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SPEDIZIONI DI RIFIUTI: RIBADITA LA PREVALENZA DI PROTEZIONE AMBIENTALE E IL PRINCIPIO DI  LEGALITA’ PENALE.di Alberto PIEROBON

 

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1. Premessa.

 

La recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea (Quarta Sezione) 10 novembre 2011, C-405/11 risulta assai interessante soprattutto per aver ribadito, affrontando una questione interpretativa sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti, la prevalenza (non solo come finalità e obiettivi, ma anche interpretativa) della protezione della salute umana e ambientale; per aver ricordato che i rifiuti di norma dovrebbero essere smaltiti negli Stati di loro produzione; per aver ribadito che qualsiasi operazione di gestione (anche di recupero) debba svolgersi nello Stato di destinazione con operazioni ecologicamente corrette secondo l’equivalenza comunitaria; infine, per aver chiarito che il principio di legalità penale, per richiedere la responsabilità dei soggetti, implica una chiara definizione normativa dei reati e delle pene.

 

2. Finalità del Regolamento 1013/20061.

 

In via preliminare va evidenziato come il Regolamento (CE) n.1013/2006 persegue <primariamente, tanto per i suoi scopi quanto per il suo contenuto, la protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi che possono derivare dalle spedizioni internazionali di rifiuti>2.

 

Sul fondamento dell’art.130 S del Trattato CEE il controllo e la sorveglianza istituiti dal Regolamento <mirano a proteggere l’ambiente, non soltanto nella Comunità, ma anche nei paesi terzi nei quali i rifiuti sono esportati a partire da essa>3.

 

Sempre il cit. Regolamento pone <l’accento sul trasporto dei rifiuti al fine del loro trattamento piuttosto che sullo spostamento a fini commerciali degli stessi. Anche volendo supporre che i rifiuti siano spediti nell’ambito degli scambi commerciali, resta comunque il fatto che la procedura di notifica e autorizzazione preventive scritte è diretta esclusivamente a prevenire i rischi per la salute umana e l’ambiente derivanti da tali spedizioni e non a promuovere, ad agevolare oppure a disciplinare gli scambi commerciali>4.

 

Infatti, l’obiettivo del Regolamento <non è quello di definire le caratteristiche che devono possedere i rifiuti per circolare liberamente nel mercato interno o nell’ambito di scambi commerciali con i paesi terzi, bensì di fornire un sistema armonizzato di procedimenti attraverso i quali limitare la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la tutela dell’ambiente>5.

 

3. La geografia delle spedizioni.

 

Per quanto riguarda i Paesi importatori/esportatori nella disciplina comunitaria, in sintesi si hanno:

 

    spedizioni intra UE: tra Paesi UE ed altri Paesi UE;

 

    spedizioni (esportazioni) verso Paesi terzi: b1) verso extraUE; b2) verso Paesi EFTA;6 b3) verso Paesi OCSE7; b4) verso Paesi non OCSE;

 

    spedizioni (importazioni) nei Paesi UE: c1) dai Paesi aderenti alla Convenzione di Basilea (sono 181 Paesi anche EFTA e OCSE); c2) dai Paesi non aderenti alla Convenzione di Basilea.

 

Come vedremo, sia la tipologia dei rifiuti, che il loro destino (lo smaltimento o il recupero), sia le procedure da attivarsi (la notifica o quella della “lista verde”, leggasi dopo il Regolamento 1013/2006 “elenco verde”) trovano - in questa “geografia” delle spedizioni - una diversa articolazione e previsione, rilevando altresì eventuali, ulteriori, controlli che i Paesi possono richiedere. In questa analisi vengono tralasciati i soggetti, loro relazionalità e le questioni del recupero intermedio8.

 

4. Spedizioni di rifiuti da recuperare in Paesi ove non si applica la decisione OCSE.

 

In questo caso l’art.37 (<Procedure di esportazione dei rifiuti elencati nell’allegato III o IIIA) del cit. Regolamento 1013/2006 ss.mm. e ii.9, segnala diverse procedure applicabili:

 

    per i Paesi “ignorati” dalla lista elenco“verde” (o per quelli che hanno “risposto” alla richiesta scritta della Commissione di cui al par.1 dell’art.37) trova applicazione la procedura di notifica e della autorizzazione preventiva scritta (art.37, par. 2, secondo periodo) ;

 

    per i Paesi cosiddetti “listati”, ovvero per i Paesi che rispondono alla richiesta indicando <che determinate spedizioni di rifiuti non sono soggette ad alcun controllo> per l’art.37, par.3 <si applica, mutatis mutandis> l’art.18 <Rifiuti che devono essere accompagnati da determinate informazioni>10.

 

Questo rinvio all’art.18 (in particolare con la clausola del <mutatis mutandis>) comporta l’ingresso interpretativo dell’elemento teleologico, tenendo presente, appunto, la sua collocazione nella rubrica del capo II, <obblighi generali di informazione> (si vedano, altresì, il par. 1, lett. “a”11, “b”12 e il par. 2 sempre dell’art.18).

 

La finalità ivi additata (<per facilitare il monitoraggio>) sembra, appunto, indicare una logica di controllo, di tracciabilità del rifiuto fino al suo completo recupero.

 

5. La spedizione (la gestione) deve avvenire secondo metodi ecologicamente corretti.

 

Va sempre tenuta ben presente la necessità di controllare e di verificare se la spedizione di rifiuti sia avvenuta, o avvenga, tramite operazioni ecologicamente corrette (in proposito vedasi l’art.44, par.4: <la spedizione può aver luogo soltanto:>, <lett.d) se è gestita secondo metodi ecologicamente corretti, come disposto dall’articolo 49>).

 

Ed è anche a tal fine che dal contratto - che deve essere stipulato tra le parti - devono evincersi gli elementi che consentano di comprendere (ai soggetti incaricati del controllo e della verifica) se l’ impianto finale (ivi specificato) possa effettivamente (diremmo anche prevalentemente e obiettivamente) svolgere queste operazioni ecologicamente corrette, in questo utilizzando il criterio della equivalenza comunitaria.

 

Sulla <Protezione dell’ambiente> giova qui riportare il par. 2, dell’art.49, par. 2:

 

<2. In caso di esportazioni dalla Comunità, l’autorità competente di spedizione nella Comunità:

 

    impone, e si adopera per garantire, che tutti i rifiuti esportati siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la durata della spedizione, compresi il recupero di cui agli articoli 36 e 38 o lo smaltimento di cui all’articolo 34 nel paese terzo di destinazione;

 

    vieta l’esportazione di rifiuti verso paesi terzi se ha motivo di ritenere che essi non saranno gestiti secondo quanto prescritto alla lettera a).

 

In particolare, si considera che l’operazione di recupero o di smaltimento sia effettuata in modo ecologicamente corretto se il notificatore o l’autorità competente del paese di destinazione possono dimostrare che l’impianto che riceve i rifiuti sarà gestito in conformità di norme in materia di tutela della salute umana e ambientale grosso modo equivalenti a quelle previste dalla normativa comunitaria. Tale presunzione non pregiudica tuttavia la valutazione globale della gestione ecologicamente corretta durante tutta la durata della spedizione, compresi il recupero o lo smaltimento nel paese terzo di destinazione.

 

Per un orientamento in materia di gestione ecologicamente corretta, possono essere prese in considerazione le linee guida figuranti nell’allegato VII>.

 

6. Il caso oggetto della sentenza della Corte (quarta sezione) 10 novembre 2011, C-405-10.

 

Un operatore tedesco aveva avviato la spedizione in Libano, per il recupero - via Rotterdam - dei catalizzatori usati per autoveicoli (rifiuti). La dogana olandese sequestrava il carico considerato che <i catalizzatori rientravano nella voce B1120 dell’allegato IX della convenzione di Basilea e che essi figuravano nella colonna a) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007 e che, pertanto, la loro spedizione in Libano era vietata> (punto 34 conclusioni13). Però questi rifiuti compaiono anche nella colonna “d” del citato Regolamento n.1418/2007 il quale prevede che altre procedure di controllo saranno applicate ai sensi della legge nazionale nello Stato di destinazione. Pertanto, il giudice tedesco (Amtsgericht Bruchsal) , ha sottoposto sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

 

<Se la normativa di cui al combinato disposto dell’art. 37 del regolamento (..) n. 1013/2006 (..), e del regolamento (..) n. 1418/2007 (..), vada interpretata nel senso che sussiste un divieto di spedizione in Libano dei rifiuti di cui alla categoria B1120 dell’allegato IX della convenzione di Basilea (..)>. Invero, <La portata della questione è importante per la sig.ra Garenfeld, poiché, se non esistono divieti di spedizione dei rifiuti della categoria B1120 verso il Libano, non ricorrono gli elementi costitutivi del reato punito dalla legge penale tedesca> (punto 41 conclusioni).

 

Come dianzi ricordato l’art. 37 del regolamento n. 1013/2006 prevede una procedura di consultazione degli Stati terzi al fine di conoscere le loro posizioni circa il trattamento di taluni rifiuti, ovvero:

 

    se sottoporre i rifiuti ad un divieto di esportazione nel loro territorio;

 

    se prevedere una procedura di notifica e di autorizzazione preventive;

 

    se non avvalersi di alcuna procedura di controllo.

 

La Commissione, utilizzando le risposte degli Stati terzi ha adottato il regolamento (CE) n. 1418/2007 aggiungendo oltre alle tre opzioni una altra, ovvero:

 

4. la possibilità di classificazione, e cioè l’istituzione, per il trasferimento di tali rifiuti, di altre procedure di controllo che saranno applicate in forza del diritto nazionale nello Stato di destinazione.

 

<Per quanto riguarda il Libano, la Commissione ha classificato i rifiuti appartenenti alla categoria B1120 nelle colonne a) e d) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007 che corrispondono, rispettivamente, a un divieto di esportazione verso il Libano e all’istituzione di altre procedure di controllo da parte dello Stato di destinazione> (vedi punto 5 conclusioni).

 

In ogni caso, <l’art. 1 bis del regolamento n. 1418/2007 fa presente che qualora uno Stato nella sua risposta ad una richiesta scritta inviata dalla Commissione ai sensi dell’art. 37, n. 1, primo comma, del regolamento n. 1013/2006, precisi che non vieterà le spedizioni di determinati rifiuti, né applicherà la procedura di notifica e di autorizzazione preventive scritte di cui all’art. 35 di tale regolamento, si applica mutatis mutandis a tali spedizioni l’art. 18 del detto regolamento14> (punto 28 conclusioni).

 

L’Avvocato Generale successivamente osserva come:

 

<43. La duplice classificazione di tali rifiuti nelle colonne a) e d) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007, che appare in qualche modo contraddittoria, si spiega col fatto che, quando la Commissione ha chiesto agli Stati ai quali non si applica la decisione OCSE di determinare quali erano le loro intenzioni per la classificazione dei rifiuti, taluni di questi Stati hanno affermato che progettavano di applicare, ai sensi della loro legge nazionale, procedure di controllo diverse da quelle di cui all’art. 37, n. 1, del regolamento n. 1013/2006>

 

<45.  Per quanto riguarda il Libano, risulta dalle osservazioni presentate dalla Commissione che il Ministero libanese dell’Ambiente, con lettera del 23 giugno 2007, ha rimandato il questionario compilato sbarrando, per i rifiuti della categoria B1120, la colonna 1 di tale questionario che corrisponde alla colonna a) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007, e cioè a un divieto di esportazione15.

 

46.   Inoltre, il Ministero libanese dell’Ambiente ha precisato, in tale lettera, che l’elenco fornito dalle autorità libanesi competenti ha un mero carattere esplicativo, in quanto la classificazione dei rifiuti in Libano può divergere da quella stabilita dalla Commissione16.

 

47. Tale lettera ha motivato la decisione della Commissione di aggiungere anche i rifiuti della categoria B1120 nella colonna d) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007 per quanto riguarda il Libano17

 

48.      Tuttavia, vuole tale aggiunta significare che i rifiuti di cui trattasi possono essere esportati dall’Unione verso il Libano?

 

49. La Commissione ritiene che, a partire dal momento in cui i suddetti rifiuti figurano nella colonna a) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007, la loro esportazione verso il Libano debba essere vietata, mentre la menzione nella colonna d) di questo stesso allegato è ininfluente su tale conclusione>

 

La posizione della Commissione viene condivisa dall’Avvocato generale, in effetti

 

<55.      Il Ministro libanese dell’Ambiente ha chiaramente espresso tale diritto indicando, nel questionario inviato alla Commissione, che l’esportazione, nel territorio libanese, dei rifiuti rientranti nella categoria B1120 era vietata>

 

Poichè <soltanto quando lo Stato di destinazione ha optato per un’assenza di controllo delle spedizioni di rifiuti o non ha reso note le sue intenzioni l’Unione ha la possibilità di applicare la procedura di cui all’art. 18 del regolamento n. 1013/2006 o quella di cui all’art. 35 di quest’ultimo> (punto 58 conclusioni),nel caso in trattazione <L’aggiunta della colonna d) nell’allegato del regolamento n. 1418/2007 non può avere l’effetto di contrastare> la volontà del Libano espressasi per il divieto, precisando <nella sua risposta che la classificazione dei rifiuti da esso adottata poteva divergere da quella adottata dal legislatore dell’Unione, ha inteso attirare l’attenzione delle imprese stabilite in seno all’Unione sul fatto che è possibile che l’importazione di taluni rifiuti sia negata da parte delle autorità libanesi competenti anche nel caso in cui la classificazione adottata dal legislatore dell’Unione autorizzasse tale importazione> (punto 62 conclusioni).

 

Ecco chiarita la regola per la quale qualora un Paese terzo, <abbia chiaramente affermato di vietare l’importazione, sul proprio territorio, di rifiuti appartenenti alla categoria B1120, la classificazione contemporanea di tali rifiuti nella colonna d) dell’allegato del regolamento n. 1418/2007 non ha altro scopo se non quello di avvertire le persone interessate del fatto che tale Stato conserva il diritto sovrano di istituire procedure di controllo e di sorveglianza delle spedizioni dei rifiuti diverse da quelle previste dal legislatore dell’Unione e quello di negare l’importazione di taluni rifiuti sulla base di una classificazione diversa da quella adottata dalla normativa dell’Unione> (punto 63 conclusioni).

 

In ogni caso, <l’obiettivo del regolamento n. 1013/2006 imponga di scegliere la soluzione più idonea a proteggere la salute umana e l’ambiente> (punto 65 conclusioni).

 

Di più, i rischi di danni connessi ai movimenti transfrontalieri portano a ritenere che i rifiuti vadano smaltiti nello Stato di produzione (salvo che altrove si riscontri una gestione ecologicamente razionale ed efficace), fermo restando la limitazione delle spedizioni di rifiuti come obiettivo dell’UE sempre a’ fini di miglior protezione della salute umana e dell’ambiente (cfr. punti 66-67 delle conclusioni).

 

La Corte (quarta sezione) si è poi espressa con sentenza del 10 novembre 2011 <Tutela dell’ambiente – Regolamenti (CE) n. 1013/2006 e n. 1418/2007 – Controllo delle spedizioni di rifiuti – Divieto di esportazione in Libano di catalizzatori esausti>nel procedimento C‑405/10, ricalcando le conclusioni dell’Avvocato Generale dianzi riportate.

 

Per quanto riguarda l’aspetto penale (“rinviato“ alla Corte dall’Avvocato), la Corte, richiamato il reato previsto dal codice penale tedesco e dal regolamento tedesco sulle pene pecuniarie in materia di spedizioni di rifiuti, così si manifesta:

 

a) circa le posizioni/spiegazioni manifestate dalla Commissione:

 

<39      Da un lato, non può essere presa in considerazione, a tale riguardo, la spiegazione fornita dalla Commissione secondo cui, qualora un paese terzo abbia precisato di vietare l’importazione sul proprio territorio di un determinato tipo di rifiuti, le «procedure di controllo (…) che differiscono da quelle previste dall’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento n. 1013/2006», a cui fa riferimento il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 1418/2007, riguarderebbero tale divieto di importazione. Occorre infatti ricordare che le procedure di controllo di cui al suddetto art. 37, n. 1, vale a dire quelle che prevedono gli artt. 18 o 35 del regolamento n. 1013/2006, riguardano per definizione esclusivamente i rifiuti la cui importazione non è stata oggetto di un divieto in via di principio.

 

40      Dall’altro lato, secondo un’altra spiegazione fornita dalla Commissione, sembrerebbe che la menzione della categoria di rifiuti B1120 in tale colonna d) sarebbe conseguenza della riserva espressa dalle autorità libanesi nella loro summenzionata lettera del 23 giugno 2007, per quanto riguarda le conseguenze che possono essere connesse con eventuali discrepanze tra le codificazioni inerenti alle categorie di rifiuti considerate dalla Comunità e dalla Repubblica Libanese>.

 

B) circa la questione penale:

 

<48      Per quanto riguarda la questione se le disposizioni del diritto dell’Unione presentino nel caso di specie un grado di chiarezza tale da poter costituire gli elementi di una qualificazione penale nazionale conformemente al principio della legalità penale (…),occorre tuttavia ricordare che tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito in particolare all’art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale principio, al cui rispetto gli Stati membri sono tenuti in particolare quando infliggono una pena diretta a sanzionare l’inosservanza di disposizioni del diritto dell’Unione, implica che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li reprimono. Questa condizione è soddisfatta solo quando il soggetto di diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, nel caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale (v. in tal senso, segnatamente, sentenze 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, Racc. pag. 2609, punto 19; 3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten voor de Wereld, Racc. pag. I‑3633, punti 49 e 50, nonché 31 marzo 2011, causa C‑546/09, Aurubis Balgaria, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 41 e 42)>

 

Ecco, quindi, che i giudici comunitari così possono pervenire alla conclusione per la quale:

 

49      Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata nel senso che il combinato disposto degli artt. 36, n. 1, lett. f), e 37 del regolamento n. 1013/2006 e del regolamento n. 1418/2007 deve essere interpretato nel senso che è vietata l’esportazione dall’Unione verso il Libano di rifiuti destinati al recupero che rientrano nel codice B1120 di cui all’elenco B della parte 1 dell’allegato V del regolamento n. 1013/2006>.

 

1[1] Sull’argomento, ci si permette rinviare ai nostri: Disinsabbiare la disciplina delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti: una interpretazione realistica per le spedizioni verso Paesi non OCSE, www.lexambiente.it; Per un’analisi, non solo giuridica, delle spedizioni transfrontaliere (rectius, commercializzazione) dei rifiuti: prime considerazioni (anche ad uso dei controllori e degli “autorizzatori”), Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e dell’Ambiente, novembre 2010; Le spedizioni illegali e il traffico di rifiuti da “colletti bianchi” (e la normativa antimafia), Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e dell’Ambiente, aprile, 2011.

 

2[1] Vedasi la sentenza della Corte di Giustizia (Grande Sezione) 8 settembre 2009, causa C-411/06.

 

3[1] Sempre la cit. sentenza C-411/06, al punto 65, con riferimento ad altre sentenze della Corte (riferite al Regolamento n.259/1993 ma facendone applicazione anche al Regolamento n.1013/2006): del 28 giugno 1994, causa C-187/93 e 21 giugno 2007, causa C-259/05.

 

4[1] Ibidem, punto 69.

 

5[1] Ibidem, punto 72.

 

6[1] European Free Trade Association (EFTA): Norvegia, Svizzera,Islanda, Liechtenstein.

 

7[1] Organizzazione Cooperazione Sviluppo Economico: UE, Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Islanda, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Svizzera, Turchia. Decisione OCSE C(2001)107/def., del 14 giugno 2001 e relativa alla modifica della decisione C(92)39/def. sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti destinati a operazioni di recupero.

 

8[1] Tematiche disaminate negli scritti indicati in nota 1.

 

9[1] L’art. 37 è inserito nel titolo III <Spedizioni esclusivamente all’interno degli stati membri>, Capo 2 (<Esportazioni di rifiuti destinati al recupero>), Sez.1 (<Esportazioni verso paesi ai quali non si applica la decisione OCSE>).

 

10[1] il quale vale solo per questi rifiuti, mentre sono previsti dei casi teoricamente “marginali”: cfr. l’ art.3, parr.2 e 4 richiamati dall’art.18, par.1 per il quale ultimo gli obblighi procedurali per la spedizione di queste tipologie di rifiuti sono quelli generali di informazione.

 

11[1] Lett. “a”: <per facilitare il monitoraggio delle spedizioni di tali rifiuti> il soggetto che organizza la spedizione deve avere la giurisdizione nel paese di spedizione e <assicura che i rifiuti siano accompagnati dal documento contenuto nell’allegato VII>.

 

12[1] Lett. “b”: <il documento contenuto nell’allegato VII è firmato dal soggetto che organizza la spedizione prima che questa abbia luogo e dall’impianto di recupero o dal laboratorio e dal destinatario al momento del ricevimento dei rifiuti in questione>.

 

 

13[1] Conclusioni dell’Avvocato Generale Yves BOT, presentate il 21 luglio 2011, Causa C‑405/10 Staatsanwaltschaft Karlsruhe contro Özlem Garenfeld [domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Amtsgericht Bruchsal (Germania)]

 

14[1] La sentenza (punti 10-11) ha avuto modo di ricordare che <L’art. 35 del regolamento n. 1013/2006 sottopone le spedizioni di rifiuti a cui tale disposizione si applica ad una procedura di notifica e autorizzazione preventive scritte che devono segnatamente provenire dalle autorità competenti di spedizione e destinazione. L’art. 18 di tale medesimo regolamento sottopone le spedizioni di rifiuti a cui tale disposizione si applica a taluni obblighi di informazione. Tale articolo prevede, in particolare, che i rifiuti in oggetto debbano essere accompagnati da determinati documenti, che debba poter essere fornita la prova dell’esistenza di un contratto tra il soggetto che organizza la spedizione di rifiuti e il destinatario incaricato del recupero di tali rifiuti e che, inoltre, un contratto siffatto acquisti efficacia quando la spedizione ha inizio. L’allegato III, parte I, intitolato «Elenco dei rifiuti soggetti agli obblighi generali di informazione di cui all’articolo 18 (“elenco verde”)», del regolamento n. 1013/2006 prevede in particolare che i rifiuti elencati nell’allegato IX della Convenzione di Basilea riprodotto all’allegato V, parte 1, elenco B, di tale regolamento siano soggetti agli obblighi generali di informazione di cui all’art. 18 di quest’ultimo>.

 

15[1] V. punti 4 e 5 delle osservazioni della Commissione. V. anche lettera del Ministero libanese dell’Ambiente sul sito Internet http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2007/july/tradoc_135243.pdf.

 

16[1] V. punto 6 delle osservazioni della Commissione. V. anche lettera citata nella nota a fondo pag. 16 in cui si afferma: < (…) a seguito del fatto che (..) il questionario (relativo al regolamento CE n. 1013/2006) adottava una classificazione dei rifiuti diversa da quella adottata dalla classificazione nazionale libanese, le informazioni fornite in tale questionario sono fornite solo per riferimento. (Il Ministero dell’Ambiente) non assume responsabilità di sorta in relazione a o derivanti da errori od omissioni in relazione alla o derivanti dalla raccolta di dati, accertamenti e dalla loro interpretazione o dal loro uso da parte della Commissione europea o di terzi>.

 

17[1] V. punto 14 delle osservazioni della Commissione.

 

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