Diritti di uso e abitazione nella successione legittima -

 

 (Giovanni Alessi)

Altalex.it

 

 

 

Tra le norme fondamentali in tema di successione necessaria assume particolare importanza l'art. 540 c.c. il cui secondo comma in particolare statuisce che al coniuge, anche quando concorre con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.

Secondo autorevole dottrina il legislatore ha inteso in tal modo tutelare, non tanto un interesse economico del coniuge superstite a disporre di un alloggio, quanto un interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e di consuetudine con la casa familiare, oltre che di mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio[1].

Sul punto si è negli anni sviluppato un acceso dibattito dottrinario e giurisprudenziale derivato dal fatto che  mentre l'art. 540 c.c. prevede che al coniuge superstite, "anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni", gli artt. 581 e 582 c.c., i quali disciplinano nell'ambito della successione legittima, rispettivamente, il concorso del coniuge con i figli ovvero con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle del de cuius, non fanno riferimento a tali diritti mentre l'art. 584 c.c., che regola la successione del coniuge putativo, prevede espressamente l'applicabilità in favore di quest'ultimo della disposizione dell'art. 540, comma 2, c.c.

Ci si è chiesti quindi se anche nella successione legittima spettino al coniuge superstite i diritti di abitazione ed uso previsti dall'art. 540 c.c.

In un primo momento la Cassazione si era espressa in senso negativo statuendo che anche se "il significato specifico dell'art. 584 c.c. sembra essere soltanto quello di attribuire anche al coniuge putativo una sorta di quota di riserva", ciò non consente di affermare che nella successione legittima al coniuge vero spettino anche i diritti di abitazione e di uso, negando quindi che alla quota intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 c.c. si aggiungano i diritti di abitazione e di uso.

La Suprema Corte aveva ritenuto che, in tema di successione necessaria, "la disposizione di cui all'art. 540, comma 2, c.c. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione e di uso (quindi, il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà". Aveva, quindi, evidenziato che "la prima difficoltà, che si oppone all'accoglimento della tesi favorevole all'applicabilità della disposizione dell'art. 540, comma 2, c.c. al coniuge nella successione legittima, è data dalla constatazione che, in tema di successione legittima, non trovano applicazione gli istituti della disponibile e della riserva" ed, altresì, da una ragione sistematica più persuasiva, considerato che "la riserva rappresenta il minimo che il legislatore vuole assicurare ai più stretti congiunti, anche contro la volontà del defunto" e che "i diritti di abitazione e di uso fanno parte della riserva e, quindi, anch'essi fanno parte del minimo". Dunque, "per evitare che attraverso la disciplina delle successioni legittime vengano pregiudicati i diritti dei legittimari, l'art. 553 c.c., che serve di raccordo tra la successione legittima e la successione necessaria, stabilisce che le porzioni fissate nelle successioni legittime, ove risultino lesive dei diritti dei legittimari, si riducono proporzionalmente per integrare tali diritti"; peraltro, prosegue la Corte, "dal sistema della successione necessaria emerge che il legislatore interviene nel meccanismo delle successioni legittime quando la quota spettante nella successione intestata andrebbe al di sotto della quota di riserva", mentre "da nessuna norma risulta che il legislatore abbia modificato il regime della successione intestata per attribuire agli eredi legittimi (che siano anche legittimari), più di quanto viene loro riservato con la successione necessaria. Poiché l'art. 553 c.c. vuole fare salva l'intera riserva del coniuge (secondo il sistema della successione necessaria), i diritti di abitazione e di uso si aggiungono alla quota di riserva regolata dagli artt. 540 co. 1 e 542 c.c. Per contro, non essendo ciò previsto da nessuna norma in tema di successione legittima, non v'è ragione per ritenere che alla quota intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 c.c. si aggiungano i diritti di abitazione e di uso" [2].

A porre fine a tale situazione di incertezza sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione statuendo in via definitiva che la natura giuridica dei diritti attribuiti ex artt. 540 c.c. al coniuge superstite possiedono natura di prelegato ex lege anche nell'ambito della successione legittima (e non soltanto in riferimento alla porzione legittima attribuita al coniuge in qualità di riservatario).

Si afferma infatti  che "nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall'art. 540 secondo comma c.c. ; il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato" [3].

Tale ragionamento si fonda in primo luogo sulla ratio stessa dei diritti d'uso e di abitazione, "riconducile alla volontà del legislatore di cui alla L. 19-5-1975 n. 151 di realizzare, anche nella materia successoria, una nuova concezione della famiglia tendente ad una completa parificazione dei coniugi non solo sul piano patrimoniale (mediante l'introduzione del regime imperniato sulla comunione legale), ma anche sotto quello etico e sentimentale, sul presupposto che la ricerca di un nuovo alloggio per il coniuge superstite potrebbe essere fonte di un grave danno psicologico e morale per la stabilità delle abitudini di vita della persona" e  "tale finalità dell'istituto è valida per il coniuge supersite sia nella successione necessaria che in quella legittima, cosicché i diritti in questione trovano necessariamente applicazione anche in quest'ultima".

In secondo luogo, tale convincimento trova conferma anche sul piano del diritto positivo, "posto che l'art. 540 secondo comma c.c. prevede la riserva dei diritti di abitazione ed uso al coniuge "anche quando concorra con altri chiamati", e che un concorso con "altri chiamati", oltre che nella successione testamentaria, è presente anche in quella legittima.

Da tale norma, conclude la Suprema Corte, può ragionevolmente evincersi che "il legislatore ha voluto attribuire i suddetti diritti sulla casa adibita a residenza familiare sia nella successione testamentaria che in quella legittima, disciplinandone poi l'effettiva realizzazione onde incidere soltanto entro ristretti limiti sulle quote di riserva di altri legittimari (invero tali diritti debbono essere soddisfatti nell'ambito della porzione disponibile ed eventualmente per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge, mentre le quote dei figli vengono sacrificate soltanto se l'eccedenza del valore per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge, mentre le quote dei figli vengono sacrificate soltanto se l'eccedenza del valore di essi supera anche al quota di riserva del coniuge); ciò comporta che l'attribuzione di tali diritti previsti dall'art. 540 secondo comma c.c. ha una valenza anche al di fuori dell'ambito nel quale sono stati disciplinati, relativo alla tutela dei legittimari, e spiega in mancato richiamo ad essi da parte degli artt. 581 e 582 c.c."[4]

In conclusione ed a sostegno di tale ultimo orientamento giurisprudenziale è d'uopo osservare come l'art. 584, comma 1, c.c., che riconosce al coniuge putativo di buona fede la quota attribuita al coniuge vero dagli articoli che lo precedono e che prevede l'applicazione del secondo comma dell'art. 540 c.c., fa ragionevolmente presupporre che al coniuge vero, nella successione legittima, spettino indubbiamente i diritti di abitazione ed uso previsti dall'articolo citato.

Il coniuge putativo infatti non può certo vantare più diritti di quanti ne abbia il coniuge vero, perché, diversamente intesa, la norma si porrebbe in contrasto col principio di eguaglianza.

Per approfondimenti:

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. Articolo di Giovanni Alessi)

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[1] Mengoni, Successioni per causa di morte, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo,  p. 176.

[2] Cass. 6 aprile 2000 n. 4329.

[3] Cass. SS.UU. 27 febbraio 2013 n. 4847.

[4] Cass. SS.UU. 27 febbraio 2013 n. 4847.