Con il d.lgs n. 96 del 2001 lo stato italiano, riconoscendo l'esercizio dell'avvocatura a tutti i cittadini di uno stato membro della UE in possesso del titolo professionale, ha consentito che per circa 10 anni si creasse un'altra avvocatura, illetterata e incompetente parallela a quella formata da persone che con sacrificio e costante applicazione nello studio potesse affrontare a testa alta l'esame di abilitazione anche e, perché no, con "lacrime e sangue". Lo svilimento della professione forense è aumentata in maniera preoccupante. Entrando nelle aule di giustizia è diventato un piacere assai raro ascoltare l'oratoria che contraddistingue "l'Avvocato", ormai ostaggio dell'arroganza e dell'ignoranza. Sembrava, essere finita al 30 ottobre 2011, l'era dei pacchetti "all inclusive" (1.500,00/2.900,00) comprensivo di viaggio, pernottamento e l'iscrizione all'albo sostenendo solo un test a crocette (sic!), ma l'entrata in vigore del Real Decreto 775/2011 ha quasi peggiorato le cose.

Di fatto non solo la Spagna rimane il paese dove è più facile conseguire il titolo di avvocato ma ha creato per sé un nuovo e interessante business. Infatti, una (tra le tante) invitante società di servizi annuncia: "attraverso la frequenza del master (in modalità on-line o presenziale) potrai superare senza difficoltà la prova attitudinale e potrai conseguire il titolo di avvocato senza svolgere la pratica professionale e senza affrontare l'esame di stato italiano".

E, continua: "Pensa a tutti i numerosi vantaggi:

- esperienza di vita all'estero formativa e divertente (per i clienti che intendono partecipare al master in modalità presenziale)

- evitare 3 anni di pratica professionale senza alcuna retribuzione

- evitare la frustrazione e l'ansia dell'esame di stato italiano

- beneficiare di nuove opportunità lavorative

- operare in un contesto europeo

- imparare una lingua nuova

Grandi promesse ed anche false illusioni, nell'era del grande Fratello dove si svende la dignità, il decoro e il rispetto di se stessi, dimenticando che la competenza e la professionalità non è merce in vendita ai mercati del sapere. L'arte giuridica si apprende sul campo con spirito di sacrificio e di servizio per assicurare a chi ci dà mandato, tutela, ascolto e diritto di difesa.

Tra i doveri più significativi dell'avvocato va tenuto presente prima di tutto il dovere di competenza (art. 12 del codice deontologico) intendendo tale dovere come competenza giuridica legata imprescindibilmente al dovere di aggiornamento professionale (di cui all'art.13 del codice deontologico) oltre al dovere di lealtà e fedeltà verso la parte assistita (artt. 6 e 7 del codice deontologico).

Non è quindi sufficiente rispettare regole e procedure relative alla prestazione professionale, ma anzi occorre valutare le conseguenze che il nostro operato può provocare e chiedersi sempre cosa accadrebbe se agissimo senza preparazione e competenza. Infatti un avvocato incompetente o impreparato non tutela l'interesse del cliente e non svolge un servizio socialmente utile.

E' doveroso e imprescindibile l'impegno di tutta l'avvocatura per difendere i principi già esistenti assicurandone il rispetto attraverso una più rigorosa applicazione delle norme deontologiche e per la creazione di altre nuove e idonee a garantire non solo la tutela degli interessi protetti ma anche la professionalità dell'avvocato.

Va riconosciuto più che mai il ruolo determinante degli Ordini Professionali oltre a tutti gli organi preposti alla formazione professionale che potranno colmare le carenze legislative che incrementano e legittimano percorsi formativi alternativi e pratiche professionali scarse e inadeguate. Quindi è necessario che gli Ordini distrettuali non abbiano soltanto una funzione di controllo ma che si adoperino per creare una classe di avvocati qualificati e competenti che possano garantire e tutelare gli interessi dei cittadini che chiedono loro aiuto mettendoli in grado di assolvere appieno il loro mandato.

Occorrono al più presto norme di comportamento professionale che impongano all'avvocato una più attenta e rigorosa preparazione professionale ed etica.

Numerosi i reclami dell'omologo Centro spagnolo pervenuti alla Presidenza del Consiglio relativamente a cittadini italiani laureati in giurisprudenza in Italia che hanno omologato il proprio titolo di studio in Spagna, e numerose le richieste anche dai vari Consigli dell'Ordine sul territorio al Consiglio Nazionale Forense, relativamente all'abilitazione all'esercizio della professione forense degli avvocati "stabiliti" che avrebbero deciso di sospendere le domande di iscrizione degli stessi senza prima aver operato le necessarie verifiche all'effettivo svolgimento di attività professionale nel Paese estero e al grado di conoscenza della lingua straniera ivi praticata.

A seguito di tutti i problemi che ne sono scaturiti il Consiglio Nazionale Forense è in intervenuto a mezzo dell'istituita Commissione con la circolare del 5/5/2011sul riconoscimento del titolo di "abogado" acquisito in Spagna:

"In effetti, benché la Corte di Giustizia abbia dichiarato che le disposizioni sul riconoscimento delle qualifiche professionali non possano essere invocate al fine di accedere ad una professione regolamentata in uno Stato membro ospitante, da parte del titolare di una qualifica rilasciata da un'autorità di un altro Stato membro che non sanzioni alcuna formazione prevista dal sistema di istruzione di tale Stato e non si fondi né su di un esame né su di una esperienza professionale acquisita in detto Stato membro, tale principio è applicabile solo nei casi in cui l'omologazione del titolo acquisito in un altro Stato non attesti alcuna qualifica supplementare e quindi non sia fondata sulla verifica delle qualifiche o delle esperienze professionali acquisite in quello Stato (cfr. sentenza 29 gennaio 2009, causa C-311/06, Cavallera).

Nel verificare se i titoli conseguiti all'estero attestino una qualifica supplementare rispetto a quella acquisita in Italia, non possono essere imposte condizioni sproporzionate o comunque incompatibili con il diritto dell'Unione Europea, quale ad esempio esigere l'indicazione del motivo per il quale si intende esercitare la professione in Italia anziché nello Stato nel quale è stata ottenuta l'abilitazione.

Inoltre, i controlli non possono avere carattere sistematico, dovendo essere limitati ai soli casi nei quali vi siano indizi di un abuso del diritto dell'Unione europea, ovvero di un comportamento che miri ad ottenere un vantaggio derivante dalla normativa sovranazionale mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per la sua applicazione.

Alla luce di quanto esposto, si prega codesto Consiglio Nazionale Forense di voler fornire elementi utili a chiarire la questione, anche al fine di prevenire l'apertura di una procedura d'infrazione contro l'Italia [...]'.

1. La Commissione ritiene di sottolineare, in via preliminare ad ogni altra considerazione, che il proprio ruolo si esplica in una funzione esclusivamente di supporto ermeneutico, e non anche prescrittiva.

Nel sistema ordinistico in vigore in Italia, infatti, il Consiglio nazionale forense (così come ogni sua articolazione interna) non ha un potere di tipo gerarchico nei confronti degli ordini circondariali; questi ultimi sono costituiti in enti pubblici non economici a carattere associativo, e ciascuno di essi è dotato di una propria sfera di competenza e di piena autonomia, salve le prerogative di garanzia del Dicastero vigilante (Ministero della Giustizia).

Sempre in via preliminare, deve ricordarsi che il C.N.F. è anche dotato di funzioni giurisdizionali ed è chiamato ad esprimersi quale giudice speciale in posizione di piena terzietà rispetto a tutti i ricorsi ad esso demandati dalla legge.

Ciò a chiarire che le considerazioni che seguono non intendono essere, né possono costituire, atto di interferenza nell'esercizio delle funzioni amministrative assegnate dalla legge ai Consigli locali dell'ordine, né tanto meno anticipare le pronunzie che, rispetto a singole concrete domande di giustizia, il Consiglio nazionale stesso sarà tenuto a rendere in sede giurisdizionale.

2. La materia della tenuta degli albi forensi, ivi comprendendo i diversi procedimenti di iscrizione e cancellazione, è affidata come detto agli Ordini circondariali (art. 14 e segg., R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578).

Nel caso l'interessato abbia a dolersi di un contegno non conforme alla legge da parte dell'Ordine può proporre ricorso al Consiglio nazionale forense (art. 31, R.D.L. cit.), e le decisioni di quest'ultimo sono a loro volta impugnabili dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, per motivi di legittimità.

9. Si ritiene pertanto in conclusione che il Consiglio dell'ordine conservi il potere di negare l'iscrizione nella sezione avvocati stabiliti dell'albo custodito, allorquando rilevi – alla luce dei criteri forniti dalla giurisprudenza comunitaria – che si versi in un caso di abuso del diritto dell'Unione europea.

Contro tale decisione il richiedente può esperire i mezzi di gravame previsti dalla legge, che prevedono il reclamo dinanzi al Consiglio nazionale forense, e la eventuale impugnabilità delle sentenze di questo di fronte alle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione.

10. Il quesito proposto evidenzia inoltre le possibili criticità derivanti da un'opera di controllo sistematico e penetrante degli ordini forensi sulle richieste di stabilimento ed integrazione provenienti da Stati membri quali la Spagna, che finora non si sono dotati di alcun sistema di verifica delle competenze professionali per l'accesso alla qualifica di avvocato.

Si è segnalato, più in dettaglio, che risultano casi di richieste di informazioni agli interessati circa l'effettivo svolgimento di attività professionale nel Paese di provenienza e il possesso delle conoscenze linguistiche proprie del Paese medesimo.

Al riguardo, va evidenziato come singoli e specifici casi di richieste di stabilimento ed integrazione di professionisti abilitati in altro Stato membro dell'Unione europea possono essere oggetto di valutazione ed acquisizione di ulteriore documentazione in presenza di indici di anomalia che rendano ragionevole un approfondimento, peraltro non invasivo, dell'Ordine circa l'esatto curriculum del richiedente l'iscrizione.

È questa l'ipotesi di domande che provengano da cittadini italiani, laureatisi in Italia e che spesso hanno svolto il tirocinio nel nostro Paese; tali soggetti avanzano la richiesta di stabilimento sulla base di titoli stranieri di formazione anomala, ossia emessi in un arco di tempo assai breve (solitamente un anno o poco più), e dai quali non emerge alcun legame con il Paese di emissione dei titoli. In presenza di tali indici di anomalia appare ragionevole anche un approfondimento relativo alle competenze linguistiche.

È noto infatti come alcune organizzazioni commerciali italiane offrano agli stessi cittadini italiani laureati in giurisprudenza servizi di supporto al riconoscimento dei titoli, proponendo il disbrigo di tutte le pratiche inerenti sia l'omologazione della laurea in Spagna, sia l'iscrizione al locale "collegio degli avvocati".

Alcune di esse (cfr. ad esempio le esplicite indicazioni presenti al sito www.omologazionetitoli.it) giungono a promettere l'intero espletamento delle pratiche senza che il candidato abbia alcuna conoscenza della lingua del Paese dell'Unione europea di "transito".

È evidente, a questo punto, che l'ordine, in presenza di evidenti elementi indiziarî, dovrà accertarsi se la domanda provenga o meno da un soggetto che ha un qualsivoglia legame con il Paese nel quale afferma di aver esercitato al professione.

La sussistenza di prassi elusive di questo tipo andrebbe utilmente segnalata a questo Consiglio, anche al fine di consentire l'attivazione di meccanismi di consultazione bilaterali o in sede europea.

11. Diversamente pare doversi opinare con riferimento ad eventuali richieste di informazioni attinenti ai motivi personali in base ai quali i richiedenti avrebbero deciso di esercitare il diritto di stabilimento.

Tali motivi dovrebbero appartenere al cd. "foro interno" dell'interessato, e non paiono assumere rilievo giuridico nelle fattispecie de quibus, allo stesso modo nel quale non assumono alcuna rilevanza i motivi personali in base ai quali un avvocato iscritto in un albo tenuto da un certo Consiglio dell'ordine decida di trasferire la propria iscrizione in altro albo tenuto da un Consiglio dell'ordine situato in altro circondario di tribunale, purché l'avvocato abbia, nel circondario di destinazione, residenza o domicilio professionale.

12. Il quesito pervenuto pone inoltre l'ulteriore questione se l'ordine forense possa procedere ad una verifica sistematica degli albi, al fine di individuare soggetti che abbiano già ottenuto in passato l'iscrizione sulla base di un procedimento che costituisca nel suo complesso un abuso del diritto dell'Unione. In linea generale l'ordine forense ha l'espresso potere-dovere, conferito dalla legge (art. 16, comma terzo, R.D.L. 1578/1933), di procedere alla verifica periodica degli albi ogni anno, e ciò avviene nella prassi per verificare la sussistenza di tutti i presupposti di iscrizione, in modo non discriminatorio (si consideri ad esempio il dovere di verifica circa situazioni di incompatibilità, di pendenza di procedimenti penali etc.).

D'altra parte si è evidenziato, già nel ricordato parere di questa Commissione n. 17/2009, che l'iscrizione nell'albo protratta per lunghi periodi ingenera inevitabilmente l'affidamento di terzi e consolida un'aspettativa dell'interessato, con la conseguenza che la cancellazione disposta dall'ordine potrebbe riverberarsi su processi in corso e sugli interessi di clienti in piena buona fede".

Si è pertanto suggerito di procedere alla cancellazione di soggetti già iscritti solo quando le circostanze evidenzino un documentato interesse pubblico all'espunzione del soggetto dall'albo, dando così corpo a tutti i presupposti per un provvedimento amministrativo di revoca della precedente deliberazione.

Se si considera che molte delle iscrizioni in questione sono state operate dagli ordini prima dell'intervento della Corte di Giustizia con la sentenza Cavallera, e dunque in tutto il periodo 2001-2009, non appare di per sé illegittimo il contegno del Consiglio dell'ordine che, per evitare il perpetuarsi di situazioni di abuso del diritto dell'Unione europea, a tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio della professione forense (Corte cost. ....) proceda a verifica delle posizioni di coloro che hanno esercitato il diritto di stabilimento provenendo da Paesi privi di selettivi criteri di accesso alla professione, e comunque in circostanze di tempo o di fatto tali da ingenerare il ragionevole dubbio circa l'integrazione della descritta fattispecie abusiva, fino ad arrivare nei casi concreti anche all'ipotesi della revoca dell'iscrizione a suo tempo disposta.

Anche l'eventuale cancellazione disposta all'esito delle verifiche intraprese, oltre ad essere motivata da un comprovato interesse pubblico all'espunzione dall'albo del soggetto che non aveva titolo per esservi iscritto, è provvedimento ovviamente "giustiziabile" nelle forme e di fronte alle Autorità già indicate.

Deve peraltro aggiungersi che, in relazione alle esigenze di protezione dell'affidamento e di tutela della clientela e dei terzi, la produzione degli effetti dell'eventuale provvedimento di revoca dell'iscrizione a suo tempo disposta dovrebbe essere modulata in forme compatibili con le cennate esigenze, e andrebbe tendenzialmente esclusa la revoca con effetti ex tunc, di per sé idonea a travolgere tutti gli atti compiuti dal soggetto cancellato.

Tali verifiche vanno comunque effettuate tenendo conto delle posizioni individuali dei soggetti iscritti, senza fare ricorso a strumenti di verifica standardizzati (ad es. formulari e questionari inviati indistintamente a tutti gli iscritti).

13. In conclusione, questa Commissione ritiene conforme allo spirito delle norme europee che gli ordini circondariali svolgano un'attività di attenta vigilanza sulle richieste di iscrizione nell'elenco degli avvocati stabiliti al fine di prevenire, in forma non discriminatoria, casi di abuso del diritto dell'Unione Europea.

Ritiene irragionevoli forme e prassi concrete di verifica e di controllo a carattere sistematico che si rivelino sproporzionate rispetto alle finalità di tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio della professione.

Ritiene che non esorbiti dalle proprie competenze il Consiglio dell'ordine che effettui controlli anche sulle iscrizioni già disposte, perché il relativo potere-dovere di verifica rientra nel più generale potere di revisione degli albi regolato dalla legge.

Ritiene infine che gli eventuali provvedimenti che dovessero essere assunti all'esito delle citate verifiche dovrebbero comunque salvaguardare l'affidamento incolpevole dei terzi e della clientela, evitando il rischio di travolgere attività difensive compiute in costanza dell'iscrizione poi revocata.

14. Ad abundantiam va segnalato che la situazione attuale è verosimilmente destinata ad esaurirsi in tempi relativamente brevi, posto che la Spagna – anche sulla scorta di un forte incoraggiamento degli altri Stati membri – ha introdotto un tirocinio formativo obbligatorio ed un esame di Stato per l'accesso alla professione forense, che troveranno applicazione a far data dal 31 ottobre 2011 (ley de 30 de octubre, sobre el acceso a las profesiones de Abogado y Procurador de los Tribunales)."

Secondo un recente commento del Consiglio Nazionale Forense, la pratica degli "abogados" rappresenta in sostanza "una violazione della concorrenza a danno dei cittadini italiani che, per diventare avvocato, accedono a un percorso articolato e sostengono un esame di abilitazione". Lo stesso CNF ha infatti già inviato una nota all'Antitrust per segnalare "messaggi pubblicitari ingannevoli" diretti a promuovere servizi finalizzati al conseguimento in Spagna del titolo di "avvocato", già oggetto del provvedimento sanzionatorio adottato dalla medesima Autorità il 23 marzo 2011 sempre su segnalazione del Consiglio nazionale forense (v. anche sent. 26/1/2012 n.RD 50/12, R.G. 265/11). Nonostante i numerosi interventi per arginare il fenomeno e sebbene appaia al momento più contenuto è comunque per i nostri giovani un allettante e attraente percorso alternativo per ottenere più facilmente l'abilitazione all'esercizio di una tanto nobile professione.

Abbiamo perciò il dovere di trasmettere ai giovani Colleghi che la vera professionalità è nel rigore e nell'impegno e non in becere e quanto mai ingannevoli scorciatoie che minerebbero il buon diritto dei cittadini che chiedono il nostro aiuto.

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