Avv. Paolo Nesta


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Integrazione probatoria nel giudizio abbreviato: dubbi di costituzionalità? www.avvocatosteccanella.it

 

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La riforma del 1999 (sulla scorta del generale principio dell’accertamento della verità in capo al Giudicante) ha introdotto al comma 5 dell’art. 441 Cpp (che regola il Giudizio abbreviato) una previsione di integrazione probatoria ex officio del tutto analoga a quella già prevista all’art. 507 Cpp per il Giudizio dibattimentale.

 

Si è così assistito in questi anni ad un sempre più crescente ricorso a detta facoltà da parte dei vari GUP aditi fino al più eclatante caso del delitto di Garlasco ove il Giudice di Vigevano ha sostanzialmente “rifatto” la intera indagine in sede di abbreviato, dopo avere ritenuto del tutto lacunosa quella del Pm.

 

In pratica con la facoltà integrativa di cui al comma 5 dell’art. 441 Cpp accade sempre più di sovente ormai che l’imputato, il quale ha legittimamente richiesto il Giudizio di accertamento allo stato degli atti si trovi poi ad essere giudicato sulla base di atti del tutto nuovi.

 

Con la conseguenza che quella ponderata valutazione degli atti acquisiti in corso di indagine e depositati al termine della stessa che aveva determinato la scelta del rito sulla base prima di un certa diagnosi e quindi di una certa prognosi difensiva, viene poi completamente stravolta in sede di esito finale e senza, e questo è il punto, che quella scelta fatta sulla base di quella oramai stravolta diagnosi, sia in alcun modo ritrattabile.

 

E tutto questo, ed in ciò deriva il sospetto di lesione costituzionale degli artt. 3 e 24 della Costituzione, in virtù esclusiva dalla eventuale professionalità o meno del Pm di turno, giacchè è ovvio che a fronte di una indagine accurata da parte dell’organo titolato a condurla non si dovrà certo ricorrere, da parte del Giudicante, alla suppletiva facoltà di cui all’art. 441 n. 5 Cpp.

 

Potrebbe obiettarsi che quanto sopra non lede in realtà alcun principio costituzionale giacchè essendo evenienza espressamente prevista essa sarebbe preventivamente valutabile dal richiedente il rito il quale, dunque, se ne assume consapevolmente il futuro rischio al momento della scelta, ma ci si dimentica il fondamentale diritto alla prova “contraria” cardine insormontabile del processo accusatorio ed espressamente previsto per il dibattimento all’art. 468 n. 4 Cpp.

 

Nel caso infatti di PM solerte ed efficiente il difensore avrà a disposizione dapprima in sede di avviso e deposito atti ex art. 415 bis Cpp e quindi di successiva citazione avanti al GUP per la udienza preliminare ovvero avanti al Giudice di merito in caso di giudizio immediato ovvero di citazione diretta, l’elenco preciso delle prove addotte dalla accusa a sostegno della azione penale a cui potrà dunque tempestivamente opporre le proprie prove a discarico prima di richiedere il rito abbreviato.

 

Nel caso invece di Pm o pigro o incapace che quindi allega poche o contraddittorie prove a sostegno del proprio atto di accusa la difesa non ha la opportunità di allegare prove a discarico a proprio favore e pertanto chiedendo il giudizio abbreviato su quelle prove allegate dal Pm corre il rischio di vedersi poi condannata sulla base di altre prove successivamente disposte dal Giudicante ex art. 441 n. 5 Cpp non più contrastabili.

 

Inoltre la prova a carico non può essere assunta per principio a “sorpresa” in quanto l’imputato ha il diritto alla sua preventiva valutazione, si ponga il caso di un Pm che chiede il rinvio a giudizio per ipotizzata violenza sessuale sulla base di una semplice querela scarna della parte lesa ove indica alcuni nominativi, a suo dire, informati del fatto.

 

Il difensore chiederà l’abbreviato per sostenere la assenza di alcun riscontro ma poi il Giudice decide di chiamare a deporre la parte lesa e i vari soggetti indicati in querela.

 

A quel punto il difensore si troverà ad assistere senza alcuna possibilità di immediatamente controdedurre a quanto non conosce e che verrà versato in atti da quei soggetti mai sentiti prima, è evidente che la conseguente condanna sarà intervenuta in evidente lesione del garantito diritto di difesa, da intendersi in senso sostanziale e non certo formale di mera… presenza.

 

E’ ben vero che una analoga previsione compariva sin dalla introduzione dell’attuale codice di rito anche per il Giudice del dibattimento, ma il caso di cui all’art. 507 Cpp a ben vedere è ben diverso da quello introdotto all’art. 441 n. 5 Cpp.

 

La integrazione probatoria di ufficio ex art. 507 Cpp infatti consegue alle eventuali lacune di un precedente e paritario confronto probatorio dibattimentale tra le parti secondo quanto disciplinato dagli artt. 493 e ss. Cpp, mentre la integrazione ex art. 441 n. 5 Cpp consegue invece alla mera valutazione del fascicolo probatorio del Pm.

 

Ne consegue che dal punto di vista “strategico” per il Pm potrebbe essere conveniente pervenire avanti al GIP (o al Giudice monocratico) con un fascicolo “scarno” al fine di indurre la difesa a richiedere (proprio sulla base della valutazione del contenuto di quel fascicolo) il giudizio abbreviato e attendere poi la necessaria integrazione finale da parte del Giudice.

 

In quel caso l’imputato si troverà, come tante volte  in questi anni è accaduto, ad essere condannato sulla base di prove che non erano neppure individuabili al momento della sua richiesta del giudizio allo stato degli atti.

 

Due le possibili soluzioni per ovviare a tale ingiustificata disparità ovvero possibile lesione del diritto di difesa in contraddittorio.

 

Dichiarare incostituzionale il comma 5 dell’art. 441 Cpp nella parte in cui non prevede in capo alla difesa, a seguito della Ordinanza ex art. 441 n. 5 Cpp, la facoltà di rinunciare alla richiesta di rito abbreviato ovvero di esercitare la facoltà di cui all’art. 468 n. 4 Cpp.

 

Oppure, se non si vuole ritornare sui propri passi e scardinare il rinnovato impianto del giudizio abbreviato, limitare al massimo il ricorso a tale norma da parte del Giudice dell’abbreviato, perchè quello che è nato come un Giudizio “sulla base degli atti” non può trasformarsi in una Sentenza sulla base di…altri (atti).

 

 

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