Formazione, requisiti ed iter di omologazione del verbale della procedura di mediazione- Dott.ssa Ilaria Patta       

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Immaginiamo un giorno come tanti nella sede di un Organismo di mediazione, dove si è appena concluso, dopo vari incontri, il procedimento mediatizio. Il professionista che ha portato a termine il difficile e delicato compito di dirimere una controversia deve provvedere all'aspetto più tecnico del suo incarico: certificare il proprio operato tramite la redazione di un processo verbale.

 

L'istituto della mediazione e la figura del mediatore, che sono nati per velocizzare l'apparato giudiziale ed evitare meccanismi vincolanti, costituiscono una riforma innovativa e concretamente risolutiva dei problemi del processo civile, essendo in grado di alleggerire o addirittura di azzerare il carico degli arretrati. Essi, tuttavia, sono soggetti, soprattutto per quanto riguarda il verbale, ad alcuni formalismi categorici che vorrei illustrare nella mia trattazione..

 

La mediazione civile e commerciale è stata introdotta in Italia con il D.lgs. 28/2010, che ha dato attuazione alla Legge 69/2009, la quale ha a sua volta recepito quanto disposto dalla Direttiva Comunitaria 52/2008. Il legislatore delegato ha conferito all'istituto caratteri e prerogative propri di un sistema multifattoriale e precursore di un apparato giudiziale che necessitava, ormai da tempo, di riforme. Lo strumento di risoluzione stragiudiziale, consolidato positivamente in diversi Paesi, realizza anche in Italia la concreta possibilità di dirimere rapidamente le controversie con un drastico abbattimento dei costi e mediante una procedura protesa a snellire un sistema ormai al collasso[1]. La velocità della procedura stessa è indubbiamente consequenziale alla mancanza di un eccessivo formalismo che permette, ai litiganti e ai professionisti del settore, di concludere la vertenza in una media di quattro mesi. Inoltre la certificazione della mediazione, pur mancando di una rigorosità formale, se omologata dal giudice, costituisce un titolo esecutivo. È pertanto necessario che non si sottovaluti l'importanza della struttura e degli effetti della procedura mediatizia e, per quanto l'assenza di regole vincolanti sia intrinseca nell'istituto, è fondamentale che il mediatore sia un professionista scrupoloso e rediga un verbale che risponda, per essere omologato, ai requisiti di regolarità formale e non sia contrario alle norme imperative e all'ordine pubblico, così come contemplato dall'art. 12 del D. lgs 28/2010.

 

Il mediatore, nella redazione del verbale, dovrà indicare anzitutto:

 

· la provenienza dello stesso, ossia gli estremi che permettono la riconduzione di quanto scritto ad un professionista della mediazione;

 

· il nome dell'Organismo e il relativo numero di iscrizione nel Registro del Ministero.

 

Gli Organismi di mediazione, nei quali si svolgono le procedure per ottenere l'accreditamento a costituirsi come tali, devono rispettare alcuni principi e sottostare a una serie di norme e passaggi burocratici che ne garantiscano la serietà e l'efficienza; solo dopo aver espletato le procedure previste, essi ottengono la relativa iscrizione[2]. Il Ministero della Giustizia, vigilante del Registro, garantisce la validità, la professionalità e la competenza dei suoi iscritti mediante il controllo di chi presenta domanda nonché l'eventuale sospensione e cancellazione qualora tali garanzie vengano meno. All'Organismo di mediazione regolarmente iscritto viene attribuito un numero che lo rende immediatamente identificabile da chiunque voglia verificare l'appartenenza al Registro, facilmente consultabile grazie ad un elenco in ordine progressivo reso pubblico sul sito del Ministero.

 

Pertanto, l'indicazione nel verbale delle generalità dell'Organismo consente all'autorità giudiziaria competente per l'omologazione di avere la certezza che la procedura di mediazione sia stata svolta da seri professionisti, i quali avranno garantito ai litiganti competenza, imparzialità e il possesso della legittima autorità per poter dar luogo alla mediazione e rilasciare il verbale. Il legislatore delegato e un ineccepibile intervento della giurisprudenza, tale perché ha fornito al riguardo un insegnamento chiarificatore, sono unanimi nel sostenere che l'esaustività e la completezza di quanto verbalizzato evitano il rigetto della richiesta di omologazione[3].

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