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Possesso e azioni possessorie

Che cos’è il possesso?

Il possesso viene comunemente definito come il potere sulla cosa e si manifesta nell'esercizio della proprietà o di un altro diritto reale minore. Tale relazione con la cosa posseduta viene definita "di fatto" e può essere realizzata sia direttamente dal titolare del diritto sia a mezzo di una terza persona, tecnicamente definita, nel linguaggio giuridico, detentore. La differenza sostanziale tra la posizione del possessore e quella del detentore è maggiormente evidente con riguardo alla minore tutela che l'ordinamento appronta per quest'ultima figura. Ad esempio, il detentore non può mai usucapire il bene. Il discrimine tra il possessore, da un lato, ed il detentore, dall'altro, è da rinvenire nell'elemento psicologico con il quale viene esercitato il potere di fatto sulla cosa: mentre il possessore esercita il suddetto potere con l'animus possidendi, ossia nella convinzione di tenere la cosa come propria o esercitare su di essa il diritto come a sé spettante, il detentore esercita il suo potere nella piena consapevolezza che il possesso sulla cosa appartenga di fatto ad altri.

Ciò premesso è opportuno sottolineare che spesso accade che colui che ha iniziato a tenere la cosa come detentore ne acquisti successivamente il possesso per mutamento del titolo con il quale esercita il potere. Con riferimento a queste particolari situazioni è opportuno avere riguardo al momento in cui la mutazione del titolo si è concretizzata.

Ancora, con riguardo al possesso possiamo dire che il potere di fatto non può concretizzarsi in singoli ed isolati atti che vengano tollerati dal titolare del diritto sulla cosa stessa.

Quali sono gli effetti del possesso?

Il legislatore ha disciplinato la materia in modo molto puntuale agli artt. 1148 e ss del codice civile. In particolare, l'art. 1148 c.c. prevede espressamente che il possessore in buona fede, ossia colui che possiede ignorando di ledere l'altrui diritto, fa suoi i frutti naturali e/o civili maturati dalla cosa (es. prodotti raccolti in un terreno ovvero canoni di locazione riscossi) e separati da essa fino al giorno della proposizione della domanda giudiziale. Ancora, ai sensi dell'art. 1150 c.c. il possessore ha inoltre diritto al rimborso delle spese sostenute per le riparazioni straordinarie effettuate nonché alle indennità per i miglioramenti apportati alla cosa. Con esclusivo riguardo, poi, ai beni mobili il legislatore ha previsto all'art. 1153 c.c. che ne acquista la proprietà tramite il possesso colui al quale sono stati alienati beni mobili da chi non ne era proprietario, purché sussista la buona fede del possessore al momento della consegna e ci sia un titolo idoneo, sotto ogni altro profilo, al trasferimento della proprietà.

Come si computa il possesso?

Il legislatore detta alcune regole volte a disciplinare il profilo temporale del possesso.

In primo luogo, ai sensi dell'art. 1142 c.c., il possessore attuale, il quale ha posseduto anche in tempo più remoto, si presume abbia posseduto anche nella fase intermedia: si parla di c.d. presunzione di continuità del possesso.

Invece, di per sé, il possesso attuale di un bene non fa presumere il possesso anteriore del bene da parte della medesima persona, a meno che il possessore non sia divenuto tale in forza di un titolo, nel qual caso, a norma dell'art. 1143 c.c., si presume che egli abbia iniziato a possedere a far data dal titolo stesso.

Ancora, secondo l'art. 1146, primo comma, c.c., in caso di successione a causa di morte a titolo universale, il possesso del defunto continua automaticamente in capo all'erede a decorrere dall'apertura della successione, mentre, in base al comma successivo della medesima disposizione, in caso di successione a titolo particolare (es. legato; contratto di compravendita, ecc.), l'accessione dei due possessi non avviene automaticamente, ma è una facoltà dell'avente causa (leggi legatario o acquirente) unire il proprio possesso, che di fatto deve essere esercitato, a quello precedente del dante causa (leggi defunto o venditore), al fine di goderne degli effetti.  

In cosa consiste l’azione di reintegrazione o spoglio, a difesa del possesso?

Il nostro ordinamento prevede diversi strumenti a tutela del possesso.

L'art. 1168 disciplina l'azione di reintegrazione del possesso, che può essere promossa ogniqualvolta avvenga, ai danni del possessore, uno spoglio del bene, perpetrato di nascosto o con violenza. Il termine di decadenza fissato dalla legge perché possa farsi valere la suddetta tutela è di un anno, che decorre dalla cessazione della violenza o dalla effettiva conoscenza della sottrazione del bene, nel caso di spoglio clandestino. Questa azione persegue lo scopo di restituire al possessore la cosa di cui sia stato illegittimamente spogliato; i presupposti di operatività di questa disciplina sono dunque: l'animus spoliandi dell'agente, ovvero la volontà di quest'ultimo di privare del godimento della cosa il possessore; la violenza o clandestinità, ossia lo spoglio deve essere caratterizzato dall'una o dall'altra, ed infine l'elemento materiale dello spoglio, che non deve necessariamente consistere in un evento permanente ed irreversibile, ma deve essere duraturo.

Si segnala peraltro che questo istituto può essere invocato anche a difesa del detentore e non esclusivamente del possessore. A titolo esemplificativo, ricorrono le condizioni perché il possessore o il detentore pregiudicati nel loro interesse possano proporre l'azione di reintegrazione ex art. 1168 c.c., qualora essi, da anni di fatto beneficiari di una servitù di passo attraverso una proprietà confinante, da un giorno all'altro si trovino impossibilitati al transito a causa dell'installazione di un cancello le cui chiavi di apertura non siano state loro consegnate.

In cosa consiste l’azione di manutenzione, prevista a tutela del possessore?

Nel caso in cui il possessore non sia stato privato del potere di fatto sulla cosa, ma sia stata operata esclusivamente una molestia e/o turbativa ai suoi danni da parte di un terzo, entro un anno da quest'ultima può essere esercitata l'azione di manutenzione prevista e disciplinata dall'art. 1170 c.c. L'azione è riconosciuta dal legislatore se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, l'azione può essere ugualmente esercitata purchè il possesso duri da almeno un anno, decorrente dal giorno in cui sia cessata la violenza o la clandestinità. Inoltre, anche chi ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, se il possesso durava da oltre un anno in modo continuo e non interrotto, esercitando tuttavia in tal caso l'azione di manutenzione di cui all'art. 1170 c.c., anziché l'azione di reintegrazione regolata dall'art. 1168 c.c.

Oltre alle azioni possessorie in senso stretto, appena illustrate, l’ordinamento predispone altri strumenti di tutela in favore del possessore?

Sì, il nostro legislatore prevede altre due azioni, non qualificabili come azioni possessorie in senso stretto poiché possono essere instaurate, oltre che dal possessore, anche dal proprietario e dal titolare di un diritto reale di godimento, ma non dal detentore.

Si tratta delle azioni cosiddette di denunzia di nuova opera, prevista e disciplinata dall'art. 1171 c.c., e di denunzia di danno temuto, ai sensi dell'art. 1172 c.c. Sebbene entrambi tali strumenti siano diretti a far cessare una minaccia presente o futura, che potrebbe concretizzarsi in un danno per il ricorrente, il primo si distingue dal secondo perché in esso il pericolo di danno dipende da un'iniziativa assunta dall'uomo, mentre nell'altra ipotesi il pregiudizio deriva da una cosa (albero, edificio).

Dunque, ai sensi dell'art. 1171 c.c., in caso di nuova opera iniziata da non più di un anno e non terminata, il provvedimento cautelare da richiedere all'autorità giudiziaria consiste nella possibile sospensione dell'opera stessa o nell'ordine di adottare misure protettive, salva la previsione di una cauzione. Nella fattispecie di danno temuto, contemplata dal richiamato art. 1172 c.c., invece, il contenuto del provvedimento domandato al giudice è altamente discrezionale, potendo arrivare sino alla distruzione della cosa che costituisce, nello specifico, la fonte del temuto pericolo (es. abbattimento dell'albero del vicino che rischia di crollare sul tetto).

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