Un chiarimento dovuto

A seguito delle doglianze manifestate da alcune Associazioni di Avvocati Stabiliti in ordine all'articolo redatto dalla sottoscritta e pubblicato in data 6 marzo 2013 sul sito di AFG – Alleanza Forense per la Giustizia - dal titolo "Abogado: istruzioni per il business del diritto, nuovi saldi", ritengo opportuno chiarire quanto segue.

L'articolo in questione trae origine dalla circostanza che vede contrapposti su due piani affatto paritari: da un lato, quei praticanti avvocati italiani e residenti in Italia i quali vivendo stabilmente nel territorio ed intendendo quindi esercitare la professione in Italia, seguono le leggi del nostro Stato, effettuando e certificando la pratica della professione presso un Collega per 18 mesi consecutivi e sostenendo al termine di tale periodo un esame indubbiamente difficile ma qualificante; dall'altro quei praticanti, che anch'essi italiani e residenti in Italia, pur essendosi laureati in Italia ed intendendo esercitare la professione in Italia e, dunque iscriversi ad un Consiglio dell'Ordine dello Stato, abbiano optato, invece, per la strada più semplice e certamente meno faticosa, di divenire "ABOGADO" e praticare la professione nel nostro Paese, in virtù dell'iscrizione ex D.Lgs 96/2011.

Non ho inteso in alcun modo quindi criticare, gli avvocati provenienti da altri Paesi dell'Unione Europea che intendano stabilirsi in Italia ed ivi, giustamente, esercitare a pieno titolo la Professione Forense.

Mi scuso pertanto con questi ultimi, qualora abbiano inteso diversamente le mie parole, rivolgendo loro un benvenuto nel nostro Paese.

Roma, 3 giugno 2013

Lucilla Anastasio