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I giudizi a istanza di parte della Corte dei Conti-Altalex.it

 

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 (Giuseppe Grasso)

 

L’art. 58 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi la Corte dei conti R.D. 1038/1933, è una norma ancora oggi poco conosciuta e poco apprezzata nelle sue potenzialità, sia all’interno, che in maggior misura all’esterno della Corte dei conti.

 

Esso prevede la possibilità da parte dei privati di agire, ove si pongano questioni rientranti nelle materie di contabilità pubblica, in cui la Corte ha una specifica conoscenza e si pone come giudice naturale rispetto alla previsione contenuta nell’art. 103 della Costituzione.

 

In passato si era posta la questione -assai dibattuta- su cosa si intendesse per contabilità pubblica secondo il dettato della norma costituzionale e se fosse necessaria una “interpositio legislatoris”.

 

Sia la Corte costituzionale che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione non sempre hanno tenuto un orientamento costante e coerente, ma di ciò deve essere dato atto e trovata giustificazione nella oggettiva complessità della materia ed appare perciò inutile operare in questa sede una ricostruzione storica delle numerose pronunce a volte contrastanti.

 

Un punto di arrivo, che pur riguardando la responsabilità amministrativa, può costituire un importante parametro interpretativo per quanto qui ci interessa, è dato dalla famosa decisione della Corte di cassazione ss.uu. n. 4511/2006, in cui si è affermata la giurisdizione della Corte dei conti non più tenendo conto della qualità del soggetto ma della natura del danno,della qualità della spesa e dello scopo a cui essa è destinata.

 

Tale arresto è fondamentale per definire meglio cosa si debba intendere per “contabilità pubblica”, poiché, in questa pronuncia, la Cassazione supera definitivamente il criterio soggettivo (natura pubblica o privata del soggetto) in favore di quello oggettivo del criterio dello scopo perseguito dalla spesa pubblica.

 

Tutto questo ci è utile per poter delimitare l’ambito delle materie possibili oggetto di ricorsi ad istanza di parte ed a questo proposito è anche utile fare riferimento all’art. 20 del TU della Corte dei conti R.D. 1214/1934, il quale prevede che “la Corte dei conti vigila……. perché la liquidazione ed il pagamento delle spese siano conformi alle leggi e regolamenti”.

 

Ciò dovrebbe essere sufficiente per comprendere come qualsiasi attività amministrativa comportante spesa o gestione di beni pubblici, possa rientrare nella nozione di contabilità pubblica, ma bisogna analizzare in quali termini e con quali modalità, visti gli attuali criteri di riparto giurisdizionale.

 

*****

 

Per quanto concerne i giudizi ad istanza di parte, ci occupiamo in questa sede di quelli definiti “atipici” in quanto non espressamente contemplati nel TU o nel reg. proc. contabile; essi sono sempre stati considerati poco dagli studiosi, sebbene possano risultare -come affermato da autorevole dottrina- come una sorta di “polmone per tutte le forme di espansione anche futura della giurisdizione contabile,allorchè non rientrino nei moduli tipici del suo esercizio”[1].

 

Di questa fattispecie ci occupiamo in questa sede e, più in particolare, della possibilità di giudizi di mero accertamento positivo su conti pubblici atti a creare una sorta di accertamento tecnico giuridico preventivo e pregiudiziale, meramente contabile, con valenza di giudicato, in materie di pertinenza di altre giurisdizioni.

 

E’ bene precisare che qui non vi è alcuna invasione di campo di attribuzioni di altre giurisdizioni, ma semplicemente, si evidenzia la possibilità di sfruttare le prerogative giurisdizionali attribuite alla Corte dei conti dall’art. 103 comma 2 della Costituzione, come confermata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione a sezioni unite nelle materie di contabilità pubblica, che sono naturalmente trasversali sia alla giurisdizione amministrativa che ordinaria, le quali,dovendosi pronunciare incidentalmente ai fini della decisione sostanziale, come vedremo non sempre hanno trovato su queste problematiche soluzioni convincenti.

 

Storicamente la casistica elaborata dalla giurisprudenza contabile ha riguardato, generalmente controversie di natura esattoriale o di accertamento negativo di responsabilità, ma non si registra una casistica diversa su accertamenti di natura positiva, ad esempio in materia di diritti soggettivi.

 

Anche se, ovviamente, non può escludersi a priori una tale possibilità.

 

Preliminarmente, deve valutarsi la problematica relativa alla eventuale giurisdizione della Corte dei conti su tali controversie. Su questa, in generale, già da tempo incidentalmente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono già pronunciate con giurisprudenza costante, affermando che qualora la problematica “riguardi importi il cui acclaramento richieda un riesame globale della gestione contabile, ovvero l'applicazione di criteri giuridici o regole contabili che implichino un giudizio di conto, si instaura una controversia di natura contabile, che appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, la quale può essere direttamente adita, in applicazione degli artt. 61 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214 e 58 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038”.[2].

 

Ebbene,se tali pronunce dovessero interpretarsi oggettivamente, qualsiasi controversia, la quale in via pregiudiziale possa riguardare una problematica contabile anche quando la questione sostanziale riguardi altra giurisdizione, potrebbe ricadere in via pregiudiziale nell’ambito della giurisdizione contabile, si deve infatti tener conto che, nella realtà pratica, ad esempio davanti al giudice ordinario, sarebbe certamente possibile l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio ma per certe questioni non è sempre facile trovare soggetti aventi una specializzazione specifica e ancor meno in materia di applicazione di normativa prettamente contabile.

 

A tutto questo, deve aggiungersi il non secondario vantaggio di una sorta di accertamento tecnico preventivo con valenza di giudicato e, come vedremo meglio in seguito, alla critica che un processo preventivo contabile con due gradi di giudizio, sommando il giudizio successivo sulla questione sostanziale davanti al giudice giurisdizionalmente competente, cozzerebbe, con il principio sulla ragionevole durata del processo, si può opporre che -come vedremo- esistono questioni in cui la risoluzione della pregiudiziale contabile potrebbe essere decisiva, e di fatto rendere superflua, attraverso l’esercizio del potere di autotutela amministrativa, la successiva pronuncia“notarile”, del giudice competente.

 

In questo ci aiuta l’art. 13 del T.U. Corte dei conti R.D. 1214/1934, il quale prevede che la Corte giudica… sui ricorsi contro i provvedimenti amministrativi in materia di conti…..giusta le disposizioni delle leggi speciali; e tale competenza si può certamente affermare che sia diversa non riguardi la competenza sui conti giudiziali già prevista dalla stessa norma in un comma precedente.

 

*****

 

In questa sede esaminiamo una particolare fattispecie realmente verificatasi, a cui potrebbe essere applicabile la possibilità di un giudizio pregiudiziale contabile. Ci si riferisce all’ ipotesi di tutela del diritto all’assunzione negli enti locali per i vincitori di concorso e gli idonei, attualmente rientrante nella giurisdizione ordinaria lavoristica.

 

Con il nuovo riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego, intervenuto con il d.lgs. 80/1998, recepito nell’art. 63, d.lgs. 165/2001, la tutela sull’assunzione per i vincitori dei concorsi pubblici è stata attribuita alla giurisdizione ordinaria, la cui competenza inizia nel momento in cui si conclude la procedura concorsuale con l’approvazione della graduatoria dei vincitori e degli idonei.

 

La questione della tutela sostanziale di tale diritto può dirsi ormai risolta dalla Corte di cassazione con le decisioni 10812/2010 e 8736/2008 e dall’ulteriore giurisprudenza ivi richiamata.

 

In concreto, secondo questa giurisprudenza, il vincitore di concorso e titolare di un vero e proprio diritto all’assunzione e lo sono anche gli idonei, qualora l’amministrazione abbia deliberato lo scorrimento della graduatoria.

 

E’ necessario fare un piccolo passo indietro, evidenziando che anteriormente alla predetta riforma, la giurisprudenza amministrativa aveva sempre sostenuto che la posizione dei vincitori di concorso e degli idonei si qualificasse come un mero interesse legittimo che consentiva all’amministrazione di non procedere all’assunzione né esisteva a livello nazionale alcuna norma che smentisse tali conclusioni.

 

L’unica eccezione era ed è ancora oggi costituita dalla regione Siciliana, la quale, in virtù delle proprie prerogative attribuite dallo Statuto speciale che ha valenza di legge costituzionale, all’art. 15 dello Statuto regionale prevede la possibilità di legiferare in materia di ordinamento degli enti locali.

 

Tale casistica, sebbene limitata alla Sicilia, alla luce della giurisprudenza di legittimità sopra citata, può ritenersi estensibile ormai anche sul piano nazionale, con gli effetti che evidenzieremo, ed in cui un ruolo fondamentale potrebbe giocare la giurisdizione contabile attraverso i giudizi ad istanza di parte.

 

Le norme di riferimento siciliane sono l’art. 10 della legge regionale 2/1988 e l’art. 219 della legge regionale 16/1963 e le successive modificazioni ed integrazioni.

 

Tali norme rispettivamente prevedono che: “parimenti l’ente è obbligato a procedere all’assunzione dei vincitori del concorso entro trenta giorni dall’esecutività del provvedimento di approvazione della graduatoria, [sempre che i relativi posti abbiano copertura finanziaria da parte dello Stato o, a titolo di anticipazione,dalla Regione]”[3].E che “qualora nei trentasei mesi successivi all’approvazione della graduatoria si verifichino per rinunzia, decadenza, dimissioni, morte o altra causa vacanze di posti nei relativi ruoli organici, l’amministrazione procede alla loro copertura mediante la nomina dei concorrenti inclusi nella graduatoria e dichiarati idonei che, per ordine di merito seguono immediatamente i vincitori. Sono esclusi i posti istituiti o trasformati successivamente all’approvazione della graduatoria. I posti di cui al precedente comma sono quelli di pari qualifica funzionale e professionale”.

 

Tali norme vigenti in Sicilia già anteriormente alla riforma del pubblico impiego, configuravano sostanzialmente in capo ai vincitori ed agli idonei dei concorsi, ove sussistessero i predetti presupposti normativi, un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione, ineludibile dalle amministrazioni locali e tutelabile già davanti al giudice amministrativo.

 

Difatti, la giurisprudenza amministrativa siciliana si è posta in senso favorevole per la configurazione di un diritto soggettivo, sebbene, come vedremo, nel rispetto di alcuni presupposti.

 

Tale normativa, -non lo si può nascondere- ha creato però qualche malumore in diverse amministrazioni locali, ed ancor di più ne crea oggi, con la giurisdizione di diritto soggettivo del giudice del lavoro, confermata dalle suddette pronunce delle Sezioni Unite. Da qui i vari tentativi di elusione, attraverso stratagemmi illegittimi, perlopiù inserendo nei bandi di concorso delle clausole o condizioni alquanto stravaganti, per non dire surreali.

 

La più ricorrente è la clausola in cui si prevede che l’assunzione dei vincitori e degli idonei sia subordinata alla disponibilità finanziaria che si verificherà nel bilancio di previsione dell’ente.

 

E’ evidente come una clausola del genere non possa che classificarsi come condizione meramente potestativa, ai sensi dell’art. 1355 c.c., visto che, lo stanziamento nello specifico intervento/capitolo del bilancio di previsione, esiste solo ove voluto dall’amministrazione, attraverso l’approvazione specifica nel bilancio di previsione da parte del consiglio comunale dell’ente.

 

La giurisprudenza amministrativa siciliana, estensibile adesso per i motivi già evidenziati anche a livello nazionale, a suo tempo aveva precisato che la tutela del diritto all’assunzione era assoggettata a determinati presupposti, si riporta la massima inedita per esteso: “la normativa regionale in tema di assunzioni presso gli enti locali (art. 219 ordinamento regionale degli enti locali della Regione Siciliana, come successivamente modificato ed integrato dall’art. 8 della legge regionale 21 del 1988 e dall’art. 8 della legge regionale 12 del 1991) indica l’attività di copertura dei posti resisi vacanti nel triennio successivo all’approvazione delle graduatorie dei pubblici concorsi, vincolata al solo accertamento e verifica dei presupposti di legge,nonché dell’assenza di eventuali cause inibitorie.L’amministrazione, infatti, nell’esercizio di detta attività, deve verificare la sopravvenuta vacanza dei posti e la compatibilità finanziaria con gli atti di assunzione, nonché l’assenza di previsioni di temporanei blocchi di organico. Pertanto il diritto del candidato, utilmente collocato in graduatoria, alla nomina in ruolo può considerarsi pienamente sorto alla sussistenza dei cennati presupposti positivi e negativi, ai quali è condizionato.”[4]

 

Naturamente, le norme sul patto di stabilità sono da considerarsi blocchi temporanei alle assunzioni ex lege.

 

Queste argomentazioni che possono considerarsi ancora valide ed applicabili anche a livello nazionale, sulla base della giurisprudenza della Cassazione sopra citata, hanno trovato una conferma indiretta anche nella giurisprudenza contabile, la quale in termini generali in sede di giudizio di responsabilità si è pronunciata su questa problematica affermando che “L'amministrazione pubblica, quando agisce jure privatorum, è tenuta all'adempimento delle proprie obbligazioni ai sensi dell'art. 1176 c.c. con le possibili conseguenze da inadempimento di cui all'art. 1218 c.c.: nel caso di specie il fatto che l'ente locale non abbia potuto soddisfare l'impegno contrattuale perchè mancava la disponibilità di bilancio non fa venire meno i conseguenti obblighi contrattuali, interessi compresi, e nulla deve considerarsi la clausola apposta per eludere detti obblighi”[5].

 

Si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 165/2001, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato l’amministrazione agisce con le stesse prerogative del datore di lavoro privato, dunque il principio affermato in questa ultima pronuncia è coerente con la problematica in esame.

 

Pur tuttavia non si può ignorare, come in effetti si è in concreto verificato, che il giudice del lavoro non del tutto specializzato in materia di contabilità pubblica, possa rigettare il ricorso del vincitore di concorso per non aver provato l’esistenza della copertura finanziaria nel bilancio di previsione dell’ente, e che evidentemente, si configura come una richiesta di “prova diabolica” .

 

*****

 

Come più sopra evidenziato, nella giurisprudenza del TAR Sicilia il presupposto per la sussistenza del diritto all’assunzione non è la copertura finanziaria, ma la compatibilità finanziaria/capacità di bilancio, che può preventivamente essere accertata previo ricorso ad istanza di parte dal giudice contabile attraverso l’esame della documentazione contenuta ed allegata al rendiconto della gestione comunemente conosciuto come conto consuntivo, previsto dagli artt. 227 e 228 del d.lgs. 267/2000. Tale sindacato si configurerebbe come un giudizio di conto rientrante ovviamente nella giurisdizione contabile, sulla base della giurisprudenza del Giudice della giurisdizione sopra evidenziata, e dunque rientrante nella categoria dei ricorsi ex art. 58 reg. proc..

 

Ma che cosa è la compatibilità finanziaria/capacità di bilancio? E perché essa è stata ritenuta dal giudice amministrativo presupposto fondamentale per la sussistenza del diritto all’assunzione?

 

Essa ai fini processuali altro non è che una prova per via indiretta ma affidabile, della esistenza della copertura finanziaria ai fini della possibile assunzione; in effetti il termine compatibilità finanziaria era contenuto a suo tempo nell’art. 45 del d.lgs. 504/1992, il quale prevedeva che : “1.Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari.Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento.

 

2.Con decreto del Ministero dell’interno, sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, ai sensi dell’art. 9, comma 6 del d.lgs. 281/1997, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento ad un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell’ultimo triennio disponibile, nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui al comma1.

 

3. Il controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale degli dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, individuati ai sensi del comma1, è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilità finanziaria, dalla Commissione di ricerca per la finanza locale ………”

 

Tale norma è stata sostituita con gli artt. 242 e 243 del d.lgs. 267/2000, il quale ne riproducono sostanzialmente il contenuto. Ma la norma fondamentale per quanto qui ci interessa è l’art. 51 comma 01 della legge n. 142/90 recepita in Sicilia con la legge n. 48/1991, e a livello nazionale contenuta nell’art. 89 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000. Quest’ultima norma prevede che “gli enti locali, nel rispetto dei principi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonché all’organizzazione e gestione del personale nell’ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari.”

 

Infine, i parametri fissati con il decreto ministeriale[6] sono allegati al conto del bilancio ai sensi dell’art. 228 comma 5 TUEL citato.

 

La non deficitarietà per la spesa per il personale, ossia la capacità di bilancio, ovvero la compatibilità finanziaria, si estrinseca in un rapporto tra le spese del personale e le spese correnti che non deve superare una determinata percentuale prevista dal decreto ministeriale in relazione alla dimensione demografica degli enti locali, dunque l’accertamento del non superamento di tale parametro determinerebbe la sussistenza della compatibilità finanziaria/capacità di bilancio ai fini dell’assunzione e quindi, indirettamente, la sussistenza della copertura finanziaria tutelabile in ultima soluzione, anche con un giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo una volta passata in giudicato la sentenza del giudice del lavoro che riconosca il diritto all’assunzione, per effettuare la variazione di bilancio[7].

 

Sul piano pratico per completezza, si deve precisare che dal calcolo della percentuale devono essere escluse le spese per il personale finanziate con contributi regionali, ed il legislatore siciliano ha ulteriormente escluso anche la spesa per il personale precario con l’art.24 comma 4ter della L.R. n. 4/2003.

 

*****

 

In conclusione, il legislatore ha voluto che la gestione del personale, comprese le assunzioni, sia agganciata e condizionata di fatto alla compatibilità finanziaria/capacità di bilancio, ossia allo specifico parametro di non deficitarietà della spesa del personale. Questo significa che, qualora l’amministrazione eccepisca al vincitore di concorso la impossibilità di assunzione per assenza di copertura finanziaria, sussistendo però la compatibilità finanziaria/capacità di bilancio, risultante dalla tabella allegata al rendiconto, egli potrà chiedere l’accertamento contabile della sussistenza di tale presupposto condizionante il suo diritto all’assunzione.

 

Ma chi è il giudice competente per tale accertamento? Nulla impedisce che sia lo stesso giudice del lavoro deputato al riconoscimento del diritto sostanziale. Vista, però, la complessità della materia e la possibilità che la tabella dei parametri allegata al rendiconto della gestione non sia compresa pienamente e non sia perciò ritenuta una prova valida e sufficiente, nulla vieta, trattandosi di un giudizio su provvedimenti e atti amministrativi contabili (anche il rendiconto è un conto!) ai sensi dell’art. 13 del T.U. Corte dei conti e come affermato dalla Corte di cassazione, che possa essere adito il giudice contabile con un ricorso ad istanza di parte ex art. 58 R.D, 1038/1933, finalizzato ad ottenere una pronuncia di mero accertamento positivo, ovviamente limitata alla sola capacità di bilancio/compatibilità finanziaria della spesa del personale.

 

Questa problematica dimostra appunto, quanto affermato dalla dottrina sopra citata[8]: come questa norma costituisca un “polmone” per successivi sviluppi futuri della giurisdizione contabile in qualità di giudice specializzato, al servizio “decisivo” -e senza alcun complesso di inferiorità- in questo come in altri casi, anche delle altre giurisdizioni.

 

(Altalex, 24 maggio 2011. Articolo di Giuseppe Grasso)

 

_________________

 

[1] M.SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile IV ed. Milano 2009, pag. 707.

 

[2] Così Cass.SSUU 6478/1992 in Riv. Corte conti 1992 fasc.3.Conformi anche Cass.ss.uu.5424/1993 Riv.Corte conti 1993 fasc.4.,14080/2002 in Riv.Corte conti 202 fasc. 5.

 

[3] La parte tra parentesi deve ritenersi implicitamente abrogata con la riforma dei trasferimenti statali e regionali ad opera rispettivamente dell’art. 34 D.lgs.504/1992 e 45 L.R.Sicilia 6/1997.

 

[4] TAR Sicilia PA sez.II 1614/1997 inedita in questi termini.

 

[5] Corte dei conti sez.Molise 120/2000 in banca dati corteconti.it.

 

[6] Da ultimo il D.M. Interno del 24/9/2009 in G.U. n. 238 del 13/10/2009.

 

[7] Si veda a tal proposito Cons.di Stato sez.IV 899/1997 in Cons. Stato 1997, I, pag. 1029.

 

[8] Cfr.op.cit. nota n. 1.

 

 

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