Avv. Paolo Nesta


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CONDOMINIO: POSTA E RISPOSTA-Avvocato Germano Palmieri-2

 

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Sommario: LAVORI CONDOMINIALI E RIMOZIONE GAZEBO - AMMINISTRATORE DIMISSIONARIO E FONDO MANUTENZIONE SOTTOBALCONI - SERVITU’ E SPESE - VIZI DELL’IMMOBILE E MUTUO - COSTRUZIONE TETTO E RIDUZIONE IN PRISTINO - SUPERCONDOMINIO E CENTRALE TERMICA - CHIUSURA CANCELLO - MESSA IN SICUREZZA CORNICIONE - SERVITU’ - SOSTITUZIONE TOMBINO - INFILTRAZIONI DA LASTRICO SOLARE - BOX AUTO

 

LAVORI CONDOMINIALI E RIMOZIONE GAZEBO

 

Sono proprietaria di un appartamento circondato da villetta nella quale è stato costruito un gazebo, fissato al terreno (non mobile), che impedisce il montaggio dell'impalcatura per il rifacimento della facciata debitamente deliberato in assemblea. Considerato che non posso oppormi allo smontaggio del gazebo (si dovrebbero segare i 4 piedi di metallo che lo tengono fissato al terreno e, una volta ultimati i lavori di rifacimento prospetto, togliere i 4 pezzetti rimasti infissi nel terreno e cementare nuovamente i 4 piedi nel terreno), chi dovrebbe provvedere a ciò? Io oppure la ditta che eseguirà i lavori o altra ditta individuata dall’assemblea a tale scopo? Nel caso in cui durante la fase  dello smontaggio e del successivo rimontaggio del gazebo dovessero verificarsi dei danni (il tetto del gazebo è costituito da vetri che potrebbero rompersi), avrei diritto al risarcimento dei danni? Se sì, chi me li dovrebbe risarcire (la ditta che provvede allo smontaggio o il condominio) e quale procedura dovrei seguire? In alternativa, posso farmi dichiarare per iscritto, a priori, dalla ditta che eseguirà i lavori o dal capocondominio che in caso di danni durante lo smontaggio e il rimontaggio del gazebo si provvederà al risarcimento del danno?

 

H. M.

 

   E’ opportuno far firmare, all’appaltatore e all’amministratore del condominio, una dichiarazione che preveda sia l’obbligo di provvedere allo smontaggio e al rimontaggio del gazebo secondo le regole dell’arte, sia l’ obbligo a risarcire, in solido fra loro, gli eventuali danni che dovessero derivare dallo svolgimento delle suddette operazioni. Ad evitare possibili contestazioni è consigliabile  che al documento vengano allegate delle fotografie

 

AMMINISTRATORE DIMISSIONARIO E FONDO MANUTENZIONE SOTTOBALCONI

 

Un condomino è debitore, nei confronti del condominio, di quote relative alla  costituzione di un fondo specifico per la manutenzione straordinaria dei sottobalconi. Tali somme, pertanto, non sono mai entrate nella gestione ordinaria del condominio. Considerato che l’amministratore in carica si è dimesso ed è quindi tenuto a compiere gli atti di ordinaria amministrazione fino al subentro del nuovo amministratore scelto dall’assemblea, può l’attuale amministratore richiedere il versamento di tali somme al condomino moroso?

 

H. M.

 

 

La prorogatio dei poteri dell’amministratore dimissionario fino alla sua sostituzione vale solo nei rapporti esterni, al fine di offrire ai terzi un soggetto cui far riferimento nelle relazioni con il condominio, ma non nei rapporti interni al negozio di mandato tra amministratore e condomini; infatti la rinuncia è una dichiarazione negoziale unilaterale, ricettizia verso il mandante, a forma libera e con efficacia ex nunc, per cui dalla sua ricezione si estingue il mandato con le relative obbligazioni (Trib. Torino 29/11/2000). Per il recupero del credito occorrerà pertanto attendere l’insediamento del nuovo amministratore, sempre che si provi che il condomino aveva dato la propria adesione alla costituzione del fondo.

 

SERVITU’ E SPESE

 

Ci troviamo in uno stabile composto di 10 appartamenti: i 2 al piano terra hanno accesso autonomo (con un cancelletto su giardino privato), gli altri 8 accedono attraverso la scala comune. Il problema è che all'interno del vano scale sono collocati i contatori enel di tutti gli appartamenti: anche di quelli con accesso autonomo, che quindi usufruiscono di una servitù di accesso al vano. L'altro giorno l'assemblea - su proposta di un condomino - ha deliberato che siccome anche chi ha l'appartamento al piano terra "usa" il vano scale per verificare il contatore, le spese di gestione devono essere suddivise tra tutti nel rispetto delle tabelle millesimali di proprietà. Io ovviamente ritengo che l'uso non sia equiparato alla servitù, ma ero la sola. L'amministratore ha riportato il caso di una sentenza per un ascensore: in quel caso - riferisce - al negozio con accesso autonomo è stato comunque richiesto di pagarne le spese (pur non usandolo!). E comunque, se proprio fosse che la servitù è equiparabile all'uso, ritengo che le spese non debbano essere suddivise in funzione dei millesimi generali, ma in funzione delle tabelle delle scale: io mi fermo ad un metro oltre la porta? Fin lì pago. Esistono sentenze che mi danno credito?

 

M. B.

 

Per la Cassazione (sentenza n. 2328 del 6/6/1977), in difetto di una clausola difforme del regolamento di condominio, devono contribuire alle spese di manutenzione, ricostruzione e illuminazione dell’androne e delle scale, ancorché in misura ridotta, anche i condomini che non ne usufruiscono per ac¬cedere alla rispettiva proprietà esclusiva, per essere queste dotate di accesso autonomo. La presenza, nel vano scale, dei contatori delle unità immobiliari dotate di accesso separato, legittima la ripartizione delle spese su base millesimale, dal momento che quello che conta è l’uso potenziale, non l’uso effettivo.

 

VIZI DELL’IMMOBILE E MUTUO

 

Abbiamo acquistato una porzione di cascina nel 2006 previo atto pubblico. Dopo 1 anno veniamo a conoscenza di molteplici vizi occulti tra cui tetto in eternit, umidità varie nascoste da perline, impianto elettrico non a norma, serbatoio gpl 1250 lt (unica fonte di riscaldamento) cucina e acqua calda non a norma per cui chiusura totale da parete dei VV.FF. e ordinanze con multa. Opere abusive all'interno del cortile, e per finire il giorno di pasqua in camera da letto è crollato il controsoffitto; abbiamo segni di assestamento e dal tetto piove acqua. Nel 2008 abbiamo chiesto tramite legale la risoluzione del contratto, ma come lei può ben sapere sono cause piuttosto lunghe. Adesso io le chiedo, a questo punto possiamo rifiutarci di pagare il mutuo visto che oltre alla relazione rilasciataci dall'Asl dopo un sopralluogo con l'inidoneità dello stabile e tra l'altro in comune non esiste abitabilità ma al catasto il venditore ha dichiarato nuova costruzione ma senza Dia, e volevo anche alla banca, visto che abbiamo pagato la perizia? Mi chiedo, è giusto pagare una rata su una casa che non vale niente?

 

A.

 

   Chi ha erogato il mutuo è estraneo alla controversia riguardante i vizi occulti dell’immobile, questione che dev’essere pertanto risolta fra acquirente e venditore. Il mutuante, anzi, dalla presenza dei suddetti vizi ha tutto da perdere, dal momento che, se essi si sono evidenziati dopo la stima dell’immobile, ne riducono il valore indicato nell’elaborato peritale, e quindi il ricavato qualora si dovesse procedere alla vendita forzata in caso di mancato pagamento delle rate di mutuo.

 

COSTRUZIONE TETTO E RIDUZIONE IN PRISTINO

 

Abitiamo al secondo ed ultimo piano di una palazzina. Nel 2002 a causa delle abbondanti infiltrazioni di acqua nelle camere del nostro appartamento, abbiamo deciso di costruire il tetto (non c'era, c'era solo un solaio con dell'isolante) andando a coprire anche una piccola terrazza interna che causava ulteriori problemi anche al piano di sotto (dei nostri vicini). Nel 2002 i rapporti con i vicini erano buoni quindi ci fu un’autorizzazione solo orale e non scritta da parte loro che ci consentiva la costruzione del tetto (esistono anche testimoni che possono affermare quanto detto). All'inizio del 2011 è arrivata una lettera degli avvocati dei vicini nella quale richiedono il ripristino dello stato dei luoghi di allora e un risarcimento danni in quanto non sono mai stati avvertiti dei lavori effettuati. Il tetto è stato costruito secondo le norme e le autorizzazioni edilizie necessarie.  La mia famiglia non ha mai chiesto soldi per i lavori effettuati ed inoltre, i soliti ponteggi utilizzati per la costruzione sono stati utilizzati anche dai vicini per il rifacimento della facciata (sempre pagati da noi). Le chiedo cortesemente se è possibile a distanza di così tanti anni poter richiedere il ripristino dello stato di allora e il risarcimento danni.

 

E. F.

 

 

  Il rilascio del permesso di costruire non comporta accettazione dei lavori da parte dell’altro condomino;  la concessione, infatti, viene accordata facendo salvi i diritti dei terzi, anche se, trattandosi d’intervenire su una parte comune dell’edificio, alcuni Comuni sono soliti chiedere il benestare degli altri condomini. Il consenso del vicino all’effettuazione dei lavori va provato per iscritto, trattandosi di bene immobile. La richiesta di demolizione e risarcimento del danno è tempestiva, non essendo ancora intervenuta l’usucapione ventennale del diritto.

 

SUPERCONDOMINIO E CENTRALE TERMICA

 

In un Condominio costituito da tre singole palazzine con impianto di riscaldamento ed acqua calda centralizzati, l’Assemblea ha deliberato la formazione di tre impianti separati. A causa della difficoltà di posizionamento delle nuove caldaie in due delle tre palazzine, si vuole continuare col centralizzato. La palazzina dotata di centrale termica di propria proprietà può opporsi al cambiamento della delibera ?

 

E. G.

 

Il Tribunale di Napoli (sentenza del 29/11/1991), con riferimento alla trasformazione di un impianto centralizzato di riscaldamento in impianti a gas di proprietà singola, avvenuta ai sensi della L. n. 10/1991, ha escluso, sia sotto l'aspetto funzionale che sotto il profilo giuridico, la conservazione attiva del sistema termico trasformato, le cui componenti materiali rimangono solo come semplici residuati per l’opportuna rottamazione, non potendo la minoranza dissenziente pretendere di lasciare attivo o riattivare e far funzionare a proprie spese l'impianto trasformato, in quanto ciò sarebbe contrario alla ratio legis, che è chiaramente quella della razionalizzazione dell'energia sotto il triplice profilo termico, economico ed ecologico.

 

CHIUSURA CANCELLO

 

Risiedo in una villetta bifamiliare con accesso comune tramite cancello a scorrimento manuale di  3 m. Le chiedo, vista l'insistenza della mia vicina a lasciare sempre aperto il cancello con tutto quello che ne deriva e cioè cani che entrano e depositano i loro bisogni nel giardino e si mettono a litigare con i miei due gatti e quello che è più grave che entrano persone ed arrivano fino alla porta di casa, se è possibile imporle la chiusura del cancello e quali sono le norme del codice che regolano tale materia ed eventuali responsabilità ipotetiche per danni o vandalismi  vari e se possibile diffidare la Signora dal continuare con tale atteggiamento.

 

S. B.

 

    Se la vicina disattende l’invito a chiudere il cancello non resta che rivolgersi al Giudice di pace adducendo ragioni di sicurezza. Una soluzione potrebbe essere quella di convincere la vicina ad automatizzare il sistema di chiusura. Se si prova il nesso di causalità fra il comportamento della  vicina e il danno se ne può chiedere il risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c.

 

MESSA IN SICUREZZA CORNICIONE

 

Chi paga la messa in sicurezza del cornicione di una delle sei scale di cui è composto il nostro condominio  (abbiamo l'ingiunzione del Comune di Napoli), considerando anche che per vari abusi i nostri millesimi  sono da rifare?

 

L. L.V.

  

   Se il cornicione  interessato alla messa in sicurezza fa parte di un tetto  unico, alla spesa devono contribuire i condomini di tutte e sei le scale. Se invece ciascuna scala è coperta da un tetto a sé stante, alla spesa devono contribuire i soli condomini della scala interessata alla riparazione.

 

SERVITU’

 

Dal 1991 io, la mia mamma e i miei due fratelli, ospitiamo in un nostro locale una caldaia che, al momento, serve un solo nostro appartamento ed un altro di proprietà di nostri parenti. Questi ultimi non sono proprietari del locale in cui si trova la caldaia. Nel 1991 avevamo firmato un accordo in base al quale accettavamo di ospitare questa caldaia sino a che i parenti non si fossero resi autonomi, confidando in buona fede in una soluzione, se non a breve almeno a media scadenza. Da allora sono passati quasi venti anni e, un po' perchè dobbiamo fare dei lavori, un po' perchè temiamo una qualche forma di usucapione, abbiamo quest'anno chiesto loro di staccarsi dall'impianto e rendersi autonomi. Ci hanno risposto che non abbiamo nessun diritto a chiedere loro quanto sopra e che se procediamo possiamo incorrere in sanzioni

civili e penali. E' vero? Se si, come potersi "liberare"? In che termini sta esattamente la questione secondo lei?

 

via mail

 

   Il proprietario del locale è tenuto a rispettare l’accordo fino a quando la controparte non decida di staccarsi dall’impianto comune. Un’eventuale azione di forza verrebbe presumibilmente  contrastata da un’azione di reintegrazione in sede civile (art. 1168 c.c.), cui potrebbe accompagnarsi una querela per danneggiamento in sede penale (art. 635 c.p.).

 

SOSTITUZIONE TOMBINO

 

Sono proprietario di un box dove all'interno ci sono 2 tombini per le fogne, i chiusini sono ormai distrutti ed ho chiesto già da un anno all'amministratore la sostituzione dato che non posso far fare più la pulizia delle fogne perché poi non posso rimetterli al loro posto, mi si sfaldano in mano. Dall'amministratore non ho risposte, è comunque in dovere di farli sostituire o no ?

 

A. C.

 

Se il chiusino è collocato su un tombino che smaltisce, oltre ai liquami provenienti dall’unità immobiliare del proprietario del box, anche quelli delle unità immobiliari di uno o più altri condomini, si è nel diritto di pretenderne la sostituzione, con spesa a carico dei condomini serviti dall’impianto, spesa da dividersi in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diversa convenzione.

 

INFILTRAZIONI DA LASTRICO SOLARE

 

Abito in un palazzo dal doppio numero civico con due ingressi separati e due ingressi per accedere al terrazzo. La copertura è unica per i due palazzi  attigui e uniti. A seguito di lavori per infiltrazioni sulla parziale copertura di uno dei due palazzi gradirei sapere come vanno divise le spese. I condomini del palazzo non interessato a detti lavori devono contribuire alle spese anche se i palazzi, uniti, hanno doppio numero civico e doppio ingresso?

 

U. B.

 

    Se il lastrico solare è comune ai due edifici, nel senso che i condomini di entrambi  i fabbricati  hanno accesso all’intera superficie del  lastrico, alla spesa richiesta dall’eliminazione delle infiltrazioni devono contribuire i condomini di tutte e due le costruzioni.  Se invece il lastrico è diviso in due da una ringhiera o altro riparo, alla spesa devono contribuire  i soli condomini dell’edificio in cui si sono verificate le infiltrazioni.

 

BOX AUTO

 

Sono proprietario, in un condominio di 5 appartamenti, di un appartamento e di un box interrato. L'ingresso del box, come gli altri 2, è largo metri 2,60 e si trova grande difficoltà a far entrare la macchina perchè  bisogna scendere la rampa a marcia indietro ed il disimpegno per le manovre, antistante i box, è largo solo 4 metri ed una macchina media è lunga metri 3,50. Il muro dove è fissata la basculante di chiusura del box non è un muro portante ed è formato da mattoni forati. Tale muro è lungo 11  metri : per metà divide il mio box dalla cantinola del possessore dei maggiori millesimi(600), altri 2,50 metri confinano col corridoio largo metri 1,50 di accesso alla detta cantinola ed i restanti due metri e 60 sono chiusi dalla basculante, basculante che da un lato è fissata ad un pilastro portante di cemento armato. Avevo chiesto di allargare il muro di 30 centimetri verso il lato della cantinola per essere più agevolato nel fare manovra di entrata ed uscita dal box rimettendo una basculante uguale  ma il  proprietario dei 600 ha dato un diniego alla richiesta. Ho interpellato in merito due geometri che hanno dato pareri discordanti ed un legale il quale, d'accordo con uno dei geometri, ha detto che ci vuole l'assenso del possessore dei 600 mill/mi. perchè comunque il muro è condominiale. Un architetto ha detto che basta presentare solo la DIA e darne comunicazione per iscritto all'amministratore per poter usufruire al meglio della cosa propria in quanto una basculante di 30 cm più lunga non impedisce al condomino di usufruire della cosa comune e ne gli crea alcun impedimento. All'ufficio tecnico del comune riferiscono che concedono la DIA ma se vi è un ricorso fermano il lavoro. Non ho fatto nulla se non vi è la certezza legale di non farmi far causa dal possessore dei 600 millesimi: magari c'è qualche sentenza già emessa che possa essere da base di appoggio e di partenza per il lavoro.

 

C.   

 

   L’allargamento della porta comporta l’inglobamento, nella proprietà esclusiva di un condomino,  dello spazio già occupato dal muro comune, per cui è necessario il consenso di tutti i condomini.

 

 

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