statistiche cross-country per tutti i paesi dell’Unione Europea negli ultimi due decenni.

Riportiamo qui alcuni dei risultati principali riguardo a ciò che i piani prevedevano inizialmente, ciò che ha funzionato e no, e perché.

 

I PIANI E IL GRADO DI SUCCESSO

 

Non sorprende che i piani di consolidamento, e il loro grado di ambizione, fossero positivamente correlati alla gravità delle situazioni fiscali iniziali, quali la prospettiva dell’ingresso nella Unione monetaria. Nella maggior parte dei casi, la loro struttura era ragionevole e basata su assunzioni macroeconomiche (crescita, tassi di interesse, eccetera) sorprendentemente simili alle proiezioni delle previsioni indipendenti per lo stesso periodo.

Gli aggiustamenti previsti si sono concentrati sui tagli alla spesa, in maniera proporzionale all’entità iniziale della spesa pubblica, in particolare in Europa. Ed è interessante notare come la maggior parte dei piani prevedessero tagli della spesa sufficientemente ampi da consentire, oltre alla riduzione del deficit, anche una diminuzione delle imposte. Solo un terzo dei grandi piani di consolidamento europei indicava una crescita del rapporto entrate/Pil, e meno di un sesto prevedeva espliciti aumenti nella tassazione.

Nel complesso, i risultati ottenuti sono stati in media positivi per il campione europeo: per un miglioramento previsto del 2,5 per cento del Pil nel corso di tre anni, quello effettivo è stato del 2 per cento del Pil. In media, i piani più ambiziosi hanno dimostrarono di avere le stesse possibilità di realizzazione di quelli meno ambiziosi. Tuttavia, i governi non sono stati capaci di tagliare le spese tanto quanto avevano previsto e, per compensare (sebbene solo in parte), sono dovuti ricorrere a un incremento delle entrate maggiore del previsto.

Il fenomeno si è verificato in modo più pronunciato in Italia e in Francia a metà degli anni Novanta, ma lo si ritrova anche in altri paesi, sia in Europa che altrove.

 

IL RUOLO CHIAVE DELLA CRESCITA ECONOMICA

 

L’elemento più importante che ha determinato il raggiungimento degli obbiettivi indicati dai piani è la crescita economica. Una crescita  di un punto percentuale al di sopra della proiezioni iniziali ha ridotto l’errore di implementazione (la deviazione degli aggiustamenti effettivi dagli aggiustamenti pianificati) di mezzo punto di Pil. Vi è anche evidenza di effetti asimmetrici: quando la crescita è stata minore del previsto, l’errore di implementazione è peggiorato di più di quanto sia migliorato quando la crescita è stata superiore alle previsioni. Questo suggerisce che i politici sono più propensi ad adottare misure anticicliche quando l’economia è più debole del previsto piuttosto che a risparmiare le entrate in eccesso dovute a inaspettate accelerazioni della crescita.

 

FATTORI POLITICI E ISTITUZIONALI

 

Sul piano istituzionale, diversi fattori si sono dimostrati rilevanti per la realizzazione degli obiettivi: (i) dati aggiornati e accurati (revisioni al rialzo dei deficit iniziali raramente hanno portato a incrementi della riduzione prevista del debito che le compensassero), (ii) limiti di medio termine vincolanti (iii) riserve di emergenza (iv) coordinazione fra i vari livelli governativi e (v) regole fiscali.

A livello politico, il sostegno della popolazione ai piani di consolidamento fiscale si è dimostrato molto più importante di una vasta maggioranza in parlamento.

Ad esempio, all’inizio negli anni Novanta i sondaggi indicavano che i cittadini canadesi percepivano il livello del debito pubblico come il principale problema del paese: questo ha facilitato il successo del piano di consolidamento del Canada.

 

ALCUNE LEZIONI PER I POLITICI

 

Avere un piano: è di cruciale importanza per rassicurare i mercati e l’opinione pubblica e per mantenere bassi i costi di indebitamento.

Spiegare chiaramente da subito come si intende reagire agli shock, in particolare quelli relativi alla crescita economica. Il clima economico può rivelarsi ben diverso da quello inizialmente previsto. Un calo imprevisto nella crescita farà scendere le entrate bassi e può mutare l'opinione del governo riguardo alle politiche necessarie, se di aggiustamento o di stimolo. Ecco due possibili opzioni per realizzare piani non legati a variazioni dei livelli di crescita: (i) proporsi obbiettivi strutturali (ii) proporsi obbiettivi di spesa di medio periodo che non dipendono dai cicli economici.

Migliorare la qualità, la puntualità e la copertura dei dati fiscali perché diminuisce la probabilità di avere sorprese spiacevoli e difficili da risolvere a metà percorso.

Pensare a quali sono le spese che convengono di più: è ciò che ha fatto il Canada, il caso di maggior successo tra quelli che abbiamo esaminato. La Germania di metà anni Duemila è un altro buon esempio.

Utilizzare le riforme strutturali: pochi consolidamenti basati sulle entrate identificati dagli studi precedenti erano state pianificati come tali dai politici; piuttosto le entrate sono aumentate grazie a fattori temporanei quali boom economici e prezzi dei beni. Il nostro studio suggerisce che i consolidamenti basati sulle riforme (della spesa o delle entrate) sono quelli che ottengono i risultati migliori e più duraturi.

Garantirsi l’appoggio dell’opinione pubblica: è più probabile che si raggiungano gli obiettivi di aggiustamento se hanno il sostegno dell’opinione pubblica. Per ottenere il consenso dei cittadini è fondamentale spiegare in modo chiaro che l’aggiustamento fiscale è necessario per mantenere basso il costo del credito e assicurare così la creazione di posti di lavoro e la ripresa della crescita economica. E il peso dell’aggiustamento deve essere suddiviso in modo equo tra la popolazione.

 

(1) Alesina, Alberto, and Silvia Ardagna, 1998, “Tales of Fiscal Adjustments”, Economic Policy, No. 27, pp. 489-545.

(2) Mauro, Paolo (ed.), 2011, Chipping Away at Public Debt—Sources of Failure and Keys to Success in Fiscal Adjustment, New Jersey: J. Wiley & Sons, Inc.

 

 

 

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