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La sociologia della comunicazione come strumento d'indagine

 (Michelangelo Di Stefano)

Altalex.it

Sommario:

1. La memorizzazione fonica di un fatto storico ex art. 234 c.p.p.

2. L'agente attrezzato per il suono ed il sotto copertura

3. Le tecnologie di sorveglianza passiva

4. Gli interessi forensi nei reperti

5. La giurisprudenza sulle immagini

6. La sociologia della comunicazione

7. La sociolinguistica

8. La fonetica

 

1. La memorizzazione fonica di un fatto storico ex art. 234 c.p.p

 

Gli smart phone ed i tablet, giusto per citare gli strumenti tecnologici di più larga diffusione, sono diventati ormai da diversi anni sofisticati "contenitori" di reperti video fonici, spesso confluendo quali prove documentali in giudizio.

 

Il loro largo utilizzo anche da parte della polizia giudiziaria, degli investigatori privati e degli studi legali nel contesto di indagini difensive, ha ingenerato più volte riserve e perplessità interpretative, in parte dovute alla omessa o equivoca precisazione riguardo l'autore della registrazione, le modalità di effettuazione delle operazioni, la collocazione del soggetto che detiene il dato fonico nel contesto comunicativo oggetto di repertazione storica, ed ancora lo status giuridico rivestito da colui che produce la prova documentale.

 

Da qui la presunzione, alle volte, di trovarsi di fronte ad una "intercettazione illegale" o, ancora, l'ipotesi di un utilizzo improprio del reperto fonico in contrasto ai più elementari principi di privacy.

 

La problematica è stata più volte oggetto di disquisizione giurisprudenziale, univocamente concorde nell'affermare che non è da intendersi attività illecita la registrazione effettuata da un partecipante nel contesto di una situazione comunicativa, sia essa tra presenti che a mezzo del telefono o di altri vettori comunicativi, perchè "chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione", fermi restando i limiti previsti a tutela e riservatezza della privacy, nonché le eventuali violazioni delle relative restrizioni, qualora si diffonda il contenuto del reperto per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui[1].

 

Quindi, laddove la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra soggetti presenti o attraverso l'utilizzo di apparati di comunicazione, sia eseguita da uno dei soggetti partecipanti o comunque lecitamente ammesso ad assistervi, seppur eseguita in modo clandestino, non può essere assimilata alla nozione di intercettazione, costituendo, bensì, "forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore puo' disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'art. 234 cod. proc. penale"[2], fatti salvi i possibili obblighi di riservatezza ed i divieti divulgazione "del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualita' rivestita dalla persona che vi partecipa"[3].

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