Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Lavoro. Flessibilità in uscita e stabilizzazione in entrata             Stampa -( Gianluca Spera )

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

Ius sit.it

 

Flessibilità in uscita e stabilizzazione in entrata. I modelli europei e mondiali per rilanciare l’occupazione giovanile

.

FLESSIBILITA’ IN USCITA

 E

STABILIZZAZIONE IN ENTRATA

I modelli europei e mondiali per rilanciare l’occupazione giovanile

 

di

 

Avv. Gianluca Spera

 

 

Tra le misure allo studio per offrire all’Unione europea un piano di risanamento credibile, c’è anche la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per alcuni la norma rappresenta un totem intoccabile che tutela i lavoratori dal licenziamento, per altri una norma troppo rigida, da adeguare alla società attuale. Per ora, il Governo uscente, stante la ferma opposizione dei sindacati, ha evitato di inserire provvedimenti di modifica all’interno del maxiemendamento recentemente approvato. Ma il nuovo Esecutivo non potrà sottrarsi alla decisione. La scelta potrebbe essere agevolata da un’attenta analisi comparativa circa i modelli di disciplina vigenti in altri Paesi. Se, per esempio, rivolgiamo lo sguardo ad economie più solide di quella italiana, possiamo facilmente constatare che, in Europa, forme di flessibilità in uscita dal lavoro non rappresentano un tabù. Se ci spostiamo fuori dai confini continentali, per esempio negli Stati Uniti e in Giappone, la normativa diventa ancor più liberale. In ogni caso, sono previsti ammortizzatori sociali che garantiscono il lavoratore licenziato e ne favoriscono, nel frattempo, il reinserimento.

Chi si scaglia pregiudizialmente contro ogni modifica, dovrebbe considerare che questi Paesi hanno tassi di disoccupazione, specialmente giovanili, molto bassi se messi a confronto con quelli italiani. Emblematico è proprio il caso del Giappone. Il tasso di inoccupati raggiunge appena il 4%, nonostante il datore di lavoro possa interrompere il rapporto liberamente solo sulla base di una “oggettiva e ragionevole motivazione”. In America, invece, esiste l’employment at willche consente di sciogliere il vincolo con il lavoratore, a cui è garantito un congruo risarcimento in caso di licenziamento illegittimo.

I modelli più virtuosi, nel vecchio continente, sono quelli scandinavi. Tanto è vero che la proposta di modifica dell’art.18 avanzata dal senatore Ichino prende ad esempio proprio la “flexicurity”. In Svezia, esiste l’indennità di licenziamento che arriva a coprire fino all’80% dello stipendio e si applica anche ai precari. In Danimarca, l’assegno può raggiungere anche il 90% della retribuzione e durare fino a quattro anni. Non va trascurato nemmeno quello che accade in Stati a noi più vicini. In Germania, il lavoratore riceve un “attestato di lavoro” che lo facilita nella ricerca di un nuovo impiego, in Francia viene predisposto un piano sociale per ridurre gli effetti della perdita del posto di lavoro, attraverso corsi di formazione e riqualificazione.

Infine, anche nel Regno Unito, stanno pensando di introdurre una normativa più liberale. Saranno colpiti solo i licenziamenti che discriminino il lavoratore in ragione del sesso o della razza. Non sono previste forme di reintegro ma il datore potrà essere costretto a pagare fino a 68mila sterline di indennizzo.

In questo quadro europeo ed internazionale, l’Italia è chiamata a dotarsi di una disciplina che coniughi le esigenze di modernizzazione con quelle di equità sociale ma che, soprattutto, permetta un considerevole incremento dei livelli di occupazione giovanile. Non possiamo più consentirci l’inamovibilità in uscita che, di fatto, esclude la possibilità di stabilizzazione in entrata.

Come ha sottolineato qualche acuto osservatore, le categorie deboli, peraltro, sono escluse dal cosiddetto “tavolo della concertazione”. Capita che, ad essere rappresentate nelle sedi decisionali, siano solo le categorie organizzate, quelle che già hanno e non vogliono cedere nemmeno un millimetro delle proprie posizioni.

Invece, oggi più che mai, occorrerebbe un patto generazionale per dare meno ai padri e più ai figli. Quelli che sopportano il peso di un debito pubblico enorme, lasciatogli in eredità. Alla generazione dei trentenni viene impedito da innumerevoli ostacoli l’ingresso nel mondo del lavoro. Forse prima di iniziare qualunque discussione, bisognerebbe considerare che ai disoccupati ed ai giovani lavoratori precari, l’art.18, per evidenti ragioni, non si applica nemmeno.

 

(Articolo già pubblicato su:  “Ottopagine” - Avellino)

 

Avv. Gianluca Spera

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici