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+Spese di lite-Principio di soccombenza nella chiamata in causa del terzo- (Sentenza Tribunale PORDENONE 29/03/2011, n. 244)-Ipsoa.it

 

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Se la chiamata in causa è palesemente arbitraria, le spese sostenute dal terzo chiamato sono a carico della parte non soccombente anche in caso di rigetto della domanda attorea.

 

In una causa per risarcimento danni, parte convenuta chiama in causa un terzo per essere manlevata, in caso di condanna, dal pagamento delle spese di lite che la stessa sarebbe stata condannata a pagare con riferimento alla soccombenza relativa ad uno specifico capo della domanda formulata dall’attrice nei confronti della convenuta.

 

Il Giudice rigetta la domanda attorea e, per il principio della soccombenza, condanna la stessa a rifondere le spese processuali a favore della società convenuta, ma nello stesso tempo, condanna quest’ultima al pagamento delle spese sopportate dal terzo chiamato.

 

Infatti, il principio sotteso a tale decisione si fonda sull’assunto che, se di una fondata chiamata in garanzia difettano i presupposti per ragioni concernenti il rapporto tra convenuta e chiamato, la responsabilità della chiamata in causa non può farsi risalire all’attore che abbia proposto una domanda infondata nei confronti del chiamante. Il chiamato è, in questo caso, illegittimamente coinvolto nel processo per responsabilità del convenuto, da considerarsi soccombente nei suoi confronti ai fini della ripartizione dell’onere delle spese processuali per gli effetti di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c.. Dispone, infatti, il primo periodo dell’art. 91, 1° co, c.p.c. : “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”.

 

Nel caso specifico, rileva il Giudicante che la chiamata in causa del terzo da parte della convenuta è da considerarsi palesemente arbitraria. Ciò lo si rileva dalla contraddittorietà della posizione assertiva della convenuta che, da un lato dà come circostanza sicura la riconducibilità al terzo di un titolo giuridico da cui scaturirebbe la responsabilità ai fini della richiesta del risarcimento del danno avanzata dall’attore, ma dall’altra, quella stessa circostanza revoca in dubbio per introdurre nei riguardi del terzo stesso una ragione di garanzia impropria, che, oltre ad essere descritta in termini oltre modo generici, è finalizzata al recupero delle sole “spese di lite che la società convenuta sia eventualmente condannata a pagare”.

 

Il Tribunale in questo caso si è allineato al principio ormai consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in base al quale una volta rigettata la domanda principale, le spese sostenute dal terzo chiamato a titolo di garanzia impropria vanno poste a carico del soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia tranne nel caso in cui l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria ove l’obbligo rimane a carico della parte che ha chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo (si veda in tal senso Cass., sez. III, 08 aprile 2010, n. 8363; Cass., 10 giugno 2005, n. 12301; Cass., sez. III, 02 aprile 2004, n. 6514)

 

 

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