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Condono mediante silenzio assenso nei reati edilizi-(Sentenza Cassazione penale 18/04/2011, n. 15601-Ipsoa.it

 

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di Ambra Carla Tombesi

Il termine di un anno per la formazione del silenzio assenso nel procedimento per condono edilizio introdotto con l'art. 39 della l. 23 aprile 1994, n. 724 non decorre se non viene prodotta la documentazione richiesta, impedendo l'estinzione dei reati integrati con la costruzione abusiva dell'immobile.

 

Secondo la sentenza che può leggersi in calce, è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto dall'imputato per il riconoscimento della formazione tacita, mediante silenzio assenso, di un provvedimento di c.d. “condono edilizio”, ai sensi e per gli effetti dei quali all'art. 39 della l. 23 aprile 1994, n. 724, con conseguente estinzione della contravvenzione di costruzione in assenza di autorizzazione paesaggistica, qualora all'istanza di condono presentata in sede amministrativa non sia allegata tutta la documentazione richiesta per la concessione del provvedimento eccezionale di sanatoria.

 

Non consentendo, inoltre, l'inammissibilità del ricorso, il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, la prescrizione maturata dopo la pronuncia della sentenza di appello, in conseguenza della presentazione dell'atto di gravame, non può essere rilevata dalla Corte di Cassazione (sul punto richiamata la Cassazione, Sezioni Unite, 22 novembre 2000 (dep. 21 dicembre 2000), n. 32).

 

Questo il fatto oggetto del giudizio: con sentenza pronunziata nel gennaio del 1997, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rilevata la prescrizione del reato di costruzione in assenza di concessione edilizia, condannava l'imputato per la sola contravvenzione di costruzione in assenza di autorizzazione paesaggistica di cui, allora, agli artt. 1 sexies del d.l. 27 giugno 1985 n. 312 (conv. l. 431/1985) e 20 l. 28 febbraio 1985, n. 431.

 

Con il ricorso in Cassazione l'imputato lamenta, dal punto di vista sostanziale, l'inoffensività del fatto contestato; la formazione del silenzio assenso rispetto alla domanda di condono edilizio presentata al Comune di Napoli in relazione all'immobile oggetto del reato, da ritenersi, quindi, estinto; nonché l'intervenuta prescrizione della contravvenzione contestata nelle more della presentazione e decisione del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi di gravame.

 

Quanto all'inidoneità della realizzata costruzione abusiva ad incidere sull'originario assetto dei luoghi sottoposti a vincolo paesaggistico, il ricorrente afferma che la diffusa urbanizzazione dell'area vincolata escluderebbe, in concreto, il pericolo di lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, rendendo, quindi, inoffensivo il fatto contestato all'imputato.

 

La Cassazione sottolinea, tuttavia, che la contravvenzione di costruzione in assenza di autorizzazione paesaggistica è un reato di pericolo astratto, posto a tutela del paesaggio e dell'aspetto esteriore degli edifici, ritenuti valori meritevoli di tutela anche mediante la sanzione penale. Rileva, poi, la Suprema Corte, con motivazione invero fin troppo sintetica, come nel caso di specie la consistenza e la tipologia dell'intervento realizzato siano sicuramente, anche in concreto, idonee a recare pregiudizio a siffatti valori.

 

Anche l'asserita estinzione del reato per maturazione del termine massimo per l'adozione di un provvedimento di diniego al condono edilizio, e, quindi in forza della formazione del provvedimento implicito di sanatoria mediante silenzio assenso, secondo la procedura di cui all'art. 39 della l. 724/94, è stato reputato motivo di ricorso inammissibile alla luce degli accertamenti compiuti in sede di legittimità.

 

Durante il giudizio di Cassazione, infatti, a seguito di sospensione del procedimento di legittimità, veniva richiesta all'amministrazione comunale competente, l'attestazione di congruità del procedimento di condono attivato, in sede amministrativa, dall'imputato, al fine di valutare se potesse ritenersi implicitamente formato un provvedimento favorevole all'istanza di condono a suo tempo presentata.

 

Il Comune di Napoli comunicava alla Suprema Corte che, pur rientrando astrattamente l'immobile oggetto del reato tra le opere condonabili sia per quanto riguarda la superficie edificata, sia per la data di ultimazione della costruzione, nonché la tempestività della domanda di condono e la congruità dell'oblazione già versata, la documentazione prodotta dall'imputato risultava carente dei riferimenti catastali dell'immobile abusivo.

 

L'imputato, pertanto, non poteva, allo stato, fruire della sanatoria, che, tuttavia, sarebbe stata concessa dall'amministrazione procedente a seguito di integrazione della documentazione allegata, qualora anche degli enti preposti alla tutela del vincolo paesaggistico avessero espresso parere favorevole al condono.

 

L'imputato, nonostante il Comune gli avesse concesso termini per produrre il documento mancante, non ha inviato alla pubblica amministrazione la quanto richiesto e, di conseguenza, il Comune di Napoli non ha dato corso al procedimento. L'incompletezza della documentazione, rendendo improcedibile l'istanza di condono edilizio, ha, quindi, impedito, secondo la Cassazione, la formazione del silenzio assenso nel procedimento amministrativo, che, pur essendo equipollente ad un provvedimento espresso di “condono”, non avrebbe comunque sanato la mancanza di parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.

 

La contravvenzione contestata, quindi, non può essere considerata estinta, né per intervento del provvedimento di condono edilizio, né per prescrizione, atteso che l'inammissibilità del ricorso proposto dall'imputato, precludendo il valido formarsi di un rapporto di impugnazione, ha cristallizzato il giudizio al momento della pronuncia della sentenza di appello, allorquando non era ancora decorso il termine di prescrizione.

 

La sentenza in commento impone di ripercorrere, seppur sinteticamente, i passaggi fondamentali del procedimento amministrativo di condono edilizio previsto dall'art. 39 della l. 724/1994, per comprendere la natura di tale provvedimento ed i limiti del sindacato del giudice penale ed amministrativo in ordine all'accertamento della formazione implicita di un provvedimento di concessione edilizia in sanatoria. L'art. 39 della l. 724/1994 descrive puntualmente sia la tipologia di manufatti astrattamente suscettibili di condono (commi 1 e 2), sia la misura della c.d. “oblazione” da versare prima della presentazione dell'istanza (comma 3).

 

Vengono specificamente indicati, altresì, i requisiti essenziali dell'istanza di condono ed i relativi allegati, ossia la prova del pagamento dell'oblazione, una dichiarazione sostitutiva dei documenti indicati all'art. 35 comma 3 della l 28 febbraio 1985, n. 47 (ossia la normativa che ha introdotto, precedentemente il condono edilizio a cui si è saldato quello previsto nel 1994), il fascicolo fotografico relativo all'abuso, il progetto di adeguamento statico dell'edificio ed il pagamento di oneri di concessione, nonché copia della denuncia in catasto relativa alla costruzione dell'immobile. Se l'istanza, corredata dei necessari allegati, è stata redatta correttamente e la costruzione abusiva rientra tra quelle condonabili, è espressamente previsto che, il decorso un anno (ovvero due anni nei comuni con più di 500.000 abitanti) dalla presentazione della domanda, senza l'adozione di un provvedimento negativo da parte del Comune, equivalga a concessione edilizia in sanatoria, fermo restando che, per successive modifiche dell'art. 39 l. 724/1994, ai fini della formazione del silenzio assenso, è consentito il pagamento degli oneri concessori ovvero la denuncia al catasto anche successivamente rispetto alla presentazione della domanda, purchè entro un anno dalla data di presentazione dell'istanza di condono.

 

Per quanto riguarda i manufatti abusivamente costruiti in aree coperte da vincolo paesaggistico, solo in alcuni casi specifici previsti all'art. 32 della l. 47/1985 (come modificato dall'art. 39 comma 7 della l 724/1994) è consentita la formazione di silenzio assenso, equiparabile anche al parere favorevole dell'autorità posta a tutela del vincolo, la quale, altrimenti, deve sempre assumere determinazioni espresse. Il c.d. “condono edilizio” previsto dalla l. 724/1994 (come già dagli artt. 31 ss. l. 28 febbraio 1985, n. 47 e poi dall'art. 32 del d.l. 269/2003, convertito in l.326/03) è un provvedimento amministrativo eccezionale che consente di sanare lo status amministrativo di una costruzione realizzata in assenza dei prescritti titoli abilitativi.

 

Diversamente dal permesso di costruire in sanatoria (già concessione edilizia in sanatoria ai sensi dall'art. 13 l. 47/1985, ora previsto all'art. 36 d.P.R. 380/2001 – Testo Unico dell'Edilizia), strumento ordinario per l'accertamento di conformità urbanistica di immobili costruirti in assenza dei prescritti titoli abilitativi e, tuttavia, in conformità alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente, il condono edilizio rappresenta una sorta di “perdono” ex lege per la realizzazione senza titolo abilitativo di un manufatto, in violazione sostanziale delle prescrizioni urbanistiche, legali e regolamentari, previste a livello statale, regionale e locale.

 

Pertanto il provvedimento di condono edilizio può essere adottato solo in presenza di espressa previsione di legge che, eccezionalmente, consenta di derogare alla disciplina, legale e regolamentare, in materia edilizia ed urbanistica, sanando una pregressa situazione di sostanziale antigiuridicità (così TAR Campania – Napoli, Sez. VI, 3 settembre 2010, n. 17282 in DeJure).

 

Proprio l'eccezionalità del condono edilizio non consente un'applicazione analogica delle norme relative al procedimento ed all'adozione del provvedimento di sanatoria, che ha l'effetto di determinare l'estinzione dei reati connessi alla costruzione in assenza di titoli abilitativi.

 

Pacificamente la giurisprudenza, penale ed amministrativa, subordina “l'inverarsi della concessione tacitamente assentita, tra l'altro, alla completezza della documentazione da allegare alla domanda” (così TAR Toscana – Firenze, 6 aprile 2010, n. 925 in DeJure), posto che la carenza di documentazione, ancor di più se non integrata dall'istante su richiesta dalla pubblica amministrazione, determina l'improcedibilità della domanda di sanatoria, precludendo tanto la formazione del silenzio assenso, quanto, conseguentemente, l'estinzione del reato (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 25 novembre 2008, n. 3583 in DeJure; Cass. Pen., Sez. III, 11 luglio 2000, n. 10969, in Plurisonline).

 

Non rileva, quindi, nel caso di specie, che i riferimenti catastali dell'immobile oggetto del reato potessero essere, astrattamente, autonomamente accertabili dalla pubblica amministrazione, a consentire di superare il dato testuale, e quindi ineludibile, attesa la eccezionalità dell'istituto del condono edilizio, che preclude la formazione implicita del provvedimento di concessione edilizia in sanatoria in mancanza dell'allegazione dei documenti prescritti dalla legge.

 

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