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La CTR Puglia non segue la Cassazione-Basta il solo versamento della prima rata per rendere valido il condono?Ipsoa.it

 

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di Saverio Cinieri

In caso adesione alla sanatoria per i ritardati o omessi versamenti di cui all'art. 9-bis, legge n. 289/2002, se il contribuente versa solo la prima rata omettendo il versamento delle altre, decade dal beneficio del condono? E' quanto si sono chiesti i giudici della Commissione tributaria regionale della Puglia cui e' stato sottoposto, appunto, il caso di un contribuente che, avendo aderito alla sanatoria versando la prima rata, non aveva poi provveduto ad onorare tutte le altre rate, ragion per cui l'ufficio gli aveva notificato il diniego dell'istanza prodotta.

 

Secondo l’ufficio, infatti, il mancato versamento delle rate successive non perfezionava la definizione che, quindi, rimaneva improduttiva di effetti giuridici. La controversia così instaurata era stata risolta, a favore del contribuente, dalla Commissione tributaria provinciale di Brindisi, contro la cui sentenza ha presentato ricorso in appello l’ufficio.

 

La questione non è di poco conto, poiché, proprio per questo tipo di definizione agevolata, a differenza di quanto specificamente previsto per le altre forme di condono contenute nella legge n. 289/2002, il legislatore sembra essersi “dimenticato” di disciplinare le conseguenze derivanti dal mancato versamento di parte di quanto dovuto per perfezionare la sanatoria.

 

E la particolarità della pronuncia dei giudici pugliesi sta nel fatto che, con una serie di valide argomentazione, essi prendono un posizione del tutto difforme da quanto recentemente affermato, in proposito, dalla Cassazione. Vale, dunque, la pena di ricostruire, brevemente, le varie posizioni fin qui espresse in materia.

 

La posizione della Corte di Cassazione

 

La Suprema Corte ha affrontato la questione solo recentemente. Infatti, la prima sentenza che si è occupata del caso è stata la n. 20745 del 6 ottobre 2010 (tra l’altro seguita da una serie di altre pronunce che hanno tutte le stesse motivazioni e precisamente, le nn. 3975, 3978, 3979, 3980 e 3986 del 18 febbraio 2011).

 

In tale occasione, i giudici di legittimità hanno affermato che il mancato versamento delle rate successive alla prima non consente il perfezionamento della definizione agevolata di cui si discute. Secondo la Cassazione, infatti, il condono ex art. 9-bis, legge n. 289/2002 rappresenta una particolare forma di sanatoria (c.d. condono clemenziale) di natura diversa rispetto alla altre ipotesi previste dagli articoli 7, 8, 9, 15 e 16 della legge citata (c.d. condono premiale).

 

Solo queste ultime forme di sanatoria attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi secondo regole peculiari e diverse da quelle ordinarie, del proprio rapporto tributario (vedi, anche, Cassazione, sentenza 31 agosto 2007, n. 18353).

 

Diversamente da tali ipotesi, all'istanza di sanatoria ex art. 9-bis non consegue una necessaria attività di liquidazione in base all’art. 36-bis, D.P.R. n. 600/1973 in quanto si tratta di una forma di condono che non comporta alcuna incertezza in ordine al quantum da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la vicenda fiscale (infatti, la somma da versare corrisponde esattamente a quanto indicato nella dichiarazione integrativa presentata). In base a ciò, dunque, secondo la Cassazione, la sanatoria è condizionata all'integrale pagamento di quanto dovuto.

 

Né a tale fattispecie è possibile applicare il principio dalla stessa Suprema Corte affermato con riferimento alla chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dall’art. 16, legge n. 289/2002, in base al quale - nel caso in cui il contribuente si avvalga della facoltà, prevista dal comma 2 di detta disposizione, di versare ratealmente l'importo dovuto - soltanto l'omesso versamento della prima rata comporta l'inefficacia dell'istanza di condono, con la conseguente perdita della possibilità di avvalersi della definizione agevolata, mentre in caso di mancato versamento delle rate successive si procede ad iscrizione a ruolo (a titolo definitivo) dell'importo dovuto, ai sensi dell’art. 14, D.P.R. n. 602/1973, con addebito di una sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate (ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza della rata), oltre agli interessi legali.

 

La posizione della CTR della Puglia

 

Secondo quanto si legge nella sentenza del giudici di appello pugliesi, alla suddetta posizione si è giunti senza che siano stati affrontati alcuni aspetti che, se debitamente approfonditi, possono condurre a conclusioni opposte. Innanzitutto, va notato che, a differenza di quanto previsto per le altre forme di condono di cui alla legge n. 289/2002, per la sanatoria ex art. 9-bis non è disposto alcunché in merito alle conseguenze derivanti dal mancato versamento delle rate. Infatti, negli articoli 7, comma 5, ultimo periodo, 8, comma 3, quinto periodo, 9, commi 12, secondo periodo, e 17, ultimo periodo, 15, comma 5, terzo periodo e 16, comma 2, ultimo periodo, è previsto che, in caso di mancato versamento delle rate successive alla prima, se si è scelto di rateizzare il debito, il condono è valido anche se, per il recupero delle somme non corrisposte alle previste scadenze si procede all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo (ex art. 14, D.P.R. n. 602/1973) con l’aggiunta della sanzione del 30% delle somme non versate (sanzione ridotta alla metà se il versamento è eseguito entro 30 giorni) e degli interessi legali.

 

Ora, si chiedono i giudici pugliesi, se il pagamento della prima rata, nell’intero corpus normativo che sottintende la legge n. 289, è sufficiente a definire la posizione del contribuente nei confronti del Fisco, perché si deve accettare una eccezione a tale principio, specialmente se, tale eccezione non è prevista dalla legge?

 

In altre parole, se il legislatore nell’art. 9-bis ha sottaciuto le conseguenze derivanti dal mancato pagamento delle rate successive alla prima, ciò non può automaticamente far pensare che si sia voluta ammettere, implicitamente, una soluzione “punitiva” per il contribuente non riconoscendogli la validità del condono.

 

Tra l’altro, si deve tener presente che la norma di cui si discute fu introdotta soltanto successivamente all’approvazione della legge n. 289 (esattamente l’introduzione fu ad opera dell’art. 5-bis, D.L. n. 282/2002, aggiunto, in sede di conversione, dalla legge n. 27/2003).

 

Quindi, si deve pensare piuttosto ad una “disattenzione” del legislatore che non ha perfettamente coordinato questa norma “posticcia” con il corpus originario delle disposizioni sul condono.

 

Infine, ulteriori considerazioni che fanno propendere per la soluzione pro-contribuente, secondo i giudici di merito sono le seguenti:

•nella circolare n. 18/E del 25 marzo 2003, al punto 13, l’Agenzia delle Entrate afferma che - sebbene l’art. 9-bis non disponga espressamente il divieto di compensazione - tale divieto sussiste in quanto l’esclusione esplicita della compensazione è disposta in tutti gli altri articoli che disciplinano le altre ipotesi di definizione agevolata, divenendo così un “principio generale delle norme in materia di sanatorie fiscali”: traslando tale principio al caso in discussione, se la stessa Agenzia afferma che in mancanza di normativa specifica, si può fare riferimento per analogia ai principi generali ispiratori della legge, allora l’estensione di tali principi deve valere anche per il caso in discussione;

•l’art. 11, comma 3, legge n. 289/2002, in tema di imposta di registro, prevede espressamente che, in caso di mancato pagamento di quanto dovuto per l’accesso alla sanatoria ivi prevista, si determina la decadenza della stessa: se il legislatore, quando ha voluto escludere il perfezionamento della sanatoria, lo ha espressamente stabilito, ne deriva che poiché nell’art. 9-bis non ha detto nulla, evidentemente non era sua intenzione prevedere ciò, ma piuttosto ha voluto, implicitamente, riconoscere i principi generali di cui si è detto sopra e, cioè, la validità della definizione con il versamento della prima rata.La conclusione, per i giudici pugliesi, salvo che non intervenga una nuova pronuncia della Cassazione che, però, tenga conto di tutti gli elementi di cui si è accennato sopra, utili a definire la questione, è dunque la seguente: è valida la definizione agevolata ex art. 9-bis, legge n. 289/2002 in presenza di versamento della sola prima rata nei termini prescritti dalla legge.

 

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