Separazione: Assegnazione Casa Coniugale

L'art. 155 quater del Codice Civile (introdotto dall'art. 1 della Legge n. 54/2006) prevede che il criterio ispiratore dell'assegnazione della casa familiare sia quello dell'interesse dei figli.

La ratio sottesa alla norma è quindi l'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta. L'assegnazione della casa coniugale va quindi disgiunta dal sopperire alla esigenze economiche del coniuge più debole, cui sono invece destinati gli assegni previsti dall'art. 156 c.c.

Pertanto, la concessione l'assegnazione della casa coniugale resta subordinata al presupposto dell'affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti, per motivi indipendenti dalla loro volontà.

Superfluo dire che deve trattarsi della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia.

Per l'assegnatario della casa familiare non è previsto nessun obbligo di pagamento di un canone di locazione per il godimento del bene immobile, in quanto questo andrebbe in conflitto con il principio base della tutela della prole, e inciderebbe direttamente anche sull'assetto dei rapporti patrimoniali tra i due coniugi stabilito dal Giudice nella causa di separazione.

Suddetta gratuità, però, si riferisce solo all'uso dell'abitazione, ma non si estende alle spese correlate a detto uso, comprese le spese condominiali e quelle riguardanti la manutenzione delle cose comuni poste a servizio dell'abitazione familiare, a meno che non vi sia un provvedimento giudiziale che ne accolli appositamente l'onere al coniuge proprietario.

Stante quanto sopra, in mancanza di prole, sia che la casa familiare sia in comproprietà tra i coniugi sia che appartenga a un solo coniuge in via esclusiva, il Giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale. La casa familiare in comproprietà tra i coniugi, in tale caso, sarà soggetta alle norme sulla comunione dei beni, al cui regime dovrà farsi riferimento per l'uso e la divisione.

Ciò non toglie che l'organo giudicante possa valutare e tenere conto di situazioni eccezionali, come ad esempio gravi patologie a carico del coniuge non proprietario della casa, che rendano necessarie cure domiciliari e che non gli permettano di abbandonare l'immobile senza che questo pregiudichi il proprio stato di salute.

Pur tuttavia, l'assegnazione della casa coniugale comporta indubbiamente vantaggi economici, seppure indiretti, a favore del coniuge assegnatario. In tema di separazione personale, pertanto, il godimento della casa familiare costituisce un valore economico, che solitamente viene fatto corrispondere al canone che si potrebbe ricavare dalla locazione della casa, del quale il Giudice deve tenere conto ai fini della determinazione dell'assegno dovuto all'altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli. Per questo motivo, nel caso in cui il coniuge affidatario di figli minori non possa fruire della casa familiare, si ha un incremento del valore dell'assegno di mantenimento.

Segno dei tempi risultano essere i recenti orientamenti giurisprudenziali che prevedono, in ipotesi di separazione personale, l'assegnazione della casa familiare ad entrambi i coniugi a patto che questa possa essere divisa in due unità immobiliari distinte e che tra i coniugi non ci sia una elevata conflittualità. Questo avviene per consentire ai figli minorenni di mantenere rapporti paritari e significativi con entrambi i genitori.

Il medesimo principio vale anche per le coppie di fatto, dalla cui convivenza siano nati dei figli.

L'attribuzione giudiziale del diritto di abitare nella casa familiare a quello dei conviventi cui vengano affidati i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, è da ritenersi possibile per effetto della sentenza n. 166/98 della Corte Costituzionale.

Questa sentenza si basa sul principio della responsabilità genitoriale, che è presente nell'ordinamento giuridico e può essere ricavata da alcuni articoli del Codice Civile, come l'art. 261 (indica che entrambi i genitori hanno pari diritti e doveri sia sui figli legittimi che sui naturali riconosciuti), l'art. 147 e l'art. 148 (che tutelano il dovere di apprestare una idonea abitazione per la prole, secondo le proprie sostanze e capacità), e dall'articolo 30 della Costituzione Italiana, che sancisce il diritto e il dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

Rileviamo, infine, come ai sensi del nuovo testo dell'articolo 155 del Codice Civile, nel caso in cui l'assegnatario della casa familiare non vi abiti, cessi di abitarvi abitualmente, contragga un nuovo matrimonio o conviva more uxorio, questo perde il diritto al godimento della casa familiare.