Le tecniche della Grafologia giudiziaria
di Brunetta Gruosso

 

 

La fotografia all'infrarosso nella grafologia giudiziaria

La fotografia all'infrarosso sfrutta la capacità di alcune emulsioni fotografiche di registrare particolari "colori" e cioè alcune lunghezze d'onda comprese tra 700 e 1200 nm, (nanometri) che non sono visibili all'occhio umano.

Questa capacità riveste un'enorme importanza nella disamina di documenti ad occhio nudo illeggibi­li, (quali quelli deteriorati dal tempo, da agenti atmosferici, dal fuoco, dall'accumulo di sporcizia, ricoperti da strati compatti di inchiostro...) oppure di documenti che si sospetta possano essere stati contraffatti, (righe ricoperte con inchiostri, cancellati con scolorina o con gomme abrasive e poi nuovamente scritti...).

Inchiostri, pigmenti e altre sostanze che appaiono identici ad occhio nudo, so­no spesso registrati in modo sensibilmente diverso in una fotografia all'infrarosso. Se un inchiostro trasparente all'infrarosso viene applicato sopra ad un inchiostro opaco all'infrarosso, l'inchiostro che sta sotto risulta nell'immagine perfettamente visibile. Se i due inchiostri, quello che sta sopra e quello che sta sotto, hanno carat­teristiche di trasparenza simili nei con­fronti dell'infrarosso, come accade spesso nelle correzioni con tratti di penna, si riesce quasi sempre a trovare l'esposizione e i filtri adatti a rendere visibili le scritte sottostanti. Se la cancellazione è stata fatta con inchiostro opaco all'infrarosso, le scritte sottostanti possono comunque es­sere rilevate fotografando il foglio dal lato posteriore. Il discorso riguarda anche le cancellazioni effettuate con i vari bian­chetti disponibili in commercio, nonché i timbri che possono essere applicati su de­terminate zone di un documento per na­scondere una parola o un numero o ren­dere meno evidente una cancellazione e una correzione.

Gli inchiostri originali usati per scrivere documenti, e che risultino completamente sbiaditi, possono essere rilevati con la fotografia all'infrarosso. Le parti scritte del do­cumento infatti, pur se non più visibili, conservano tracce dell'inchiostro originario che producono un assorbimento di infra­rosso. Risulta provato che in questi casi si possono ottenere buoni risultati anche se il supporto di carta si trova in pessime condi­zioni di conservazione.

Analogamente le cancellazioni con mezzi meccanici, cioè con gomme abrasi­ve, si rilevano facilmente grazie alle tracce di inchiostro che restano nelle fibre della carta e che assorbono selettivamente l'infrarosso. Inoltre in questo tipo di cancellazioni, le gomme abrasive asportano un po' dello strato di colla presente nella carta rendendola più porosa e assorbente. Ciò significa che se le zone cancellate vengono riscritte, il nuovo inchiostro viene assorbito più abbondantemente del primo e quindi i caratteri riscritti appaiono di spessore maggiore e con i bordi poco netti.
L'analisi dei colori tramite scanner

Solitamente quando una persona appone la firma di un'altra - sopratutto se non è un abile falsario e se non ha sotto gli occhi la firma originale da contraffare - si limita a vergare un tratto "fluido" (tale, cioè, da sembrare una firma scritta di getto) e che, nelle intenzioni del falsario, dovrebbe essere il più distante possibile dal proprio modello calligrafico (un tratto spigoloso se egli usa comunemente uno tondeggiante, lettere piccole invece di lettere grandi.... e così via...). In realtà, anche in un tratto grafico così breve come una firma, è possibile ritrovare elementi (quali, ad esempio, l'inclinazione della penna e la pressione di questa sul foglio) che possono far risalire alla persona che lo ha vergato.

Per molto tempo l'identificazione di questi elementi è stato affidato unicamente alla macrofotografia effettuata con l'uso di luce radente e ai riflettografi. Più recentemente l'uso di scanner ad alta definizione e di software dedicati all'elaborazione delle immagini ha permesso di affinare queste tecniche. Prima di addentrarci nella disamina delle firme in perizia ottenuta con queste tecniche, è necessario accennare brevemente alla teoria dei colori e dei filtri elettronici.

I colori sono lunghezze d'onda - comprese tra i 380 nanometri (nm) e i 780 nm - e la percezione di questi è estremamente soggettiva variando da individuo a individuo gli stimoli elettrici prodotti dalle circa 130 milioni di cellule (a forma di cono, destinate a reagire ai colori primari, e bastoncelli, sensibili alla luce) che costituiscono la retina. Esigenze di standardizzazione dettate da esigenze industriali e commerciali, hanno quindi portato ad varie classificazioni dei colori che vengono solitamente identificati da tre numeri, indicanti la percentuale di tre colori fondamentali (sistema RGB: Red, Green, Blu; sistema CMY: Cian, Magenta, Yellow;...) e da un indice indicante la luminosità o intensità (codificato dalla Commission Internationale de l'Eclairage). Solitamente quello che all'occhio umano appare come un solo "colore" è in realtà formato da una gamma di moltissime "sfumature" di quel colore le cui firme spettrali possono essere rilevate da particolari apparecchiature dette spettrofotometri o da scanner.

Lo scanner collegato al computer permette di elaborare l'immagine acquisita attraverso l'uso di filtri o canali. Questi permettono di "concentrare" svariate lunghezze d'onda in alcune lunghezze centrali che possono così risaltare all'occhio umano. L'analisi della pressione scrittoria tramite scanner

Come è noto, uno scanner trasforma ogni colore che riesce ad intercettare in una serie di numeri che nel monitor del computer o nel successivo processo di stampa vengono ritrasformati in un preciso colore. Questa codifica riveste un'enorme importanza nell'indagine grafoscopica in quanto particolari "filtri" elettronici (che sono sostanzialmente degli algoritmi matematici) possono "concentrare" svariate lunghezze d'onda (colori) in alcune lunghezze centrali che possono così risaltare all'occhio umano. E' possibile, così, far evidenziare le differenze tra diversi inchiostri (o tra le differenti tracce lasciate da questi per una differente pressione della penna sul foglio, differente inclinazione e velocità di questa) che apparirebbero, altrimenti, uguali ad un esame esclusivamente oculare.

Ovviamente, in taluni casi, la presenza di difformità nella distribuzione dell'inchiostro sul foglio può dipendere da svariati fattori quali, ad esempio, improvvise sbavature di inchiostro, discontinuità nel piano sul quale è poggiato il foglio, granuli di polvere sul foglio... ma quando queste difformità si ripropongono frequentemente e uniformemente (come è il caso delle firme qui sottoposte a trattamento elettronico), rivelano, certamente, caratteristiche proprie del "ductus" grafico.