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Banche punite con i dipendenti per irregolarità nei rapporti con i clienti-Cass.  sentenza n. 10748.11-Guida al diritto.it

 

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di Giovanni Negri

 

 

Paga la banca per le irregolarità nel rapporto con i clienti. Nel segno della trasparenza. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10748 della Seconda sezione civile depositata ieri ha infatti confermato la sanzione pecuniaria inflitta a Banca popolare di Milano con decreto del ministero dell'Economia su proposta della Consob.

 

All'istituto di credito era stata contestata la condotta di due dipendenti: il primo aveva fornito alla clientela, in sede di negoziazione titoli, valorizzazioni da lui stesso elaborate manualmente su carta intestata della banca e non in linea con le quotazioni di mercato, senza utilizzare i dati del sistema informatico dell'istituto di credito della banca e senza rappresentare ai clienti il rischio relativo alle operazioni aperte; la seconda, moglie del primo, aveva poi dato corso, senza attività istruttoria e verifica documentale, al relativo ordine.

documenti

 

    Cassazione - Sentenza n. 10748/2011

 

La Corte d'appello di Milano aveva confermato il provvedimento e rispetto a questa decisione le difese avevano presentato ricorso in Cassazione sostenendo, tra l'altro, che la decisione dei giudici milanesi era carente perché non precisava se queste valorizzazioni erano errate, ma si limitava ad affermare che queste non potevano essere fornite alla clientela, visto che avevano una destinazione solo interna.

 

La Corte non è però stata di questo avviso e ha confermato il verdetto, precisando che le valorizzazioni operate dal dipendente rappresentavano una violazione degli obblighi che caratterizzano il rapporto tra clientela e banca perché esse «rappresentavano ai clienti senza lasciare tracce informatiche negli archivi della banca, consistenze patrimoniali non in linea con le quotazioni di mercato».

 

In particolare, le obbligazioni «zero coupon» a lunga scadenza venivano valorizzate al valore nominale, nonostante che il prezzo di realizzo fosse notevolmente inferiore e che il rischio relativo a operazioni aperte non fosse adeguatamente evidenziato.

 

Proprio per questo, a essere violato, secondo la valutazione della Cassazione, è il generale dovere di diligenza prescritto dall'articolo 21 del Testo unico bancario, dal momento che i clienti non venivano messi nelle condizioni di conoscere la reale portata del rischio a cui si esponevano andando a concludere le operazioni interessate.

 

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