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ESISTE IL DIRITTO DI ESSERE FELICI-Mauro Giarrizzo-Diritto e processo.it

 

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Che cos’è la felicità? Che cos’è essere felici? Il termine felice significa: che si sente pienamente soddisfatto nei proprî desiderî, che ha lo spirito sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato[1].

 

Felice è  sinonimo di appagato, contento, lieto[2].

 

In questi anni si sono pubblicati vari libri[3] e si sono fatti vari dibattiti e convegni[4] sul tema.

 

Ma qualcuno sa rispondere su cosa sia la felicità?   

 

La felicità è uno stato d’animo positivo, una emozione, di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.  

 

Il termine evoca un involucro capace di contenere ogni cosa: come un negozio dove si trovano varî  articoli.

 

Tutti ne parlano come se fosse l’Araba Fenice. Ma qual è il vero significato?

 

Essere felici vuol dire essere appagati. E si è appagati solo se si sono soddisfatti tutti i bisogni[5] che un essere si prefigge.

 

Dunque si è felici quando un genitore porta il figlio a scuola, o trova un lavoro, o ancora non resta vittima della burocrazia. Si è felici dal senso di crescita, dall’acquisizione di un’abilità, quando si adotta un bambino, quando si regala qualcosa a qualcuno, ecc.

 

L’inverso della felicità è l’infelicità cioè lo stato d’animo di chi non si ritiene soddisfatto di ciò che ha o è riuscito ad avere.

 

Riassumendo, quindi, si è o si può essere felici se si raggiungono degli obiettivi, mentre non lo si è se, i detti obiettivi, non vengono raggiunti.

 

Non abbiamo risposto alla domanda che ci siamo posti: cosa è la felicità?

 

Forse, da quest’inizio, ci accorgiamo che nessuno conosce il significato dello stesso termine e nessuno può dirci o darci, quale oracolo, il suo esatto contenuto, anzi meglio il contenitore del termine stesso.

 

Contenitore che può, a seconda del proprio umore, essere riempito o svuotato del significato che ciascuno di noi può conferire ad esso.

 

E’ quindi un concetto filosofico, allora? Dovremmo interrogare la filosofica per capire di cosa stiamo parlando?

 

I soggetti che scrivono, sulla felicità, non riescono  a dire o dare che poco: l’esperienza che li ha coinvolti nella propria ricerca. Qualcosa di loro da versare agli altri.

 

Una osservazione nasce spontanea: ma ciò che mi accade, può essere d’ausilio ad altre persone?  E’ come se io facessi cucire un abito dal mio sarto, con i miei gusti, per poi farlo indossare ad altri.

 

Il mio vestito è già sgualcito dalle mie tante storie: come può essere indossato da altri per poterli riparare?

 

Allora deduciamo che siamo come le scimmie, capaci solo di fare le stesse cose per meccanicità, con grande vittoria di Darwin[6]!                                                                                                                                     Non può essere concepibile, a mio avviso questo assunto perché se siamo partiti dalla capacità di esternare emozioni, allora dobbiamo essere capaci di poter e dover risolvere i nostri problemi con la logica razionalità dell’essere umano. Essere capace di poter stupire, soffrire, gioire, ecc.

 

Dunque, a mio avviso,  il termine felicità rientra nel grande contenitore dell’emozione, quale stato mentale e fisiologico associato a stimoli esterni o interni, naturali o apparenti.                                            La felicità è una emozione; in essa c’è la  capacità di poter relazionare i propri bisogni all’esterno. Nella grande categoria delle emozioni si insinua, come l’edera sull’albero, il sentire la felicità quale sentimento profondo e puro, quale capacità di capire le cose stesse, che ci circondano e/o spuntano dall’interno del nostro essere.

 

Felicità, a mio avviso, non è altro che l’appagamento di ciò che dal proprio cuore, o ancor di più da tutto l’essere umano si promana.

 

Ma se da un verso  la felicità è qualcosa che non può essere facilmente descritto, dall’altro e nei paesi ove il diritto è un complesso sistema di norme che regolano la vita dei membri della comunità di riferimento. E come tale non può che cercare di dare ristoro e felicità nella sua complessità sistemica.

 

Si pensi al 4 luglio 1776: alla Dichiarazione di Indipendenza. Il Congresso degli Stati Uniti d’America, scrisse:… “Quando nel corso degli umani eventi si rende necessario ad un popolo sciogliere i vincoli politici che lo avevano legato ad un altro ed assumere tra le altre potenze  della terra quel posto distinto ed eguale cui ha diritto per Legge naturale e divina, un giusto rispetto per le opinioni dell’umanità richiede che esso renda note le cause che lo costringono a tale secessione. Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità […][7] Dunque, essere sicuri e felici fu un principio che portò il popolo Americano a dividersi dalla amata patria Inglese. Ma la felicità, intesa come benessere, apparteneva agli stati di polizia. Fu la rappresentazione evolutiva del tipico stato assoluto e monarchico, basato sullo ius politiae, rientranti nei principi del diritto giusnaturalistico, avente quale fine ultimo la soddisfazione degli interessi dei sudditi e la promozione del loro benessere.  Si affermò tra il XVII e il XVIII, nell’epoca dell’illuminismo ad opera dei regni di Federico il Grande di Prussia e di Maria Teresa d’Austria nell’impero austriaco. Il sistema di stato di polizia poté raggiungere tale fine a mezzo di due intenti: la sicurezza e il benessere dei sudditi.                                                                                                               Dallo stato di polizia, allo stato Costituzionale. In Italia, come noto, dal 1947 esiste un sistema di democrazia costituzionale, che si contrappose ad un sistema monarchico-fascista. Dalla Costituzione i grandi uomini di scienza quali Ambrosini, Amendola, Calamandrei, Martines, Mortati , Moro, etc., hanno insegnato che i valori che essa contiene non può che arrecare un benessere collettivo e di conseguenza una felicità per ciascun essere che abita nel suo territorio. Già gli artt. 2, 3,  9, 13, 32 117, comma 1,  per rammentarne solo alcuni sono una cartina di tornasole. Essi ci fanno comprendere quali contenuti alti e puri sono racchiusi da oltre 60 anni nella detta Costituzione. Valori che, ancor oggi, ci fanno riflettere e interrogare sui suoi contenuti. Contenuti che non sono scatole cinesi, ma pieni di forza cogente per ogni essere che vive nel suo territorio. Si conviene con parte della Dottrina[8] che critica in modo rigoroso la nota sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 26972 dell’11 novembre 2008. Sentenza che nel cercare di frenare la fantasia dei Giudici, sollecitata dalle tante arringhe difensive, che in pochi istanti ha selvaggiamente cancellato la tripartizione dei danni, elaborata dalla Dottrina e dalla Giurisprudenza in: a) morale soggettivo; b) biologico e c) esistenziale. Tripartizione che rientrava nell’alveo dell’art. 2059 C.C., in combinato disposto con l’art. 185 C.P., (danni non patrimoniali.)                                                  Ora se da una parte la Suprema Corte ha dato uno stop alla galoppante fantasia dei Tribunali di frontiera, dall’altra parte ha dichiarato che se non si è dinanzi a una previsione legale non si può avere un risarcimento dei danni. Così si legge nella detta sentenza del 2008, punto 3.9, secondo capoverso :<< Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.>>. Quindi in Italia non c’è diritto ad avere una qualità della vita.   Ma, pare che dall’art. 32, comma 1 Costituzione recita: <<La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.>> Chissà cosa potrà significare tale valore tutelabile!                                                                                                                                                                  “…La supremitas della dignità la innalza a criterio di bilanciamento di valori, senza che essa stessa sia suscettibile di riduzioni per effetto di un bilanciamento. Essa non è effetto di un bilanciamento, ma è la bilancia medesima.”[9]                                                                                                                 Se pensiamo, all’art. 32 Costituzione, così dinamico e capace da solo di poter proteggere ogni diritto rientrante nell’ambito della salute. Ambito che si incontra e si sposa con l’art. 2 Costituzione che individua l’inviolabilità della sfera personale e soggettiva.                                                                      Con che criterio un Giudice di frontiera potrà non accordare un risarcimento dei danni in violazione dei più elementari diritti riservati all’inviolabilità dell’uomo[10]?  Come dunque, un Giudice di frontiera che, deve affrontare una arringa difensiva capace di tale nome, potrà sentenziare in negativo sui diritti spettanti ad ogni essere umano. Pensiamo all’uccisione del cagnolino che fa compagnia alla povera persona sola ed anziana! Non rientra questo nei diritti di cui all’art. 2 Costituzione? E la signora non sta formandosi la propria personalità?  In che cosa, quindi il Giudice di frontiera, si discosterà nel dover sentenziare che i diritti già menzionati, come l’uccisione del cagnolino, ad esempio, non rientri nell’alveo  dei diritti della personalità e che non possono essere risarciti, senza l’espressa previsione legislativa? E la Costituzione non è una disposizione cogente per ogni persona che stanzi nel territorio della Repubblica?

 

Ed ancora a mente dell’art. 117, comma 1 Costituzione. Il diritto al benessere è contemplato nell’art. 3 del Trattato Unione Europea[11]                                                                                              

 

Allora è proprio vero: non c’è felicità nella Repubblica Italiana che non rientri nella Costituzione? E la Costituzione altro non è che una serie di alti e nobili principi che non possono essere rispettati se la legge ordinaria non li prescriva? Ma la formulazione della legge ordinaria non viene prevista dagli artt. 70 e seguenti della Costituzione?  E, ancora,  i Giudici  non sono soggetti alla legge, come da articolo 101[12], o alla coscienza sociale che è sempre mutevole?           E se la coscienza sociale prende il sopravvento sulle leggi, allora dovremmo cercare rifugio in Savigny. Friedrich Carl Savigny (1779-1861) aveva una identica concezione dell’origine del diritto, proveniente non già da patti costituzionali o da voleri legislativi, ma dallo <<spirito del popolo>> (Volksgeist) espresso nelle sue istituzioni e manifestazioni culturali e afferrabile con l’ascolto della storia giuridica affidato ad élites colte (in particolare accademiche). Come si dirà più avanti, questi punti di vista promuovono una preferenza per il diritto tradizionale a danno del diritto legislativo. Ma non per il diritto popolare (Volksrecht) vivo negli usi spontanei, bensì per quello di tradizione colta, giudiziaria o accademica (Professorenrecht). In Germania si raccoglie così la tradizione dell’usus modernus che la scuola storica lega al contesto delle concezioni sociali e politiche dell’Ottocento.[13].

 

Mi chiedo quindi: Esiste il diritto ad essere felici, nello Stato della Democrazia Costituzionale Italiana?                                                                                                                                                                                            

 

Desidero ringraziare la dottoressa C. Li. (del I anno di Scuola di Specializzazioni per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Catania) che con il suo rigoroso confronto, mi ha stimolato a proseguire la ricerca estremamente teorica.

 

 

 

 

 

 

 

[1] ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA, Il vocabolario  Treccani, Vol. II, Roma II edizione 1997.

 

[2] ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA, Il vocabolario  Treccani, Sinonimi e contrari, Roma 2003.

[3] Vedasi, a titolo di mero esempio: Le 7 chiavi della felicità,  Un viaggio verso l'illuminazione e la gioia,  di Deepak Chopra   Sperling & Kupfer Editori - Marzo 2011 - Pg. 178;  Gioia & Benessere Manuale pratico per star bene con se stessi Jose Maffina Anima Edizioni - Febbraio 2011 - Pg. 158; Interroga i tuoi Pensieri e Cambia il Mondo Niente al di fuori di te potrà mai darti quello che cerchi - Citazioni di Byron Katie Punto d'Incontro - Marzo 2011 - Pg. 175; Siamo tutti fatti per essere felici Le proposte rivoluzionarie del manager filosofo Christian Boiron Sperling & Kupfer Editori - Febbraio 2011 - Pg. 224; L'insegnamento di Ramana Verso la Felicità Naturale A.R. Natarajan Om Edizioni - Febbraio 2011 - Pg. 107; Il Grande Libro della Serenità Giulia Fiori Barbera - Gennaio 2011 - Pg. 346

 

[4] http://www.pontifex.roma.it/index.php/opinioni/laici/5798-convegni-di-guru-neuroplasticamente-felici-bibbie-rap-per-essere-vicini-ai-giovani-figure-di-santi-ridotte-a-immaginette-da-cruscotto-e-il-bazar-della-spiritualita-in-cui-sguazzano-fedeli-senza-cristo¸ ove  Matthieu Ricard è l’uomo più felice del mondo. Francese, famiglia bene, enfant prodige – «ha lavorato con due premi Nobel» – a vent’anni si è convertito al buddismo perché voleva «migliorare come essere umano». Vive in Tibet, è amico del Dalai Lama, tiene conferenze a Princeton e Berkeley, il suo ufficio stampa divulga fotografie che lo ritraggono sorridente e a gambe incrociate in un morbido prato verde. Grazie a una ricerca coordinata dal professore Richard J. Davidson, massimo esperto planetario di neuroplasticità, si è potuto appurare – attraverso un encefalogramma in grado di misurare le «emozioni positive» – che Ricard è «l’uomo con il più alto livello di energia positiva al mondo». Preceduto da tale fama, il monaco buddista è intervenuto all’annuale convegno Torino Spiritualità per spiegare che «la felicità è un’abilità che richiede sforzo, tempo, disciplina, ma anche sviluppo di qualità come amore incondizionato e altruismo». http://www.giuntiscuola.it/content/senigallia-%E2%80%93-convegno-sulleducazione-alla-felicit%C3%A0 : Il 27 e 28 novembre 2010 si svolge a Senigallia il primo Convegno nazionale sull'Educazione alla Felicità, veicolo di pace e promozione sociale. Le iscrizioni entro il 10 novembre. Felici e... insegnanti.

 

 

 

 

 

[5] WWW.CONSULTAONLINE.IT : a. ruggeri, unità-indivisibilità dell’ordinamento, autonomia regionale, tutela dei diritti fondamentali,   i diritti vantano, infatti, pretese crescenti di appagamento: ancora prima delle pretese stesse, cresce anzi proprio il numero dei diritti, allo stesso tempo facendosi via via più complessa la loro strutturale conformazione; e ciò, proprio perché aumentano sempre di più i bisogni elementari dell’uomo, a fronte peraltro di risorse che si vanno sempre più assottigliando. ed allora è chiaro che solo dallo sforzo congiunto di tutti gli operatori presenti sul territorio possono aversi esiti in qualche modo idonei a venire incontro a tali bisogni

 

[6] C. Darwin,  L' origine dell'uomo e la selezione sessuale,  (A cura di) G. Montalenti, traduzione di Fiorentini P., Migliucci M., Newton Compton  2007

 

 

 

[7] M. CATALANO, La responsabilità medica, pag. 1785, a cura di G. FAVA, in La responsabilità civile, Milano 2010.

 

[8] A. PROCIDA MIRABELLI di LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite. Un “de profundis” per il danno esistenziale, in Danno e responsabilità n. 1/2009.  M. PARADISO,  Il danno non patrimoniale,, guida commentata alle decisioni delle S.U. 11 novembre 2008, nn. 26972/4/4/5, Milano.

 

[9] G. SILVESTRI, Considerazioni sul valore costituzionale della dignità della persona, in Associazione Italiana dei Costituzionalisti, su  http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dottrina/libertadiritti/silvestri.html

 

 

 

[10]  L’art. 2 Costituzione dispone: << La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. >>

 

[11] http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/index.htm, Articolo 3 (ex articolo 2 del TUE)

 

1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.

 

[12]L’art. 101 Costituzione recita: << La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.>>

 

 

 

[13] A. M. HESPANHA, Introduzione alla storia del diritto europeo, pag. 224. Bologna 2003,

 

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