di Ambra Carla Tombesi
Il termine di un anno per la
formazione del silenzio assenso nel procedimento per
condono edilizio introdotto con l'art. 39 della l. 23
aprile 1994, n. 724 non decorre se non viene prodotta la
documentazione richiesta, impedendo l'estinzione dei
reati integrati con la costruzione abusiva
dell'immobile.
Secondo la sentenza che può
leggersi in calce, è inammissibile il ricorso per
Cassazione proposto dall'imputato per il riconoscimento
della formazione tacita, mediante silenzio assenso, di
un provvedimento di c.d. “condono edilizio”, ai sensi e
per gli effetti dei quali all'art. 39 della l. 23 aprile
1994, n. 724, con conseguente estinzione della
contravvenzione di costruzione in assenza di
autorizzazione paesaggistica, qualora all'istanza di
condono presentata in sede amministrativa non sia
allegata tutta la documentazione richiesta per la
concessione del provvedimento eccezionale di sanatoria.
Non consentendo, inoltre,
l'inammissibilità del ricorso, il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione, la prescrizione maturata dopo
la pronuncia della sentenza di appello, in conseguenza
della presentazione dell'atto di gravame, non può essere
rilevata dalla Corte di Cassazione (sul punto richiamata
la Cassazione, Sezioni Unite, 22 novembre 2000 (dep. 21
dicembre 2000), n. 32).
Questo il fatto oggetto del
giudizio: con sentenza pronunziata nel gennaio del 1997,
la Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, rilevata la prescrizione del
reato di costruzione in assenza di concessione edilizia,
condannava l'imputato per la sola contravvenzione di
costruzione in assenza di autorizzazione paesaggistica
di cui, allora, agli artt. 1 sexies del d.l. 27 giugno
1985 n. 312 (conv. l. 431/1985) e 20 l. 28 febbraio
1985, n. 431.
Con il ricorso in Cassazione
l'imputato lamenta, dal punto di vista sostanziale,
l'inoffensività del fatto contestato; la formazione del
silenzio assenso rispetto alla domanda di condono
edilizio presentata al Comune di Napoli in relazione
all'immobile oggetto del reato, da ritenersi, quindi,
estinto; nonché l'intervenuta prescrizione della
contravvenzione contestata nelle more della
presentazione e decisione del ricorso per cassazione. La
Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi
di gravame.
Quanto all'inidoneità della
realizzata costruzione abusiva ad incidere
sull'originario assetto dei luoghi sottoposti a vincolo
paesaggistico, il ricorrente afferma che la diffusa
urbanizzazione dell'area vincolata escluderebbe, in
concreto, il pericolo di lesione del bene giuridico
tutelato dalla norma incriminatrice, rendendo, quindi,
inoffensivo il fatto contestato all'imputato.
La Cassazione sottolinea,
tuttavia, che la contravvenzione di costruzione in
assenza di autorizzazione paesaggistica è un reato di
pericolo astratto, posto a tutela del paesaggio e
dell'aspetto esteriore degli edifici, ritenuti valori
meritevoli di tutela anche mediante la sanzione penale.
Rileva, poi, la Suprema Corte, con motivazione invero
fin troppo sintetica, come nel caso di specie la
consistenza e la tipologia dell'intervento realizzato
siano sicuramente, anche in concreto, idonee a recare
pregiudizio a siffatti valori.
Anche l'asserita estinzione del
reato per maturazione del termine massimo per l'adozione
di un provvedimento di diniego al condono edilizio, e,
quindi in forza della formazione del provvedimento
implicito di sanatoria mediante silenzio assenso,
secondo la procedura di cui all'art. 39 della l. 724/94,
è stato reputato motivo di ricorso inammissibile alla
luce degli accertamenti compiuti in sede di legittimità.
Durante il giudizio di
Cassazione, infatti, a seguito di sospensione del
procedimento di legittimità, veniva richiesta
all'amministrazione comunale competente, l'attestazione
di congruità del procedimento di condono attivato, in
sede amministrativa, dall'imputato, al fine di valutare
se potesse ritenersi implicitamente formato un
provvedimento favorevole all'istanza di condono a suo
tempo presentata.
Il Comune di Napoli comunicava
alla Suprema Corte che, pur rientrando astrattamente
l'immobile oggetto del reato tra le opere condonabili
sia per quanto riguarda la superficie edificata, sia per
la data di ultimazione della costruzione, nonché la
tempestività della domanda di condono e la congruità
dell'oblazione già versata, la documentazione prodotta
dall'imputato risultava carente dei riferimenti
catastali dell'immobile abusivo.
L'imputato, pertanto, non
poteva, allo stato, fruire della sanatoria, che,
tuttavia, sarebbe stata concessa dall'amministrazione
procedente a seguito di integrazione della
documentazione allegata, qualora anche degli enti
preposti alla tutela del vincolo paesaggistico avessero
espresso parere favorevole al condono.
L'imputato, nonostante il Comune
gli avesse concesso termini per produrre il documento
mancante, non ha inviato alla pubblica amministrazione
la quanto richiesto e, di conseguenza, il Comune di
Napoli non ha dato corso al procedimento.
L'incompletezza della documentazione, rendendo
improcedibile l'istanza di condono edilizio, ha, quindi,
impedito, secondo la Cassazione, la formazione del
silenzio assenso nel procedimento amministrativo, che,
pur essendo equipollente ad un provvedimento espresso di
“condono”, non avrebbe comunque sanato la mancanza di
parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del
vincolo paesaggistico.
La contravvenzione contestata,
quindi, non può essere considerata estinta, né per
intervento del provvedimento di condono edilizio, né per
prescrizione, atteso che l'inammissibilità del ricorso
proposto dall'imputato, precludendo il valido formarsi
di un rapporto di impugnazione, ha cristallizzato il
giudizio al momento della pronuncia della sentenza di
appello, allorquando non era ancora decorso il termine
di prescrizione.
La sentenza in commento impone
di ripercorrere, seppur sinteticamente, i passaggi
fondamentali del procedimento amministrativo di condono
edilizio previsto dall'art. 39 della l. 724/1994, per
comprendere la natura di tale provvedimento ed i limiti
del sindacato del giudice penale ed amministrativo in
ordine all'accertamento della formazione implicita di un
provvedimento di concessione edilizia in sanatoria.
L'art. 39 della l. 724/1994 descrive puntualmente sia la
tipologia di manufatti astrattamente suscettibili di
condono (commi 1 e 2), sia la misura della c.d.
“oblazione” da versare prima della presentazione
dell'istanza (comma 3).
Vengono specificamente indicati,
altresì, i requisiti essenziali dell'istanza di condono
ed i relativi allegati, ossia la prova del pagamento
dell'oblazione, una dichiarazione sostitutiva dei
documenti indicati all'art. 35 comma 3 della l 28
febbraio 1985, n. 47 (ossia la normativa che ha
introdotto, precedentemente il condono edilizio a cui si
è saldato quello previsto nel 1994), il fascicolo
fotografico relativo all'abuso, il progetto di
adeguamento statico dell'edificio ed il pagamento di
oneri di concessione, nonché copia della denuncia in
catasto relativa alla costruzione dell'immobile. Se
l'istanza, corredata dei necessari allegati, è stata
redatta correttamente e la costruzione abusiva rientra
tra quelle condonabili, è espressamente previsto che, il
decorso un anno (ovvero due anni nei comuni con più di
500.000 abitanti) dalla presentazione della domanda,
senza l'adozione di un provvedimento negativo da parte
del Comune, equivalga a concessione edilizia in
sanatoria, fermo restando che, per successive modifiche
dell'art. 39 l. 724/1994, ai fini della formazione del
silenzio assenso, è consentito il pagamento degli oneri
concessori ovvero la denuncia al catasto anche
successivamente rispetto alla presentazione della
domanda, purchè entro un anno dalla data di
presentazione dell'istanza di condono.
Per quanto riguarda i manufatti
abusivamente costruiti in aree coperte da vincolo
paesaggistico, solo in alcuni casi specifici previsti
all'art. 32 della l. 47/1985 (come modificato dall'art.
39 comma 7 della l 724/1994) è consentita la formazione
di silenzio assenso, equiparabile anche al parere
favorevole dell'autorità posta a tutela del vincolo, la
quale, altrimenti, deve sempre assumere determinazioni
espresse. Il c.d. “condono edilizio” previsto dalla l.
724/1994 (come già dagli artt. 31 ss. l. 28 febbraio
1985, n. 47 e poi dall'art. 32 del d.l. 269/2003,
convertito in l.326/03) è un provvedimento
amministrativo eccezionale che consente di sanare lo
status amministrativo di una costruzione realizzata in
assenza dei prescritti titoli abilitativi.
Diversamente dal permesso di
costruire in sanatoria (già concessione edilizia in
sanatoria ai sensi dall'art. 13 l. 47/1985, ora previsto
all'art. 36 d.P.R. 380/2001 – Testo Unico
dell'Edilizia), strumento ordinario per l'accertamento
di conformità urbanistica di immobili costruirti in
assenza dei prescritti titoli abilitativi e, tuttavia,
in conformità alla disciplina edilizia ed urbanistica
vigente, il condono edilizio rappresenta una sorta di
“perdono” ex lege per la realizzazione senza titolo
abilitativo di un manufatto, in violazione sostanziale
delle prescrizioni urbanistiche, legali e regolamentari,
previste a livello statale, regionale e locale.
Pertanto il provvedimento di
condono edilizio può essere adottato solo in presenza di
espressa previsione di legge che, eccezionalmente,
consenta di derogare alla disciplina, legale e
regolamentare, in materia edilizia ed urbanistica,
sanando una pregressa situazione di sostanziale
antigiuridicità (così TAR Campania – Napoli, Sez. VI, 3
settembre 2010, n. 17282 in DeJure).
Proprio l'eccezionalità del
condono edilizio non consente un'applicazione analogica
delle norme relative al procedimento ed all'adozione del
provvedimento di sanatoria, che ha l'effetto di
determinare l'estinzione dei reati connessi alla
costruzione in assenza di titoli abilitativi.
Pacificamente la giurisprudenza,
penale ed amministrativa, subordina “l'inverarsi della
concessione tacitamente assentita, tra l'altro, alla
completezza della documentazione da allegare alla
domanda” (così TAR Toscana – Firenze, 6 aprile 2010, n.
925 in DeJure), posto che la carenza di documentazione,
ancor di più se non integrata dall'istante su richiesta
dalla pubblica amministrazione, determina l'improcedibilità
della domanda di sanatoria, precludendo tanto la
formazione del silenzio assenso, quanto,
conseguentemente, l'estinzione del reato (cfr. Cass. Pen.,
Sez. III, 25 novembre 2008, n. 3583 in DeJure; Cass. Pen.,
Sez. III, 11 luglio 2000, n. 10969, in Plurisonline).
Non rileva, quindi, nel caso di
specie, che i riferimenti catastali dell'immobile
oggetto del reato potessero essere, astrattamente,
autonomamente accertabili dalla pubblica
amministrazione, a consentire di superare il dato
testuale, e quindi ineludibile, attesa la eccezionalità
dell'istituto del condono edilizio, che preclude la
formazione implicita del provvedimento di concessione
edilizia in sanatoria in mancanza dell'allegazione dei
documenti prescritti dalla legge.
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