Avv. Paolo Nesta


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+Patteggiamento negato su richiesta della vittima? di Davide Steccanella-Postilla.it

 

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E’ di oggi la notizia secondo cui un GUP di Milano avrebbe respinto, per ragioni di incongruità, la congiunta (PM e difesa) richiesta di applicazione pena ex art. 444 cpp di imputato di omicidio colposo a seguito di incidente stradale, probabilmente dovuto a ragioni di ubriachezza.

 

Si legge che a seguito della  pena proposta dalle parti e pari ad anni 1 e mesi 5 sarebbe stata depositata dal legale di parte civile una lettera ove i genitori della vittima avrebbero espressamente richiesto al Giudice di non accedere a tale richiesta.

 

Ora, posto che ai sensi di legge (si sta pur sempre parlando di delitto connotato da accertata assenza di dolo) la pena proposta non appare per nulla incongrua stante anche la, si legge, incensuratezza dell’imputato, ma del tutto “in linea”, diciamo così, con la pena abitualmente applicata per fatti analoghi purtroppo tutt’altro che rari, riesce difficile non pensare ad una qualche “influenza” sul Giudicante della citata lettera dei familiari della vittima e quindi muovere alcune considerazioni  di carattere generale sulla attuale realtà giudiziaria del nostro paese.

 

Appare sempre più “in voga” infatti ultimamente cercare in qualche modo di “supplire” alle oggettive carenze del “sistema giustizia” ricorrendo al “contributo” delle vittime, le quali dovrebbero, in una Giustizia moderna ed efficiente, ricevere privata tutela esercitando i propri costituzionali diritti (risarcimento del danno), lasciando allo Stato il compito di occuparsi del pubblico aspetto sanzionatorio (condanna ad una pena).

 

E’ di tutta evidenza infatti che, aldilà delle ovvie statuizioni di principio in merito ad una universale  giustizia delegata al pubblico e sottratta alla privata e personale vendetta, più lo Stato abiura alla propria pubblica e laica funzione e più la stessa necessaria tutela dei privati diritti del cittadino rischia di uscirne vulnerata, in sostanza è profondamente sbagliato da parte dello Stato chiedere alla vittima di esprimersi in merito alla entità della pena del “carnefice” od anche alle modalità esecutive della stessa.

 

La parte civile, si insegna sin dai banchi universitari ad ogni giovane aspirante leguleio, chiede al Giudice la condanna  alla pena ritenuta di giustizia e giammai ad un determinato ammontare e così pure, sempre la parte civile, non deve interloquire su eventuale concessione  o meno di sospensione condizionale della pena inflitta o su quant’altro ne regoli la esecuzione ovvero la sua intervenuta estinzione, e invece si legge che nel caso de quo non solo il legale di parte civile avrebbe interloquito dove non aveva accesso, ovvero in sede di patteggiamento, ma si intuisce anche che in qualche modo il Giudice avrebbe “accolto” tale irrituale istanza.

 

Di recente la bravissima parlamentare Sabina Rossa (figlia di una vittima delle Brigate Rosse) si è battuta per modificare l’assurdo e reiterato orientamento giurisprudenziale dei vari Tribunali di sorveglianza italici che, in contrasto con quanto espressamente indicato dalla legge all’apposito art. 176 Cp, richiedevano ai familiari delle vittime una sorta di invasivo, quanto irrispettoso, parere sulle domande di liberazione condizionale presentate nel corso degli anni dai vari condannati, una volta maturate le necessarie condizioni temporali di pre-sofferto.

 

Del resto capita fin troppe volte nel nostro cinismo massmediatico alla Vespa di assistere ad improbabili interviste quasi nel dum a familiari di vittime di qualche efferato delitto, cui viene chiesto tipo “cosa si augura che succeda all’assassino di sua figlia ?” oppure di raccogliere “al volo” commenti a caldo dopo una sentenza del tipo “è soddisfatta della condanna all’ergastolo ? oppure “non le sembrano troppo pochi 14 anni di carcere ?”  ed altri “capolavori” del genere….

 

Insomma uno Stato debole e che non sa fare il proprio lavoro delega sempre di più al privato che ha subìto un grave vulnus il compito di amministrare la pubblica giustizia, non rendendosi conto che la originaria decisione di codificare leggi universali e di affidarne la applicazione ad appositi Organi pubblici nasceva proprio dalla irrinunciabile necessità di sottrarre la amministrazione della giustizia al “taglione” della privata vendetta.

 

Come si fa a non capire che se per disgrazia venisse fatto qualcosa di male alle persone cui voglio un gran bene io sarei proprio l’ultimo a cui chiedere che farne dei responsabili ?

 

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