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Quale e' lo stato di salute del nostro sistema previdenziale? Rapporto Annuale INPS-Ipsoa.it

 

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di Carlo Giuro

Una fotografia del sistema pensionistico in Italia nel rapporto annuale dell'INPS che ripercorre gli interventi che piu' efficacemente hanno contribuito a limitare la crescita della spesa pensionistica, rende noti i dati sugli iscritti e disegna il panorama delle prestazioni pensionistiche erogate.

 

La sostenibilità economica di un sistema previdenziale deve tener conto dell’invecchiamento progressivo della popolazione, che comporta un crescente aumento del numero dei pensionati rispetto ai lavoratori, da cui deriva la necessità di attuare riforme tese in futuro al contenimento degli importi delle pensioni e all’innalzamento dell’età pensionabile, promuovendo anche il ricorso alla previdenza integrativa (i fondi di categoria, ovvero il cosiddetto secondo pilastro) e a quella di tipo privato (assicurazioni private, il terzo pilastro).

 

Lo afferma l’INPS nel suo Rapporto Annuale che certifica lo stato di salute del nostro sistema previdenziale.

 

Le riforme attuate, a partire dalla legge n. 335 del 1995 che ha introdotto il sistema contributivo nel calcolo della pensione, sono finalizzate a tenere sotto controllo la dinamica della spesa agendo su diverse leve:

 

• liberalizzazione del cumulo tra redditi da pensione e redditi da lavoro al fine di favorire il prolungamento della vita attiva e di contrastare nel contempo il fenomeno del lavoro non dichiarato;

 

• applicazione dei nuovi coefficienti di trasformazione che tengono conto dell’aumento dell’aspettativa di vita;

 

• adeguamento automatico, a partire dal 2015, dell’età pensionabile all’aspettativa di vita;

 

• nuovo regime delle decorrenze dei trattamenti con l’introduzione dal 2011 della cosiddetta “finestra mobile”.

 

I diversi interventi di riordino

 

L’INPS ripercorre in primo luogo gli interventi che più efficacemente hanno contribuito a limitare la crescita della spesa pensionistica a partire dai primi anni Novanta:

 

• la riforma Amato, dlgs n. 503/1992, che ha introdotto:

 

1) la perequazione automatica delle pensioni legata esclusivamente all’indice istat dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati e non anche ai salari;

 

2) l’elevamento graduale, per il settore privato, dell’età di pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, con innalzamento contestuale da 15 a 20 anni del requisito assicurativo minimo per l’ottenimento della pensione nel metodo retributivo;

 

3) l’innalzamento a 35 anni dell’anzianità contributiva per avere titolo alla pensione di anzianità nel settore privato;

 

4) il blocco delle pensioni;

 

5) l’introduzione dei requisiti reddituali per l’integrazione al minimo;

 

• il dlgs n. 373/1993, che ha ampliato l’arco temporale per la determinazione della retribuzione pensionabile;

 

• le leggi n. 537/1993 e n. 724/1994, che hanno unificato le aliquote di rendimento per anno di contribuzione e le basi imponibili nei diversi regimi pensionistici, oltre ad avere realizzato un blocco (temporaneo) delle pensioni di anzianità, già anticipato nel 1992;

 

• la riforma Dini, di cui alla legge n. 335/1995 che:

 

1) ha introdotto il nuovo metodo di calcolo “contributivo”, prevedendo il pensionamento in età compresa tra 57 e 65 anni, sia per gli uomini che per le donne;

 

2) ha definito le nuove regole per le pensioni di anzianità (40 anni di versamenti a qualsiasi età oppure almeno 57 anni di età e 35 di contributi);

 

3) ha previsto l’ulteriore posticipo del pensionamento di anzianità, rispetto alla maturazione dei requisiti fissati dalla legge, operato tramite il meccanismo delle decorrenze (c.d. finestre di uscita) aventi cadenza trimestrale;

 

4) ha inasprito i requisiti reddituali per l’integrazione al trattamento minimo;

 

• la riforma Prodi, di cui alla legge n. 449/1997 che:

 

1) è intervenuta in materia di disparità nelle regole per le pensioni di anzianità tra dipendenti pubblici e dipendenti privati e in tema di omogeneizzazione delle contribuzioni per le diverse categorie professionali;

 

2) ha introdotto la sospensione temporanea dell’indicizzazione (ai prezzi) per le pensioni al di sopra dei tre milioni di lire ed ha previsto un meccanismo di aliquote decrescenti all’indicizzazione delle pensioni.

 

Tali misure di “raffreddamento” sono state successivamente azzerate con la legge di bilancio 2001;

 

• la legge n. 243/2004 che, oltre ad introdurre il nuovo meccanismo del bonus, l’istituto della totalizzazione e la revisione della disciplina del cumulo tra pensione e reddito, ha previsto:

 

1) misure volte ad innalzare l’età pensionabile con riferimento all’accesso anticipato al pensionamento nei regimi retributivo, misto e contributivo, rispetto all’età di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne;

 

2) misure per ridurre da 4 a 2 le finestre di uscita per il pensionamento anticipato con conseguente ritardo medio nell’erogazione del trattamento di 9 e 15 mesi dal raggiungimento dei requisiti minimi, rispettivamente per i lavoratori dipendenti e autonomi;

 

• la legge n. 247/2007 che:

 

1) ha reso più graduale l’innalzamento dell’età pensionabile attraverso “scalini” e “quote vincolate” costituite dalla somma di età anagrafica e anni di contributi;

 

2) ha rafforzato l’impianto del sistema contributivo introdotto dalla riforma del 1995 applicando a partire dal 2010 (e poi con cadenza triennale) i nuovi coefficienti di trasformazione definiti nel 2005; 3) ha fissato criteri più flessibili in materia di totalizzazione;

 

• la legge n. 102/2009 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 78/2009 che:

 

1) all’articolo 22-ter comma 2 ha previsto un meccanismo automatico in base al quale, a partire dal 1° gennaio 2015, i requisiti di età anagrafica per il pensionamento andranno adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’istat e convalidato da Eurostat, riferito al quinquennio precedente. in fase di prima applicazione, l’incremento dell’età pensionabile riferito ai primi cinque anni non potrà essere superiore a tre mesi;

 

2) all’art. 22-ter comma 1 ha previsto l’aumento graduale di 5 anni del requisito d’età per l’accesso al pensionamento di vecchiaia previsto per le donne del pubblico impiego, in attuazione della sentenza della Quarta sezione della Corte di Giustizia europea C-46/07 del 13 novembre 2008;

 

• la legge n. 122/2010 di conversione del decreto-legge n. 78/ 2010 che:

 

1) ha previsto un nuovo sistema di decorrenze per le pensioni di vecchiaia o di anzianità a partire dal 1° gennaio 2011, in base al quale le stesse risultano posticipate di 12 mesi per i dipendenti pubblici e privati e di 18 mesi per i lavoratori autonomi rispetto alla data di maturazione dei requisiti;

 

2) ha stabilito l’aggiornamento con cadenza triennale dei requisiti anagrafici per il pensionamento, al fine di adeguarli agli incrementi della speranza di vita. in sede di prima applicazione resta confermato che tale aggiornamento non può superare i tre mesi. il secondo adeguamento alla speranza di vita, in deroga alla periodicità triennale, è effettuato con decorrenza 1° gennaio 2019.

 

Ciò al fine di uniformarne la periodicità temporale a quella concernente la rideterminazione triennale dei coefficienti di trasformazione, come da procedura di cui all’art. 1, comma 11, della L. 335/1995; 3) ha introdotto una revisione della disciplina transitoria sull’elevamento, per le lavoratrici del pubblico impiego, del requisito di età anagrafica per la pensione di vecchiaia, portandolo da 61 a 65 anni in unica soluzione a partire dal 1° gennaio 2012.

 

I dati sugli iscritti

 

Nel 2010, nel complesso delle gestioni INPS risultano iscritti 18.952.727 lavoratori, con un decremento di 82.650 unità (-0,4%) rispetto all’anno precedente. In particolare, diminuiscono nell’insieme i lavoratori dipendenti (-97.215) e gli iscritti alla Gestione separata (-10.000), mentre aumentano complessivamente i lavoratori autonomi (+24.613).

 

Il rapporto tra iscritti e pensioni vigenti nell’anno in esame è in media di 130 iscritti per 100 pensioni , in leggera flessione rispetto al dato del 2009 (131,1). il comparto del lavoro dipendente presenta nel complesso un rapporto iscritti/pensioni di 125,3 mentre per i lavoratori autonomi il rapporto è in media di 107,6 iscritti su 100 pensioni in pagamento.

 

Nello specifico, la Gestione artigiani evidenzia un rapporto pari a 119,6 che sale a 152,6 per i commercianti, mentre tra i coltivatori diretti, coloni e mezzadri risultano 39,8 lavoratori attivi su 100 pensioni.

 

Nella Gestione separata si registrano 701,4 iscritti ogni 100 pensioni erogate. Con riferimento agli ultimi cinque anni, il numero degli iscritti nel 2010 si presenta in lieve aumento rispetto al 2006 (+6.759). in particolare, il primo triennio registra un trend costante di crescita (attorno all’1% annuo) mentre gli ultimi due anni presentano una riduzione complessiva del numero degli iscritti pari all’1,8% (-342.287) connessa alla crisi economico finanziaria internazionale.

 

Tale flessione è principalmente riferita al 2009 (-259.637 unità rispetto al 2008), mentre il 2010 mostra una maggiore tenuta (-82.650).

 

Le prestazioni pensionistiche

 

Agli oltre 16 milioni di pensioni in essere al 31 dicembre 2010 vanno ad aggiungersi 2.733.900 trattamenti a favore di invalidi civili per un totale, quindi, di 18.776.260 prestazioni pensionistiche erogate nell’anno.

 

Tali prestazioni sono per il 77,7% (circa 14,6 milioni) di natura previdenziale e per il restante 22,3% (circa 4,2 milioni) di tipo assistenziale. Con riferimento alla categoria di pensione, il 60% delle prestazioni pensionistiche liquidate nel 2010 è costituito da pensioni di vecchiaia e anzianità e l’8,6% da trattamenti di invalidità previdenziale (assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità), il restante 31,4% si compone di pensioni ai superstiti (indirette e di reversibilità).

 

La distribuzione per sesso evidenzia tra le pensioni maschili una prevalenza di trattamenti di vecchiaia (74,1% contro il 48,2% delle pensioni femminili) e di invalidità (12,9% a fronte del 4,9% per le donne).

 

Delle prestazioni ai superstiti, invece, beneficiano maggiormente le donne (46,9% rispetto al 13% di pensioni maschili) il numero complessivo delle nuove pensioni di anzianità liquidate nei principali Fondi nel 2010 è pari a 174.729 trattamenti, di cui 110.844 erogati a lavoratori dipendenti, con un’età media alla decorrenza di 58,3 anni e 63.885 a lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni e mezzadri, artigiani ed esercenti attività commerciali) con un’età media di 59,1 anni.

 

L’analisi per sesso evidenzia su tutto il territorio nazionale la netta prevalenza di nuove pensioni di anzianità erogate ai maschi, sia nell’ambito del lavoro dipendente (75,9% rispetto al totale maschi e femmine) che in quello del lavoro autonomo (79,8% rispetto al totale maschi e femmine).

 

Per quanto riguarda le prestazioni di vecchiaia, il numero delle nuove liquidazioni nel 2010 è di 173.575. Un numero pari a 101.866 pensioni è rivolto al comparto dei lavoratori dipendenti, con età media alla decorrenza di 62,3 anni. delle restanti 71.709 pensioni beneficiano i lavoratori autonomi, con età media pari a 63,3 anni.

 

Nell’analisi per sesso, contrariamente a quanto avviene per le anzianità, nel caso delle pensioni di vecchiaia prevalgono i trattamenti erogati alle donne, rispetto agli uomini, con il 67,9% pensionate ex lavoratrici dipendenti e il 64,3% pensionate ex lavoratrici autonome.

 

L’andamento produttivo delle pensioni

 

L’INPS evidenzia come nel 2010 si sia registrato un ulteriore progresso nell’erogazione delle prestazioni pensionistiche con riferimento alla riduzione dei tempi di liquidazione delle domande di pensione e all’aumento del numero delle pensioni liquidate in prima istanza, vale a dire senza necessità di alcun ulteriore adempimento.

 

La percentuale di pensioni di vecchiaia, di anzianità e ai superstiti liquidate entro il tempo di eccellenza di 30 giorni è pari all’85,1% e quella delle liquidate entro 120 giorni sale al 97,7%. Anche in ambito di invalidità/inabilità si evidenziano miglioramenti nella riduzione dei tempi di liquidazione, con l’85,9% delle domande liquidate entro il tempo soglia di 120 giorni e il 62,8% in soli 60 giorni dalla data di presentazione Pensioni e gestioni: dall’analisi delle principali gestioni previdenziali emerge che il comparto del lavoro dipendente esprime con il 69,7% la quota più elevata di trattamenti pensionistici in essere al 31 dicembre 2010.

 

Seguono i lavoratori autonomi con il 28,4%, mentre la quota di pensioni a carico della Gestione separata è pari all’1,7%dall’esame degli importi medi delle prestazioni previdenziali ivs si osserva che l’importo medio delle pensioni di vecchiaia e anzianità nel 2010 è di 12.750 euro lordi e diminuisce lievemente (-0,2%) rispetto al 2009.

 

Le pensioni di invalidità e inabilità presentano un importo medio di 8.142 euro l’anno (+4,3%) e le prestazioni ai superstiti di 7.282 euro (+1,7%).L’ importo medio annuo delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti, al netto delle suddette gestioni, è di 11.192 euro e si colloca appena al di sopra della media del complesso delle gestioni e fondi previdenziali pari, nel 2010, a 10.946 euro.

 

La Gestione separata fa registrare il valore medio più basso (1.570 euro) trattandosi, prevalentemente, di pensioni supplementari. In particolare, le prestazioni a carico di detta gestione si distribuiscono per il 93,3% in pensioni di vecchiaia con importi medi mensili pari a 123,85 euro, per il 6,2% in pensioni ai superstiti con importi medi mensili di 67,69 euro e per il restante 0,5% in pensioni d’invalidità con importi medi mensili di 230 euro dall’analisi della distribuzione delle pensioni erogate nella gestione per sesso, emerge che il 72% è costituito da pensioni maschili di importo medio mensile pari a 130,09 euro, mentre le pensioni erogate a donne, che rappresentano il restante 28%, presentano un importo medio mensile di 95,51 euro.

 

Analisi pensioni

 

La distribuzione delle pensioni per categoria e area geografica evidenzia pesi percentuali più elevati al Nord per le pensioni di vecchiaia e per quelle ai superstiti (rispettivamente 58% e 51%), mentre prevalgono nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità previdenziale (48%) e le prestazioni di tipo assistenziale, con il 53% per le pensioni/assegni sociali e il 44% per le prestazioni di invalidità civile. Passando ad analizzare il regime di liquidazione, la distribuzione delle pensioni vigenti evidenzia la netta prevalenza delle prestazioni liquidate nell’ambito del sistema retributivo (93,4%).

 

Il regime misto si applica al 4,8% dei trattamenti, mentre soltanto l’1,8% delle pensioni vigenti al 31 dicembre 2010 rientra nel sistema contributivo dall’esame della distribuzione delle pensioni in base alla classe di età dei titolari emerge che l’89,3% dei trattamenti è erogato a individui con 60 e più anni (il 30,3% ad ultra80enni); l’8% è rivolto a beneficiari di età compresa tra 40 e 59 anni; il 2,1% a titolari tra 15 e 39 anni e appena lo 0,6% a soggetti di età pari o inferiore a 14 anni.

 

Analizzando la distribuzione delle pensioni Inps per classe di importo si osserva che il 50,8% delle pensioni erogate appartiene alla classe più bassa, con importi inferiori ai 500 euro mensili.

 

Tale quota sale al 79% se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. L’11,1% presenta importi compresi tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili e il 9,9% superiori ai 1.500 euro

 

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