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TRAUSS-KAHN: LE CONSEGUENZE DI UN ARRESTO di Nouriel Roubini  -La Voce.info

 

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L'arresto del managing director del Fondo monetario internazionale, con l'accusa di stupro, ha conseguenze importanti per l'Fmi, per le elezioni presidenziali in Francia e per i disastrati paesi Piigs. Fondo monetario e Unione Europea si trovano infatti davanti alla scelta se proseguire con un piano di salvataggio della Grecia che richiede sempre maggiori risorse oppure optare per una ristrutturazione ordinata del debito. Scelta resa più complessa dal rifiuto pregiudiziale della Bce di prendere in considerazione la seconda opzione. La posizione della Germania.

L'arresto del direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn (meglio conosciuto come Dsk), con l'accusa di tentato stupro ha conseguenze importanti per l'Fmi, per la successione al vertice dell'organizzazione, per i salvataggi targati Ue-Fmi dei disastrati paesi Piigs e per le elezioni presidenziali in Francia.

I PROBLEMI DI STRAUSS-KAHN

Prima del suo arresto nel weekend, Dsk stava pensando di lasciare il ruolo di direttore generale dell'Fmi per candidarsi alla presidenza francese nel 2012. In molti sondaggi, Strauss-Kahn risultava in vantaggio rispetto all'attuale presidente francese Nicolas Sarkozy ed era il candidato principale alla vittoria.
Le accuse di stupro sono per il momento soltanto accuse, ma i fatti del weekend hanno sicuramente distrutto ogni possibilità di Dsk di candidarsi alla presidenza francese: di fronte alla corte dell'opinione pubblica è ormai un “merce avariata”, anche se sotto il profilo legale si deve considerarlo innocente finché la sua colpevolezza non sia provata. Può esserci ancora una remota possibilità di resuscitare le sue ambizioni politiche solo se le accuse si dimostreranno false in breve tempo, e per la verità alcuni hanno avanzato l'ipotesi che Dsk sia caduto in una trappola volta a distruggere la sua candidatura. La stampa francese vicina a Sarkozy ha iniziato di recente una campagna di fango contro Dsk e alcune fonti di intelligence sussurrano che potrebbero esserci in Francia “forze oscure” determinate a distruggere il capo dell'Fmi. Ma se i sospetti di “cospirazioni” e “trappole” non si dimostrano veri in tempi molto brevi (i prossimi giorni o le prossime settimane), la carriera di Strauss-Kahn all'Fmi è finita (anche se pensava di dimettersi per correre contro Sarkozy) così come la possibilità di candidarsi alle elezioni presidenziali francesi, indipendentemente dal fatto che in seguito un tribunale lo giudichi colpevole o innocente.

EFFETTI SULLA GRECIA E ALTRI PIIGS

Dominique Strauss-Kahn avrebbe dovuto incontrare domenica il cancelliere tedesco Angela Merkel e lunedì il ministro delle Finanze dell'Unione Europea per discutere le strategie per la Grecia: restare ancorati al piano “A+” incrementando (con somme ingenti) il pacchetto ufficiale di aiuti predisposto da Fmi, Unione Europea e Efsf, per consentire alla Grecia di finanziare il buco da 25-30 miliardi di euro (perché ovviamente il paese non tornerà a finanziarsi sui mercati nel 2012); oppure passare a un “piano B” per arrivare a una ristrutturazione ordinata del debito e nello stesso tempo procedere con un programma rivisto di austerità e riforme (le opzioni 3 e 6 della matrice RGE per la Grecia; vedi “A How-to Manual for Plan B: Options for Greece’s Debt Restructuring.Naturalmente, altri all'interno del Fondo monetario internazionale sono in grado di assumere la guida del negoziato per l'ulteriore salvataggio della Grecia o per coinvolgere i suoi creditori privati, ma Dsk aveva l'esperienza e il peso politico necessari per condurre l'Fmi in questi difficili passaggi. A indebolire la leadership del Fondo contribuisce poi il fatto che anche il suo numero due, John Lipsky, aveva programmato di lasciare l'organizzazione in agosto (pur mantenendo un ruolo di consulente fino a novembre) e ora proprio Lipsky si trova a esercitare i poteri di supplenza. Sì, l'organizzazione è grande e perfettamente operativa anche senza Dsk, ma solo lui aveva le giuste caratteristiche per imporre la visione dell'Fmi al resto dell'Europa.
Per la verità, il piano dell'Fmi sulla Grecia è totalmente sbagliato. Non soltanto il paese ha un enorme buco finanziario per il 2012, ma è a rischio anche la tranche dei prestiti già garantiti e che avrebbero dovuto essere erogati dopo la verifica di giugno perché la Grecia non ha rispettato gli obiettivi fiscali per l'aggravarsi della recessione. Ed è troppo facile per Fmi e Unione Europea sostenere che la tranche di giugno dovrebbe essere erogata comunque perché il piano va nella giusta direzione: la Grecia non ha bisogno di andare solo nella giusta direzione, ha bisogno di un nuovo prestito di 25-30 miliardi di euro (proprio perché non tornerà a finanziarsi sui mercati nel 2012). Così il paese dovrebbe fare ben di più di quanto previsto dal piano originale – i cui obiettivi pure non è riuscito a raggiungere – per poter azzardarsi a chiedere e ricevere ulteriori aiuti per il 2012 e oltre, perché sono alte le probabilità che non riesca ad aver accesso ai mercati finanziari per molti anni ancora.
Le posizioni personali di Strauss-Kahn avrebbero contato, eccome, nella scelta che Fondo monetario e Unione Europea sono chiamati a fare sulla Grecia: aumentare gli aiuti oppure orientarsi verso una ristrutturazione ordinata del debito. Le valutazioni dei funzionari dell'Fmi hanno senz'altro un certo peso, ma fin dall'inizio il piano di aiuti alla Grecia non rispettava i rigidi criteri di sostenibilità del Fondo, si è trattato di un caso di “concedi il prestito e prega” dato che l'Unione Europea aveva intrapreso la strada del salvataggio. Strauss-Kahn sapeva perfettamente che il piano A era fallito e che era necessario orientarsi verso il piano B, la ristrutturazione ordinata del debito. Ma Dsk è anche un politico che doveva prendere in considerazione i fattori politici: l) il rifiuto della Bce di una ristrutturazione; 2) il rischio che la pressione dell'Fmi per la ristrutturazione avrebbe potuto produrre effetti contagio, con conseguenze negative per il suo futuro politico in Francia; 3) il tradizionale obiettivo della Francia: tenere sotto controllo il potere della Germania imbrigliandola ancora di più nell'integrazione europea attraverso un ben più costoso salvataggio della Grecia. Così Dsk avrebbe potuto dare la preferenza al piano A+ (concedi più prestiti e prega ancor di più) rispetto al Piano B, pur sapendo - lui stesso e l'Fmi - che il piano A era un fallimento. Ma il fatto che il piano per la Grecia sia drasticamente sbagliato mina gli argomenti a favore del piano A+.

LA BCE E IL PIANO B

Quanto al piano B, perché lo si adotti è ovviamente necessario che tutta la “troika” – Fondo monetario, Unione Europea e Banca centrale europea – sia convinta che si tratta della scelta migliore. Finora, la Bce, e in particolare il governatore Jean-Claude Trichet e un membro del comitato esecutivo come Lorenzo Bini Smaghi, è stata la più loquace nel dichiarare la sua opposizione a una ristrutturazione del debito in Grecia, esprimendo preoccupazioni per il rischio contagio e i possibili danni collaterali. Altri membri del comitato esecutivo Bce (o futuri membri), come Jurgen Stark e Mario Draghi, possono avere opinioni più flessibili in materia, ma per il governatore della Banca d'Italia, in attesa del via libera alla presidenza della Bce, non è certo il momento di esprimere opinioni in controtendenza.
La Bce può legittimamente fare le sue scelte, ma in questo caso i pregiudizi ideologici le hanno impedito di prendere in considerazione la possibilità di una ristrutturazione ordinata e i modi per evitare il contagio, lasciandola in una posizione scomoda. A garanzia dei prestiti alle banche dei paesi Piigs ha accumulato centinaia di miliardi di euro di collaterali di ben scarso valore – si tratta di titoli del debito pubblico o di titoli bancari garantiti dai governi. Senza dimenticare l'altra massiccia quantità di debito pubblico dei paesi Piigs che deriva dagli acquisti diretti di titoli di debito dei paesi Piigs. Così ora, l'opposizione della Bce a una ristrutturazione del debito greco può dipendere, in parte, più da preoccupazioni per gli effetti che questa avrebbe sul suo bilancio che da una valutazione razionale dei pro e contro della ristrutturazione. Inoltre la Bce, auto-relegandosi nell'angolo di una opposizione pregiudiziale a qualsiasi ipotesi di ristrutturazione, non ha studiato a sufficienza gli scenari di attuazione di una ristrutturazione ordinata. È un fallimento istituzionale che sconfina nell'imprudenza: qualsiasi istituzione seria avrebbe preso in considerazione e analizzato un piano B, assolutamente confidenziale e segreto, da utilizzare in caso di fallimento del piano A. Questa volta il pregiudizio ideologico ha portato la Bce a mancare il suo compito sul piano B, che l’avrebbe condotta a riconoscere che ci sono strade per compiere ordinate ristrutturazioni del debito e per limitare l’effetto contagio di tali ristrutturazioni.

LE SCELTE DI ANGELA

Perché si possa arrivare a una ristrutturazione ordinata del debito, è anche necessario convincere la Germania che questa è la strada da seguire. Un mese fa, tutti i più importanti politici tedeschi lanciavano segnali per una ristrutturazione del debito (piano B), considerata preferibile sia al proseguimento del piano A ormai fallito sia allo spostamento verso un piano A+ che prevede  ancora maggiori risorse da destinare ai salvataggi. Nelle ultime settimane, i tedeschi hanno iniziato a vacillare: il ministro dell Finanze, Wolfgang Schaeuble, ha mandato timidi segnali di sostegno per il piano A+, ma tra i politici tedeschi Schaeuble è il più convinto sostenitore di una più completa integrazione europea, anche se questa integrazione significa (come nella opzione 6 della matrice Rge) che i creditori ufficiali si accollano tutto il debito greco, ovvero il salvataggio completo dei creditori privati della Grecia e un finanziamento ufficiale e continuo dei deficit della Grecia per tutti gli anni a venire.
Invece finora Angela Merkel è rimasta alla finestra, oscillando fra piano A+ e piano B. Se finisce per scegliere il piano A+, deve affrontare tre rischi politici: va contro la volontà della sua base politica e del suo elettorato, già scettici sul piano A e che ora dovrebbero ingoiare il rospo di nuovi risorse destinate al salvataggio della Grecia; va contro la volontà di chi nel suo stesso partito e nella coalizione (in particolare il partito liberal-democratico) voterebbe contro ulteriori fondi per la Grecia, costringendola a far affidamento sui voti dei socialdemocratici per l'approvazione del piano; va incontro ai possibili rilievi della Corte costituzionale tedesca in quanto, dopo il fallimento del piano A, il piano A+ si configura come un chiaro caso di salvataggio. Non è del tutto ovvio dunque che la Germania finirà per scegliere il piano A+: rispetto a un mese fa, le probabilità sono oggi maggiori, ma questa molteplicità di fattori può indurre Angela Merkel ad assumere una posizione diversa.
Certamente, l'appuntamento di domenica scorsa tra la cancelliera tedesca e Strauss-Kahn sarebbe stato cruciale: Dsk avrebbe potuto sostenere con forza il piano A+ e altrettanto avrebbe potuto fare nella riunione di oggi dei ministri delle Finanze dell'Unione Europea. Oppure avrebbe potuto indirizzare la Troika verso l'adozione del piano B. Ecco perché il suo arresto a New York ha così tante conseguenze: è l'unico europeo ai vertici del Fondo monetario e l'unico con un peso politico e un'influenza tali da poter sostenere con argomenti forti ciascuna delle due opzioni. Con Strauss-Kahn fuori causa, ogni altro esponente del Fondo monetario dovrà assumere un atteggiamento più blando e cauto verso problemi che sono in primo luogo interni all'Europa. La tragedia dell'arresto di Dsk sta proprio in questo: in un momento così cruciale per la crisi della zona euro, quando è necessario prendere decisioni serie e gravide di conseguenze, non c'è più un europeo a rappresentare la posizione dell'Fmi all'interno della troika

Christine Lagarde (da Wikipedia)

 

Per quanto riguarda il successore di Strauss-Kahn al Fondo monetario, ho già espresso la mia opinione: il prossimo direttore generale dell'Fmi sarà molto probabilmente Christine Lagarde. Come ho scritto altrove: "La soluzione ideale per la Francia sarebbe che a guidare il Fondo monetario internazionale fosse il rispettato ministro delle Finanze Christine Lagarde. (...) E se vogliono Lagarde al vertice dell'Fmi devono lasciare ad altri la guida della Bce e sarebbe difficile mettere un veto a Mario Draghi per sostenere candidati di minor spessore provenienti dall'Olanda o dalla Finlandia (...). Non sarebbe difficile per gli europei far passare l'idea di un altro europeo alla guida del Fondo, nonostante tutti i discorsi sulla scelta del direttore generale in base al merito e quelli sulla possibilità di affidare la carica a un rappresentante dei paesi emergenti. Gli Stati Uniti non hanno rinunciato al monopolio sulla Banca mondiale, così gli europei possono riaffermare, almeno per un'ultima volta, il loro predominio sul Fondo. Inoltre, le crisi che il Fondo si troverà ad affrontare nei prossimi anni non arriveranno dai paesi emergenti, ma dai nuovi mercati sommersi, cioè la zona euro. E proprio per questo c'è la necessità di avere un europeo sulla plancia di comando. Inoltre, i paesi emergenti hanno già un capace rappresentante di Singapore a capo dell'International Monetary and Financial Committee: per il momento, rappresenta un passo nella giusta direzione di un riequilibrio delle cariche nelle istituzioni di Bretton Woods. Come se i pochi e relativamente omogenei paesi occidentali che affrontano sfide fiscali e strutturali e che tutti insieme hanno una popolazione di meno di un miliardo di persone potessero continuare ad avere lo stesso grado di influenza sul popolo globale degli altri 5 miliardi di persone distribuiti fra un'ampia serie di paesi eterogenei (...)".

Ci sono molti e molto capaci candidati provenienti dai paesi emergenti che potrebbero aspirare con pieno merito alla guida del Fondo monetario: Kemal Dervis, Stanley Fischer, Mohamed El-Erian, Montek Singh Ahluwalia, Andrew Sheng, Manuel Trevor, Augustin Carstens, Arminio Fraga e Angel Gurría, per esempio. Eppure benché si siano spese molte parole sull'opportunità di arrivare alla nomina del direttore generale dell'Fmi attraverso un processo più equo e basato sul merito, per la prima volta in grado di aprire le porte a un direttore non europeo e non occidentale, la realpolitik può consegnarci in quella carica un altro europeo, anzi, un altro francese, ovvero l'attuale ministro francese dell'Economia, Christine Lagarde.

È vero che la Francia ha guidato il Fondo per tre quarti degli ultimi tre decenni, ma i tecnocrati francesi (tutti di formazione Ena) - Jacques de Larosière, Michel Camdessus e Dominique Strauss-Kahn - con il loro acume politico e diplomatico hanno fatto un lavoro decisamente migliore rispetto ad altri europei, quali Horst Kohler e Rodrigo de Rato. E Lagarde ha le capacità, l'intelligenza, l'abilità diplomatica e il peso politico per guidare l'Fmi.

Inoltre, la Francia, che ha accettato Draghi - un'altra eccellente alternativa per il Fondo monetario - quale governatore della Bce, può sostenere con i suoi colleghi membri dell'Unione Europea la candidatura di un altro francese alla guida del Fondo. L'Italia si è ben inserita nella corsa alla Bce, mentre la Germania non ha un candidato proprio per quel ruolo (e ancor meno per il Fondo monetario) e l'ex primo ministro inglese Gordon Brown non ha il sostegno del suo governo. Così se deve essere di nuovo un europeo, è certamente Lagarde. La sua unica macchia è una recente accusa di abuso di potere nella gestione di uno scandalo finanziario, ma se la sua posizione in questa vicenda non si aggrava, è difficile pensare a un candidato diverso per il Fondo monetario.

 

E I PAESI EMERGENTI?

 

I paesi emergenti potrebbero cercare di imporre un loro candidato, ma una coalizione di blocco fra Stati Uniti e Unione Europea porterebbe comunque un europeo alla guida del Fondo. Gli Stati Uniti non hanno certo ceduto il loro privilegio "di fatto" di scegliere il capo della Banca mondiale; dunque, a meno che essi non vi rinuncino formalmente, gli europei spingeranno per un altro europeo al Fmi. Anche il fatto che nei prossimi anni i maggiori clienti del Fondo saranno europei (che ironia, che paradosso!) rafforza la richiesta europea di avere di nuovo un proprio candidato al vertice del Fondo.

Bisogna poi aggiungere che il gruppo dei paesi emergenti è diviso. I problemi del Medio Oriente e del Nord Africa sarebbero una valida ragione per scegliere un esponente della regione. Tuttavia, il brillante Mohamed El-Erian probabilmente preferisce continuare a guidare la Pimco, mentre l'altrettanto brillante Stanley Fischer, che nel 2000 aveva il sostegno di molti paesi emergenti, compresi alcuni della regione Medio Oriente-Nord Africa, avrebbe ora maggiori difficoltà dati i cambiamenti avvenuti nell'area né lo aiuta il fatto di essere stato ormai per molti anni il governatore della Banca d'Israele. Il capace Kemal Dervis è stato ministro delle Finanze della Turchia solo per due anni e si è occupato più dello sviluppo che di questioni di macroeconomia. Può essere ancora troppo presto perché il Fondo si coalizzi intorno a un candidato africano come Manuel Trevor. L'America Latina proporrà probabilmente un candidato della regione: Augustin Carstens, Angel Gurría o Arminio Fraga, ma farebbe fatica a convincere gli asiatici. Così come l'Asia avrebbe difficoltà a trovare un candidato unitario: i cinesi difficilmente accetterebbero un indiano, anche se bravo come Montek Singh Ahluwalia. D'altronde l'Asia ha già un suo rappresentante a capo dell'organo politico dell'Fmi - l'International Monetary and Financial Committee - Tharman Shanmugaratnam, che proviene da Singapore. Insomma, non si intravede alcun serio candidato dei paesi emergenti, mentre, per parte loro, tutti gli europei appoggeranno Lagarde, che gode anche della stima della Casa Bianca e del Tesoro americano. Con Lipsky che lascia il Fondo monetario a novembre, gli Stati Uniti avranno la possibilità di scegliere il nuovo numero 2 del Fondo, il vicepresidente: il candidato principale è David Lipton, attualmente membro del National Economic Council e in precedenza sottosegretario agli Affari internazionali per il Tesoro americano.

 

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