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Se vengono meno le condizioni-Occupazione appropriativa, la P.A. restitiuisca! (Sentenza Cassazione civile 31/05/2011, n. 11963)-Ipsoa.it

 

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Nel caso in cui le condizioni di fatto riscontrate deponessero nel senso di un sopraggiunto difetto di interesse della PA a perseguire l’obiettivo originariamente considerato meritevole di soddisfacimento, non vi sarebbe alcun motivo ostativo all’accoglimento della domanda di restituzione del terreno occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, domanda basata sulla richiesta di applicazione delle disposizioni vigenti in tema di risarcimento del danno.

 

Il Tribunale Superiore delle Acque, pur senza entrare in specifici dettagli circa la cronologia degli eventi, ha affermato, come dato certo, che le opere in questione non erano ancora terminate, nè erano all’epoca della decisione destinate al pubblico interesse per cui furono predisposte e progettate ma ha tuttavia ritenuto del tutto irrilevante tale aspetto, e ciò in ragione dell’avvenuta irreversibile trasformazione di parte delle aree legittimamente occupate, attestata sia dal consulente tecnico di ufficio che dal consulente di parte.

 

Orbene non è dubbio che, alla luce dei consolidati principi vigenti in materia, l’affermata irreversibile ( parziale ) trasformazione del fondo abbia determinato l’acquisto della proprietà del bene nei limiti della parte trasformata ) da parte della Pubblica Amministrazione che aveva dato corso al processo espropriativo.

 

Peraltro da detta premessa non discende automaticamente ( come ha viceversa ritenuto il Tribunale Superiore delle Acque ) il rigetto della domanda restitutoria a suo tempo formulata dalla ricorrente.

 

Ed infatti la ricorrente, invocando la restituzione del bene oggetto del procedimento espropriativo, ha sostanzialmente esercitato, nella sua qualità di danneggiato, la richiesta di reintegrazione in forma specifica del pregiudizio subito, con ciò esercitando il diritto riconosciuto dall’art. 2058, primo comrna, c.c.

 

E’ ben vero che in tali ipotesi ( quelle cioè in cui, a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, sia intervenuta l’irreversibile trasformazione del fonda ) l’eventuale domanda di risarcimento in forma specifica formulata dal proprietario del terreno interessato è ordinariamente destinata ad un esito negativo, dovendo trovare prioritario soddisfacimento l’interesse posto a base della realizzazione dell’opera pubblica.

 

Tuttavia nel caso in cui ( come viene rappresentato in quello oggetto di esame ) le condizioni di fatto riscontrate deponessero nel senso di un sopraggiunto difetto di interesse della Pubblica Ammistrazione a perseguire l’obiettivo originariamente considerato meritevole di soddisfacimento, non vi sarebbe alcun motivo ostativo all’accoglimento della domanda di restituzione del terreno occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, domanda come detto basata sulla richiesta di applicazione delle disposizioni vigenti in tema di risarcimento del danno.

 

D’altra parte tale conclusione ( quella cioè della necessità di una verifica in ordine al collegamento effettivo fra i lavori di trasformazione compiuti e la realizzazione dell’opera programmata ) risulta in sintonia con principi già affermati dal legislatore in tema di espropriazione e dalla giurisprudenza di questa Corte.

 

In tema di retrocessione, infatti, è stato previsto che, una volta trascorso il termine per l’e5ecuzione dell’opera pubblica, gli espropriati possono richiedere la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la condanna dell’espropriante alla restituzione dei beni precedentemente acquisiti ( art. 63 1. 2359/1865 è stato analogamente previsto identico diritto dell’espropriato nel caso in cui il fondo non abbia dell’espropriato nei caso in cui il fondo non abbia ricevuto ( sia pure in parte ) la destinazione impressa nel progetto originario ( artt. 60 e 61 1. 2359/1865 ); anche con più recente normativa è stato riconosciuto all’espropriato il diritto di chiedere la decadenza dalla dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del fondo nel caso di mancata realizzazione dell’opera nel termine di dieci anni dall’esecuzione dell’espropriazione ( art. 46 DSP.R. 8.6.2001, n. 327 ).

 

E pure la giurisprudenza di questa Corte, come detto, si è costantemente espressa nel senso ora indicato, ribadendo inoltre, con recente decisione in tema di elementi ostativi alla restituzione dei terreni oggetto di espropriazione al proprietario, ove non risultante la loro conformazione alla programmazione originaria dell’opera.

 

Conclusivamente, devono essere accolti il quarto ed il quinto motivo dì ricorso con assorbimento degli altri, la sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche diversa composizione, per una nuova delibazione in ordine all’istanza di restituzione del terreno oggetto di giudizio proposta dalla ricorrente, sulla base del principio secondo cui il sollecitato riconoscimento del relativo diritto può essere negato quando, oltre all’accertata irreversibilità della trasformazione delle aree occupate, risulti la permanenza e l’attualità dell’interesse della Pubblica Amministrazione alla realizzazione e alla utilizzazione delle opere programmate.

 

A cura della Redazione

 (Sentenza Cassazione civile 31/05/2011, n. 11963)

 

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