" IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI FORENSI" NEL CORSO DEL CONVEGNO "TERZO RAPPORTO SULL'AVVOCATURA ITALIANA" TENUTOSI IL 10-11 MAGGIO 2013 PRESSO IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ED ORGANIZZATO DALL'UNIONE NAZIONALE DELLE CAMERE CIVILI.

            Sono qui in sostituzione del vicepresidente vicario Nunzio Luciano, ringrazio a nome della Cassa Forense l'UNCC e il Presidente Renzo Menoni per il gradito invito.

            La Cassa di Previdenza Forense nell'ambito delle istituzioni è forse quella meno conosciuta, meno considerata dai colleghi, salvo quando si devono pagare i contributi e allora i Colleghi stessi si accorgono della sua esistenza e magari vengono a conoscenza e approfondiscono la tematica della previdenza forense, che invece costituisce un aspetto molto importante della nostra condizione professionale, non soltanto quando veniamo collocati in pensione e iniziamo a fruirne, ma anche durante l'esercizio dell'attività professionale.

            Il tema di questa sessione è "Il ruolo delle istituzioni forensi", ovviamente a seguito dell'entrata in vigore della legge di riforma professionale. Se la Cassa di Previdenza oggi può svolgere un ruolo a seguito dell'approvazione della legge di riforma, io credo che tutto sia dovuto a delle scelte che, sotto questo profilo furono lungimiranti, adottate nel 1980, allorquando con la Legge 576 si istituì la Cassa di Previdenza Forense.

            In effetti all'epoca fu operata una scelta importante in merito al reperimento dei mezzi per far funzionare la Cassa, atteso che si optò per il contributo diretto degli iscritti. Ecco perchè paghiamo il contributo soggettivo e integrativo, e ciò ha influito notevolmente nell'avere una posizione autonoma ed indipendente della nostra Cassa.

            Ma anche un'altra scelta fu fondamentale, in attuazione di quel principio solidaristico che è alla base della nostra Cassa: all'epoca si poteva scegliere tra il sistema a capitalizzazione o il sistema a ripartizione. Con il sistema a capitalizzazione in sintesi i contributi vengono pagati prevedendo i bisogni che ci saranno nel futuro. Questo sistema presenta qualche problema perché se io riesco a prevedere in modo esatto i bisogni futuri non c'è alcun problema, ma se le mie previsioni non sono esatte si crea una  situazione di criticità, e, quindi, sorgono notevoli problemi.

            Con il sistema a ripartizione, invece, l'aliquota dei contributi  viene determinata sulla base dei bisogni attuali, avendo come punto di riferimento i contributi che vengono versati e il numero di coloro che fruiscono della pensione. Il sistema è coerente con il principio solidaristico ed è stato scelto all'epoca quando fu istituita la Cassa di Previdenza Forense, sia pure temperato dall'esistenza di un fondo di garanzia.

            Altro passo fondamentale per la nostra Cassa di Previdenza fu la privatizzazione a decorrere dal 1° gennaio 1995. Invero, con la privatizzazione abbiamo maggiori margini di manovra, un'autonomia gestionale, organizzativa e contabile. Però è non del tutto privatistica l'attività svolta, nel senso che la Cassa di Previdenza persegue degli interessi di carattere generale e previdenziale, e proprio per questo è sottoposta a controlli da parte delle autorità pubbliche. Più volte la Cassazione, la Corte dei Conti, la stessa Corte Costituzionale si sono pronunciate riconoscendo che siamo un organismo privato, ma che ciò nonostante la Cassa deve subire dei controlli da parte del Ministero del Lavoro, del Welfare e dell'Economia. Lo Statuto della Cassa deve essere approvato dal Ministero del Lavoro, così come i regolamenti che emaniamo nell'ambito della nostra autonomia privata e che sono trasmessi poi ai ministeri competenti per l'approvazione, altrimenti gli stessi non hanno validità ed efficacia.

            Per un verso, quindi, abbiamo questo meccanismo di tipo privato, che si estrinseca in  modo peculiare nella gestione interna della Cassa di Previdenza, ma che subisce dei controlli esterni da parte dell'autorità pubblica. I ministeri vigilanti possono fare dei rilievi anche sui nostri bilanci, sulle variazioni di bilancio, sui regolamenti e la Cassa si deve adeguare.

            La Cassa è un soggetto privato che presenta dei profili pubblicistici e abbiamo pagato le conseguenze anche recentemente, anche a seguito delle direttive della spending review, il nostro Governo ha prelevato in modo forzoso una percentuale nel 2012 del 5% e quest'anno del 10% di quelle che sono le nostre risorse. E' stata una vera e propria confisca; noi abbiamo come Cassa di Previdenza pagato, riservandoci però tutte quelle azioni che potremo espletare perché ci pare una vera assurdità prelevare danaro a un organismo privato. Però questo la legge ha previsto. E lo ha previsto perché la Cassa di Previdenza è stata inserita nel famoso elenco ISTAT che ha assunto il valore di norma cogente, ossia le casse di previdenza inserite in quell'elenco ISTAT sono considerate, ai fini contabili, amministrazioni pubbliche, e la Cassa di Previdenza è stata inserita in quell'elenco. Abbiamo fatto ricorso al TAR che ci ha concesso la sospensiva; il Consiglio di Stato ha revocato la sospensiva, tant'è che noi siamo inseriti in quell'elenco, con tutte le conseguenze che ne derivano.

            Voi avrete sentito parlare del provvedimento del Ministro Fornero del precedente Governo, che prevedeva per legge una stabilità per 50 anni da parte delle Cassa di previdenza e questa previsione sostanzialmente imponeva che si dovesse garantire questa stabilità nell'arco di pochi mesi. Abbiamo passato momenti molto difficili per tentare di raggiungere la richiesta di stabilità per 50 anni in pochi mesi, e addirittura, all'inizio, sulla base di un saldo previdenziale, cioè sulla base delle entrate e delle uscite per le pensioni. Noi abbiamo obiettato che abbiamo un grande patrimonio; il Ministro non ha voluto sentire ragioni, ma ci ha fatto una concessione, cioè il patrimonio poteva essere considerato soltanto sotto il profilo del rendimento da esso derivante, cioè affitti e canoni, e quindi abbiamo inserito anche tale reddito derivante dal patrimonio immobiliare, al fine di raggiungere la stabilità per 50 anni prevista ex lege.

            Noi potevamo agire su tre leve per garantire la stabilità per 50 anni: o aumentare i contributi, ma la cosa non era sostenibile, o aumentare l'età pensionabile, ma già noi avevamo previsto 70 anni e non era possibile aumentarla; abbiamo allora agito sulla terza leva, cioè adeguando l'aliquota della quale si deve tener conto ai fini del calcolo della pensione, adeguandola a 1,40, di modo che siamo riusciti a raggiungere (tra le prime Casse) questa stabilità per 50 anni.

            Inoltre, vista la nostra impostazione (e questa notizia è molto positiva anche per i giovani) per 50 anni noi siamo sempre in costante crescita, per ogni anno siamo in attivo, e non c'è pericolo per il nostro patrimonio, che attualmente non è indifferente: supera i 5 miliardi di euro; non abbiamo rischi derivanti dai nostri investimenti, perché noi non abbiamo titoli tossici nè derivati e  abbiamo per quest'anno un rendimento del 3,2% per gli investimenti fatti. La nostra Cassa,quindi, garantisce il pagamento delle pensioni per i prossimi 50 anni.

            E si è anche ovviato al fatto che colleghi, che prima hanno versato molto poco, poi hanno fruito anche di pensioni congrue. Attualmente non si graverà sulle future generazioni, perché la pensione sarà correlata alle somme che ciascuno verserà, salvo sempre il principio di solidarietà per i Colleghi meno fortunati.

            Infatti, è mantenuto il principio solidaristico, in quanto esiste una parziale correlazione tra quanto si versa e la pensione che si percepirà, ma ci sarà una pensione minima al di sotto della quale non si può scendere e una pensione massima oltre la quale non si può andare. Ecco l'attuazione del principio solidaristico. Ma laddove si estrinseca meglio il principio solidaristico agli iscritti è l'assistenza, che viene data dalla Cassa in favore dei colleghi anche prima della pensione, ed è per questa ragione che sottolineavo l'importanza della previdenza non solo quando si matura l'età per la pensione, ma anche durante l'esercizio della professione.

            Noi abbiamo un sistema mediante il quale il 3% dei ricavi derivanti dal bilancio li investiamo in assistenza; uno 0,50 a chi versa in stato di bisogno, uno 1,50 a chi ha subito incidenti sull'attività professionale  e 1% per altre previdenze. Questo sistema presenta delle criticità, e la "Commissione assistenza", della quale faccio parte, ha redatto un progetto di riforma, per superare tali criticità. Perché attualmente, ad esempio, per il 2012 noi abbiamo 47 milioni di euro che devono essere destinati all'assistenza. Questi 47 milioni non sono devoluti integralmente per l'assistenza, ma soltanto il 50 – 53% e allora ci chiediamo come mai non si devolvono questi 47 milioni per l'assistenza? Perché purtroppo esiste una diversità di vedute tra i vari Consigli dell'Ordine e la Giunta della Cassa di Previdenza, che da ultimo deve deliberare sull'erogazione, nel senso che i consigli dell'ordine propongono l'erogazione di una certa somma, ma la Giunta della Cassa, quando si tratta di richieste ripetitive  per lo stesso soggetto, eroga importi non nella misura richiesta dai Consigli dell'Ordine. Quindi c'è un avanzo che va a confluire su un fondo straordinario che viene inutilizzato.

            L'attuale situazione non può essere mantenuta e deve sostanzialmente essere modificata.

            Altro profilo critico è che attualmente la ripartizione delle somme ai Consigli dell'Ordine è dato sulla base del numero degli iscritti e quindi abbiamo piccoli Fori che si lamentano e che hanno situazioni di bisogno, in alcuni casi maggiori rispetto a grossi ordini e non hanno le disponibilità necessarie, invece alcuni grandi Fori, che non hanno queste necessità, non risparmiano ma elargiscono a pioggia e vanno ad esaurire l'importo a loro disposizione.

            Terza criticità è che se uno versa in stato di bisogno quando fa la richiesta, il danaro deve essere versato il prima possibile, i tempi attualmente sono troppo lunghi.

            Il progetto di riforma è ultimato ed è all'esame del Comitato dei delegati e quando sarà approvato verrà trasmesso al Ministero, sperando che il Ministero quanto prima potrà approvarlo. Nel frattempo, però, si è verificato l'imprevisto, di cui all'art. 21 della legge di riforma professionale.

            Noi avevamo fatto i nostri "calcoli" sulla base del numero degli iscritti precedente, e noi adesso avremo prevedibilmente, in attuazione dell'art. 21, circa 56.000 nuovi iscritti e quindi son tutte problematiche che devono essere adeguatamente esaminate dal Consiglio di Amministrazione e dal Comitato dei Delegati.

            La riforma, ipotizzata dalla Commissione della quale faccio parte, prevede 5 macroaree che sono: lo stato di bisogno, il sostegno alle famiglie,  alla salute, alla professione (tralascio le spese funerarie che si rimborsavano anche prima) e ci sono 2 novità: noi ci siamo posti il problema di soddisfare quel welfare che molti invocano e soprattutto, in riferimento alle donne e ai giovani, abbiamo ipotizzato, per quanto concerne le donne, l'istituzione del  c.d. bonus bebè, che sarà corrisposto in aggiunta all'indennità di maturità. Si potrà fruire per tre anni di un assegno che abbiamo previsto in 1.000, 700 e 500 euro, come forma di sostegno nei casi di particolare difficoltà nella quale potrebbe versare la madre professionista. Abbiamo previsto la convenzione con asili nido, da concludere nei tribunali più grandi con magistrati e cancellieri e nei tribunali più piccoli con gli asili nido che già svolgono questa attività.

            Per i giovani abbiamo previsto l'erogazione di mutui chirografari, garantiti dalla Cassa di Previdenza che potrebbero garantire anche gran parte degli interessi; ovviamente si dovrà trattare di mutui che saranno utilizzati per mobili e arredi, per aprirsi lo studio e far fronte agli oneri e alle spese relative. Sarà possibile, per i giovani in difficoltà con il pagamento dei contributi previdenziali, diluire mese per mese il pagamento.

In definitiva, è necessario incentivare il Welfare non potendosi accettare una condotta passiva di un ente istituzionale, quale il nostro,  che versa in buone condizioni economiche.

            Questo è il programma, che auspicabilmente il nuovo Comitato dei Delegati, che sarà nominato nel prossimo autunno ed il Consiglio di amministrazione della Cassa dovranno portare avanti in modo prioritario.