Famiglia e separazione

Quali tipi di separazione personale dei coniugi sono previsti dal nostro ordinamento giuridico?

L'art. 150  2 comma c.c. prevede due tipi di separazione: "giudiziale" o "consensuale".

La separazione consensuale (art.158 c.c.) è un rimedio volontario di definizione della crisi coniugale. Ai coniugi viene infatti riconosciuta ampia autonomia nello stabilire le condizioni della separazione in ordine alla regolamentazione degli aspetti economici, personali e patrimoniali dei medesimi. Il legislatore, si preoccupa principalmente di garantire la tutela degli interessi della prole, è infatti previsto il controllo da parte del Tribunale delle condizioni della separazione concordate, al fine di assicurare che gli accordi presi  non ledano gli interessi dei minori e comunque siano conformi alla legge.

Presupposto fondamentale per questo tipo di separazione è l'accordo dei coniugi, che insieme dovranno stabilire le condizioni della separazione e cioè regolare gli aspetti relativi alla misura dell'assegno di mantenimento dei figli e del coniuge ecomicamente più debole, alla assegnazione della casa famigliare, all'affidamento dei figli, dei tempi e i modi di visita e permanenza dei figli minori presso entrambi i genitori.

La separazione per aver efficacia deve essere omologata dal Tribunale.

La separazione giudiziale (art. 151 c.c.) è un procedimento giudiziale che può essere introdotto con ricorso al Tribunale da parte di uno o entrambi i coniugi quando si verificano "fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da arrecare grave pregiudizio alla educazione della prole".

Si ricorre normalmente a questo tipo di separazione quando non si trova una accodo sulle condizioni della separazione consensuale, oppure quando un coniuge ritiene di dover domandare l'addebito della separazione per la violazione di doveri matrimoniali imputabili all'altro coniuge.

La separazione giudiziale è definita con sentenza del Tribunale.

Quali sono gli effetti della separazione giudiziale con richiesta di addebito ?

Il coniuge a cui venga addebitata la separazione perde il diritto al mantenimento e i diritti successori.

Il giudice può pronunziare la separazione con addebito solo quando il coniuge che ha fatto tale richiesta riesce a provare in giudizio che l'intollerabilità della prosecuzione della  convivenza o il grave pregiudizio sia imputabile all'altro coniuge in conseguenza della violazione dei doveri matrimoniale

La casistica più frequente in relazione alla pronuncia con addebito riguarda:

la violazione del dovere di fedeltà, violazione del dovere di assistenza morale, l'abbandono della casa familiare.

E' possibile trasferire la proprietà di un immobile in sede di separazione consensuale?

Si è possibile inserire nel contenuto della separazione consensuale specifiche clausole che prevedano il trasferimento della proprietà di beni immobili o mobili a favore di uno dei coniugi. Tale clausola in quanto contenuta nel verbale di udienza, redatta dal Cancelliere, che è un ausiliario del Giudice,  acquista la validità dell'atto pubblico ai sensi dell'art. 2699 c.c e successivamente alla omologazione del Tribunale, diviene titolo valido ed efficace per la trascrizione ai sensi dell'art.2657 c.c presso l'Agenzia del Territorio (ex conservatoria dei registri immobiliari).

cosa significa affidamento condiviso dei figli?

La Legge 8 febbraio 2006, n. 54, ha recentemente innovato la disciplina degli effetti della separazione coniugale rispetto alla prole (art. 155 c.c.). Il nucleo fondamentale della suindicata normativa è incentrato sul cosìdetto diritto alla "bigenitorialità", in base al quale, i figli in caso di separazione personale dei genitori, conservano il diritto di mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con ciascuno di essi e conservano il diritto ad avere rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

E' previsto che il Giudice per realizzare tali finalità nel pronunciare la separazione personale dei coniugi, valuti preventivamente, sempre nell'interesse materiale e morale dei figli minori, la possibilità che restino affidati ad entrambi I genitori

Pertanto per affidamento condiviso deve intendesi il diritto dei figli a mantenere un rapporto continuativo con i genitori anche dopo la pronuncia della separazione, e il diritto dei medesimi di continuare a riceve cure educazione ed istruzione da entrambi i genitori.

E' possibile ottenere l'affidamento monogenitoriale?

Con le modifiche apportate al codice civile dalla legge   8 febbraio 2006, n. 54, l'affidamento ad un solo genitore costituisce l'eccezione alla regola dell'affidamento condiviso (art.155 bis c.c.). Il legislatore ha previsto che il Giudice possa disporre l'affidamento esclusivo dei figli ad uno solo dei genitori, unicamente quando ritenga che l'affidamento anche all'altro genitore sia contrario all'interesse del minore.

E' possibile revocare il consenso nella separazione consensuale?

La prevalente giurisprudenza di merito sul punto ha chiarito che il consenso prestato dai coniugi è revocabile sino a che non intervenga l'omologazione, in quanto l'accordo raggiunto tra i coniugi non è equiparabile ad un contratto, e come tale non ha la forza vincolante che rende irrevocabile il consenso prestato, ma costituisce solo il presupposto per il provvedimento di omologazione del tribunale e come tale è rinunciabile sino al momento dell'intervento del Tribunale per la omologazione.

In caso di separazione con quale criterio viene assegnata la casa famigliare?

L'art. 155-quater c.c.,  introdotto con la recente  riforma intervenuta con la legge 54/2006, prevede che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.

Un importante modifica introdotta prevede che il diritto al godimento della casa famigliare venga meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, o conviva more-uxorio o contragga nuovo matrimonio.

La violazione del dovere di fedeltà costituisce sempre motivo di addebitabilità della separazione?

Non sempre, la Giurisprudenza prevalente sul punto precisa che l'inosservanza del dovere di fedeltà può essere causa dell'addebito della separazione solo quando risulti accertato che a seguito di tale violazione si sia verificata la crisi dell'unione matrimoniale, mentre nel caso in cui il comportamento infedele si sia verificato quando la crisi nell'unione era già persistente da tempo, non costituisce da solo motivo sufficiente ad una pronuncia di addebito.

E' previsto l'obbligo di mantenimento per i figli maggiorenni?

La legge 54/2006 ha introdotto il diritto al mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, principio peraltro già riconosciuto in giurisprudenza, prima dall'intervento del legislatore.

Si evidenzia che il diritto ad ottenere l'assegno di mantenimento può essere esercitato direttamente dal figlio maggiorenne.

E' possibile la riconciliazione dei coniugi dopo la pronuncia di separazione?

Si, i coniugi possono far cessare gli effetti della separazione attraverso la ripresa reale e concreta della convivenza e dei rapporti materiali e spirituali.La riconciliazione produce i suoi effetti senza che sia necessaria una sentenza che la dichiari.

La riconciliazione può essere tacita, è cioè effettuata con comportamenti che siano obiettivamente incompatibili con lo stato di separazione, oppure può essere espressa, cioè effetuata attraverso una scrittura per mezzo della quale i coniugi dichiarano la volontà relativa alla riconciliazione.

Dopo alcuni anni di matrimonio abbiamo deciso di separarci. Dal matrimonio è nato un bambino che ha compiuto da poco tempo quattro anni. Al momento tutto sembra correre sui binari della ragionevolezza, sia io che mia moglie propendiamo per una soluzione conciliativa. Vorrei sapere in tal caso come dovremo comportarci ed, eventualmente, procedere?

La separazione consensuale dei coniugi è disciplinata dagli art. 150-158 del Codice Civile.

Tale istituto giuridico è il mezzo attraverso cui i coniugi, di comune accordo tra loro, decidono di separarsi.

La separazione consensuale è quindi l'effetto di un accordo intercorso tra i coniugi.

Il prefato accordo deve contemplare tutti i possibili aspetti riguardanti e conseguenti al matrimonio: riconoscimento dell'assegno di mantenimento al coniuge debole ed ai figli, affidamento condiviso o monogenitoriale della prole, distribuzione di eventuali risorse economiche accantonate in costanza di vita coniugale, assegnazione della casa coniugale).

Marito e moglie al fine di ottenere la separazione legale devono adire, patrocinati da un avvocato, l'autorità giudiziaria attraverso il deposito di un ricorso.

Il ricorso è l'atto confezionato dall'avvocato in cui sono riportate le condizioni dell'accordo intercorso tra i coniugi.

A seguito del deposito del ricorso, il tribunale fisserà la data di udienza di comparizione delle parti davanti al presidente. I coniugi dovranno comparire personalmente davanti al presidente del tribunale, che per Legge è tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione.

Il termine di tre anni per poter richiedere il divorzio decorre dalla data di celebrazione dell'udienza presidenziale.

Qualora gli accordi siano ritenuti giusti e non svantaggiosi per i coniugi, e soprattutto non pregiudizievoli per i figli, il tribunale sentito il parere del Pubblico Ministero dispone con decreto l'omologazione delle condizioni.

Le condizioni stabilite in sede di separazione consensuale potranno essere modificate nel caso in cui si verificassero fatti nuovi e sopravvenuti in grado di cambiare la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

Vorrei separami da mio marito ma nonostante i vari tentativi intrapresi non sembra che lo stesso voglia acconsentire. Allo stato delle cose sembra impossibile trovare una soluzione consensuale. Cosa posso fare?

Qualora i coniugi vogliano ottenere la separazione legale ma non siano in grado di trovare un accordo, possono ricorrere all'istituto giudico della separazione giudiziale.

La separazione giudiziale può essere quindi richiesta anche da uno solo dei due coniugi.

In caso di separazione giudiziale è anche possibile richiedere l'addebito, cioè l'accertamento da parte del tribunale che uno dei coniugi abbia violato gli obblighi che discendono dal matrimonio (fedeltà, coabitazione, cura della prole, etc.) e che la causa della cessazione del matrimonio sia da imputarsi alla predetta violazione.

In altre parole, la fine del rapporto coniugale e la violazione degli obblighi matrimoniali devono essere legate da un nesso eziologico necessario, pena il rigetto della domanda sul punto.

Le conseguenze del riconoscimento dell'addebito a carico di uno dei coniugi comportano che quest'ultimo non abbia diritto ad ottenere l'assegno di mantenimento e non possa godere della maggior parte dei diritti ereditari.

La prima udienza del giudizio si celebra con le stesse modalità della separazione consensuale in quanto, anche per la giudiziale, i coniugi devono comparire personalmente nanti il presidente del tribunale.

Il procedimento della separazione giudiziale si compone di due fasi: 1) il presidente del tribunale emette ex art. 709 c.p.c. un'Ordinanza con cui adotta i provvedimenti necessari ed urgenti a tutela del coniuge ritenuto più debole e della prole e rimette il giudizio di fronte al Giudice Istruttore; 2) la causa davanti al Giudice Istruttore si svolgerà secondo le forme del rito ordinario (trattazione, prove etc) ed il provvedimento emesso a conclusione ha la forma di sentenza.

È pure riconosciuta la possibilità di dichiarare immediatamente la separazione tra i coniugi, con sentenza non definitiva già alla prima udienza, in modo da poter poi proseguire il giudizio per decidere in merito agli aspetti controversi (assegnazione casa coniugale, an e quantum dell'assegno di mantenimento al coniuge più debole ed alla prole, affidamento condiviso o monigenitoriale della prole).

La sentenza sullo status dei coniugi, facoltizza il coniuge interessato a poter richiedere il divorzio anche prima dell'emissione della sentenza definitiva che regola i rapporti tra marito e moglie.

La separazione giudiziale, durante lo svolgimento della causa, potrà essere sempre trasformata in separazione consensuale. Non può, invece, accadere il contrario.

Le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale potranno essere modificate nel caso in cui si verifichino fatti nuovi che siano in grado di mutare la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

Ho depositato in Tribunale congiuntamente con mia moglie, assistiti entrambi dal medesimo legale, ricorso consensuale per ottenere la separazione legale. Il Tribunale ha fissato la data di comparizione tra qualche mese. Nel frattempo le cose si sono modificate e, personalmente, vorrei revocare il consenso allora prestato. Cosa devo fare?

Affinchè le condizioni contenute nel ricorso per separazione consensuale siano omologate dal tribunale è necessario che lei e sua moglie compariate all'udienza presidenziale fissata dal Tribunale ed in tale sede, esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, firmiate e sottoscriviate il verbale di udienza in cui sono trascritte le predette condizioni.

Il Tribunale all'esito dei predetti incombenti, valutata la conformità delle condizioni riportate nel ricorso per separazione, emetterà il decreto di omologazione.

Nel caso in cui all'udienza fissata dal Tribunale non compariate nè Lei nè Sua moglie, ed in tale sede il Vostro avvocato fa presente che sono venute meno le condizioni poste a base del ricorso, è circostanza sufficiente per far dichiarare non procedibile la domanda. Il procedimento, in altri termini, si estingue.

Qualora, come nella fattispecie, sia solo uno dei coniugi ad esprimere la volontà di revocare il consenso manifestato in sede di sottoscrizione del ricorso, la questione è controversa:

- la parte maggioritaria della dottrina e della giurisprudenza ritiene che il consenso espresso dal coniuge nel ricorso per separazione possa essere revocato sino all'udienza ex art. 711 c.p.c., ovvero sino al momento in cui il consenso non venga "formalizzato" davanti all'autorità giudiziaria. La revoca intervenuta prima di tale momento ha effetto poiché la volontà contraria manifestata da taluno dei coniugi successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, comporta il venire meno di un presupposto essenziale del particolare potere del giudice: la revoca o la rinuncia non hanno per oggetto il consenso negoziale, bensì l'investitura del giudice a provvedere. Invero, prima dell'udienza di comparizione il consenso non è ancor dato ma solo promesso. Come affermato, infatti, dalla Corte di Cassazione con Sentenza n. 1208/1985, il momento perfezionativo dell'accordo va ravvisato nell'udienza presidenziale qualora le parti comparendo confermino il loro consenso.

Il consenso dei due coniugi può essere quindi modificato espressamente nel corso dell'udienza presidenziale oppure non comparendo alla stessa, dichiarando in tal modo il proprio ripensamento (per lettera ad esempio ovvero per il tramite del proprio avvocato).

"In tal caso il provvedimento con cui il Presidente dichiara il non luogo a procedere sul ricorso, non è impugnabile in Cassazione ex art. 111 della Costituzione".(Cass. n. 4079/79).

Tale orientamento trova la propria sponda legislativa nel combinato disposto degli art. 158 c.c. (la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto in mancanza dell'omologazione del tribunale) e 711 c.p.c. (l'omologazione senza il consenso non determina lo stato di separazione);

- di contro, secondo i sostenitori della teoria dell'irrevocabilità del consenso, l'accordo sorto fra i coniugi nell'ambito di una convenzione di diritto familiare è soggetto alla disciplina privatistica prevista dagli artt. 1326-1328 c.c.

Il decreto di omologazione è un atto privo di contenuto decisorio in quanto non decide in ordine a diritti soggettivi, anche se incide su di essi.

La separazione consensuale trova la sua fonte nell'accordo dei coniugi e la sua efficacia nell'omologazione.

Secondo tale teoria, la revoca del consenso unilaterale è ammissibile solo purché sia dovuta ad errore, violenza o dolo (patologie tipiche della formazione del consenso in ambito negoziale).

L'irrevocabilità unilaterale del consenso sarebbe la conseguenza eziologia della natura di "accordo negoziale e processuale" da attribuirsi alla domanda di separazione consensuale. Accordo negoziale, dunque, nella parte in cui regola i rapporti patrimoniali fra le parti; accordo processuale, in relazione alla scelta della procedura. Sotto entrambi gli aspetti sarebbe inammissibile una rinuncia unilaterale, in quanto, da un canto, la vincolatività dell'accordo sarebbe insita nel suo espresso riconoscimento legislativo; dall'altro la scelta dell'iter processuale, prospettandosi come iniziativa comune e paritetica e non come somma di istanze unilaterali, non consente immotivati ripensamenti.

Sulla scorta di tale orientamento si è espressa recentemente anche la Cassazione, Sez. I, con la Sentenza n. 10932/08.

Tanto esposto, si rileva da ultimo come il nostro Ordinamento non prevede alcuno strumento giuridico che, prima dell'udienza presidenziale, permetta al coniuge, divenuto nel frattempo in disaccordo con le condizioni trascritte nel ricorso, di "commutare" la separazione consensuale in giudiziale.

Premesso che non conoscendo i termini della separazione qualsiasi consiglio potrà apparire non appropriato, mi permetto di suggerirLe, considerato il lasso di tempo che ancora La separa dall'udienza di prima comparizione, di cercare di trovare (qualora sia possibile) una nuova base di accordi. Tali accordi, o modifiche delle condizioni del ricorso depositato, potranno venire trascritti nel verbale all'udienza presidenziale, ivi sottoscritti e quindi, passati al vaglio del tribunale, essere recepiti nel decreto di omologa.

Ciò Le consentirebbe di non "gettare alle ortiche" il tempo già impiegato nel componimento della vicenda e di evitare le lungaggini, l'alea e le maggiori spese di una causa ordinaria.

Causa ordinaria (separazione giudiziale) che lei dovrà intraprendere per ottenere la separazione legale da sua moglie.

È lecito l'intervento dei nonni nel procedimento di separazione o divorzio? Esiste un diritto dei nonni a vedere i nipoti?

La  legge di riforma n. 54/2006 ha sanzionato il diritto del minore a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 155 c.c.).

Ci si è dunque chiesti se sia stato introdotto nel nostro ordinamento un pari diritto dei nonni a mantenere un rapporto significativo con i nipoti, posto che, spesso, i genitori/coniugi, in fase di separazione e divorzio, nel corso delle loro personali "guerre", hanno vietato ai nonni di vedere i nipoti, creando così danni sia ai nonni che ai nipoti.

La Giurisprudenza, sin dalle prime applicazioni pratiche della riforma, ha escluso che possa configurarsi un diritto dei nonni a vedere i nipoti, essendo tale diritto solo dei nipoti (che, peraltro, essendo spesso minorenni, non possono esercitarlo liberamente).

Parimenti, recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 23081 del 16/10/2009, ha escluso che possa configurarsi in capo ai nonni una legittimazione ad intervenire nel procedimento di separazione dei coniugi.

Cosa si intende per obbligo agli alimenti?

Il diritto alla prestazione alimentare nasce dalla legge e, storicamente, trova il suo fondamento nel principio di solidarietà familiare. Esso consiste, infatti, nella prestazione di assistenza materiale in favore di colui che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento.
Le fonti normative della fattispecie possono essere rinvenute, oltre che negli art. 433 e segg. c.c., anche nella Convenzione de l'Aja del 2 ottobre 1973.

Gli elementi costitutivi della fattispecie sono ravvisabili nello stato di bisogno dell'alimentando e nella incapacità di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento, nelle capacità economiche dell'obbligato e nella sussistenza, tra gli stessi, di una determinata relazione stabilita dalla legge.

All'obbligo di prestare gli alimenti  sono tenuti, infatti, nell'ordine: 1) il coniuge; 2) i figli legittimi o illegittimi o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti; 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la suocera; 6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

La funzione dell'obbligazione alimentare è quella di assicurare a colui che versi in stato di bisogno, una prestazione continuativa o periodica di tutto quello che è necessario per vivere, ma nello stesso tempo dal carattere condizionato e variabile poiché strettamente legata alle condizioni economiche dell'obbligato.