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Processo amministrativo-Ottemperanza solo previa notifica alla P.A. della sentenza da eseguire- (Sentenza Tribunale amministrativo regionale ROMA 16/05/2011, n. 4216)

 

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di Michele Didonna

In tema di giudizio di ottemperanza, ai sensi dell'art. 114 comma 1 c.p.a., il ricorso per l'esecuzione dev'essere necessariamente notificato all'Amministrazione al fine di mettere in condizione la stessa di avere contezza della proposizione del ricorso e degli elementi essenziali della questione controversa; è inammissibile, pertanto, la domanda di esecuzione del giudicato priva di tale notifica

 

Ha premesso il Collegio di Roma che col ricorso era stata richiesta l’esecuzione della sentenza 5 luglio 2010, n. 22601, pronunciata dal medesimo - con la quale veniva dichiarata l’illegittimità del silenzio-rifiuto del Comune resistente e disposto l’ordine di provvedere sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione della stessa, con eventuale nomina di commissario ad acta in caso di inadempimento - insistendo per l’accoglimento della domanda e per la nomina del commissario ad acta.

 

In via preliminare l’adito T.A.R. ha esaminato le questioni pregiudiziali inerenti la domanda, in particolare, il ricorso/istanza per l’esecuzione della sentenza n. 22601/2010 e la nomina del commissario ad acta, depositato in data 20 ottobre 2010, prot. n. 64867, non notificato al Comune, recante in allegato la nota in data 7.9.2010, n. 12148, con la quale detto Comune “in relazione all’atto di invito e diffida… in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza n. 22601 del 2010”, ha ribadito che “non è ravvisabile un comportamento negligente… atteso che l’obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione dell’impianto di depurazione era condizionato sospensivamente alla realizzazione e ultimazione delle opere e al collaudo avvenuto con esito positivo: circostanza quest’ultima mai verificata”.

 

Orbene, ha rilevato il G.A. romano che la domanda proposta dai ricorrenti presentasse delle criticità sotto profili di rito: infatti, se intesa quale azione per l’esecuzione del giudicato e nomina di commissario ad acta - come qualificata dai ricorrenti – doveva rilevarsi che la stessa non risultava proposta nelle forme del rito proprio dell’ottemperanza di cui agli art. 112 c.p.a. e ss., ossia con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le parti del giudizio definito dalla sentenza della cui ottemperanza si tratta e nel rispetto degli adempimenti propri del procedimento.

 

Al riguardo, ha richiamato il Collegio l’art. 114, comma 1° c.p.a. che, a differenza di quanto previsto prima dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo per il giudizio di ottemperanza, ha chiarito (mancando in precedenza un’espressa previsione in tal senso) la necessità della notifica del ricorso per l’esecuzione all’Amministrazione, al fine di mettere in condizione la stessa di avere contezza della proposizione del ricorso e degli elementi essenziali della questione controversa, ciò per la salvaguardia del principio del contraddittorio e superando le precedenti contrastanti opinioni in giurisprudenza, riferite alla fase previgente all’entrata in vigore del Codice (cfr. in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6564; e, per l’interpretazione antecedente al c.p.a., sulla necessità della notifica all’Amministrazione, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 febbraio 2000, n. 938; idem, 2 marzo 2000, n. 1069; Corte Cost., 9 dicembre 2005, n. 441; Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3356; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 12 novembre 2008, n. 10031; per il diverso indirizzo sulla sufficienza della comunicazione della proposizione del ricorso a cura della segreteria, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 dicembre 1997, n. 1436; idem, 6 ottobre 2003, n. 5847).

 

Alla luce di quanto osservato, ha ritenuto il G.A. sussistenti i profili d’inammissibilità della domanda proposta dai ricorrenti per l’esecuzione del giudicato nei modi non rituali rispetto a quelli dettati dal Codice per il giudizio di ottemperanza. Ha altresì rilevato il T.A.R. di Roma che le suddette considerazioni derivano da un esame della domanda in relazione a ciò che letteralmente viene chiesto, ossia al petitum formale; volendo, tuttavia, operare un’indagine più sostanzialistica dell’oggetto della domanda controversa, la stessa si sarebbe potuta inquadrare quale ulteriore azione esecutiva proposta nell’ambito del rito del silenzio e intesa, quindi, come richiesta di nomina di commissario ad acta, ai sensi dell’art. 117, comma 3 c.p.a., per mancato adempimento del Comune all’obbligo disposto con la sentenza in questione, con ulteriore richiesta di declaratoria della nullità dell’atto sopravvenuto.

 

Anche inquadrata in tal senso, a suo giudizio, la domanda risulta irrituale per quanto segue. Posta l’antecedenza logica del dictum della sentenza n. 22601/2010 a cui la domanda sembra accedere quale ulteriore azione esecutiva, ha richiamato il giudicante quanto disposto con tale decisione, ossia l’accoglimento del ricorso nella parte in cui è stata chiesta la declaratoria dell’illegittimità del silenzio rifiuto… con l’ordine al Comune resistente di provvedere sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione della sentenza, prevedendo la nomina di commissario ad acta, su richiesta di parte ricorrente, in caso di mancata esecuzione della sentenza stessa.

 

Orbene, detto provvedimento espresso a cui si riferisce il disposto della sentenza è stato adottato dal Comune con la nota citata, con la quale il Sindaco p.t. “in relazione all’atto di invito e diffida… in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza n. 22601 del 2010”, ha ribadito che nella fattispecie “non è ravvisabile un comportamento negligente… atteso che l’obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione dell’impianto di depurazione era condizionato sospensivamente alla realizzazione ed ultimazione delle opere e al collaudo avvenuto con esito positivo, circostanza quest’ultima mai verificata”.

 

Tale provvedimento sopravvenuto è stato allegato alla domanda dei ricorrenti i quali, tra l’altro, lo hanno ritenuto non necessariamente impugnabile in quanto “meramente dichiarativo della volontà di non ottemperare” peraltro per ragioni asseritamente valutate dal medesimo Tribunale, chiedendo l’accertamento della nullità dello stesso; al riguardo, ha osservato il G.A. capitolino che la presenza, nel caso al suo scrutinio, di domande diverse inserite nell’ambito del rito del silenzio ai fini dell’esecuzione, ma anche rivolte a differenti e più complesse questioni di merito, ai sensi dell'art. 32 c.p.a., se dette questioni risultano soggette a riti diversi, trova applicazione quello ordinario (in disparte anche i profili attinenti alla necessità della notifica del ricorso e alla completezza del contraddittorio), non potendo seguirsi il rito speciale in Camera di consiglio in quanto il successivo art. 87, comma 1, impone, a pena di nullità, la trattazione del processo in udienza pubblica.

 

D’altra parte, poiché l’azione esecutiva non è soggetta a termine di decadenza, ma di prescrizione, il Collegio ha, infine, considerato come non risultava compromesso il diritto di difesa non essendo precluse alle parti specifiche azioni a garanzia e protezione delle rispettive posizioni giuridiche riguardo le opere di urbanizzazione e gli oneri relativi.

 

 

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